Un trip psichedelico può essere l’esperienza religiosa più importante nella vita di una persona. Eppure l’uso di psichedelico per motivi spirituali è spesso trascurato – ma potrebbe diventare un buon motivo per la legalizzazione.
L’esperienza della legalizzazione della cannabis in giro per il mondo è spesso vista come un modello da seguire anche per le droghe psichedeliche. La cannabis sta venendo legalizzata in modo frammentario, di solito prima per uso medico e poi per uso anche ricreativo; le due strade per porre fine al proibizionismo sono le stesse anche per gli psichedelici: la medicalizzazione e la depenalizzazione. Ma ciò che questo dualismo nasconde è che c’è una terza via, almeno per quanto riguarda gli psichedelici: la religione. Infatti queste sostanze sono usate in una grande varietà di riti e tradizioni religiose.
E non stiamo parlando di strane nuove “chiese” che adorano l’erba o la psilocibina. Parliamo di religioni consolidate che incorporano l’uso di sostanze psichedeliche nelle loro pratiche. Un movimento piccolo ma in crescita che riguarda le grandi fedi abramitiche e che sostiene l’uso di queste sostanze per procurare esperienze sprituali facendo riferimento alle tradizioni bibliche come precedente.
Un esempio è Faith+Delics, un gruppo in crescita fondato da Adriana Kertzer, che in meno di sei mesi è arrivato ad avere diverse decine di membri attirando rabbini, studiosi e fedeli ebrei, cristiani e musulmani. Oppure c’è la Jewish Entheogenic Society su Facebook, che vanta quasi 1.000 membri. Presto si terrà il Jewish Psychedelic Summit, in cui decine di relatori parleranno di antichi rituali psichedelici e strutture religiose, sciamanesimo ebraico e pratiche contemporanee.
Negli ultimi anni io stessa o partecipato a circoli di preghiera e rituali con funghetti, ayahuasca, MDMA, cannabis e altre sostanze. Come racconta uno degli organizzatori di questi rituali, che è ebreo, “queste piante sono insegnanti e guaritrici, aiutano la nostra gente a guarire dai traumi che si portano addosso da migliaia di anni, e ci aiutano ad abbracciare la nostra vera natura”. Lavorare con piante medicinali come l’ayahuasca ha trasformato la vita di molti dei partecipanti in questi riti – migliorando le loro relazioni affettive, lavorative e il loro rapporto con Dio, la religione e se stessi. I rituali che usano queste piante “possono essere praticati in modo non pagano, integrandoli in qualsiasi religione”.
E non si tratta di approcci spirituali New Age applicati alle religioni tradizionali. Ci sono prove archeologiche che hanno scoperto residui di cannabis in alcuni siti sacri dell’antica Tel Arad in Israele, mentre gli studiosi indicano che in alcuni riti ebraici si usasse legno di acacia (contenente DMT) o un cocktail di altre sostanze, cannabis compresa, da cui si otteneva l’olio sacro per le unzioni.
Ma la domanda rimane: c’è un modo legale di usare le sostanze psichedeliche nella pratica quotidiana di una religione consolidata? E se non c’è, può diventare una ragione valida per spingere verso la depenalizzazione?
È una domanda che hanno cominciato a porsi negli Stati Uniti, dove il Primo emendamento protegge la pratica religiosa. “La libertà di religione è la prima libertà ed è la prima cosa menzionata nel Primo emendamento”, spiega a Rolling Stone Gary Smith della Peyote Way Church of God. Non è la politica a definire cos’è e cosa deve fare una religione. “Da questa prospettiva, nessuno ha bisogno del permesso del governo per usare una qualsiasi sostanza, visto che il governo non si occupa di religione. Detto ciò, la sostanza deve essere al centro della pratica religiosa. Dev’essere un vero e proprio sacramento”.
Prendiamo per esempio il già menzionato scavo archeologico di Tel Arad, dov’è stata trovata della cannabis nel sancta sanctorum di un tempio ebraico. “È abbastanza per sostenere che l’ebraismo moderno dovrebbe includere l’uso della cannabis? Forse”, afferma Smith. “Se si riuscisse a provare che c’è un precedente storico, si avrebbe un buon argomento. Ma in mancanza di quello, occorre che nasca una congregazione ebraica che sostiene in buona fede che la cannabis è una parte centrale dei loro riti. E a quel punto starebbe al governo federale provare che la loro pratica va regolamentata”.
Ma per far entrare una sostanza nelle pratiche di una religione già stabilita non ci vuole per forza un precedente storico. Più importante è dimostrare che i fedeli che usano la sostanza lo fanno in un “contesto religiosa autentico” (con tutto ciò che questa espressione indica).
Il Religious Freedom Restoration Act (RFRA) vieta al governo federale di “impedire a una persona la pratica religiosa, anche se tale pratica viola una regola di applicabilità generale”. In altri termini, anche se una sostanza come l’ayahuasca è illegale, gruppi che la usano per scopi religiosi autentici sono protetti dal RFRA. Ma la parte difficile è dimostrare l’autenticità degli scopi. Il problema è che, per chiunque persegua l’uso di sostanze illegali a fini religiosi, finché non arriva una sentenza del tribunale a dimostrare che gli scopi religiosi sono autentici ci sarà sempre un rischio di discriminazione o persecuzione legale.
A dire il vero, che una sostanza psichedelica possa essere legalmente usata in una cerimonia religiosa è essa stessa una questione non del tutto chiara – con l’eccezione dell’esenzione religiosa concessa alla Native American Church, che usa il peyote, e alla Uniao do Vegetal e al Santo Daime che usano l’ayahuasca.
“Se dovessi riflettere sulla possibilità per una religione di introdurre l’uso nel culto di sostanze psichedeliche penserei a queste due chiese, che sono religioni sincretiche, ovvero mischiano tra loro elementi di religioni diverse”, spiega a Rolling Stone Ismail Ali della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies – organizzazione che studia gli psichedelici e fornisce consulenza anche alle religioni che vogliono usarli.
In particolare, l’Uniao do Vegetal e il Santo Daime hanno elementi cristiani mescolati all’uso dell’ayahuasca; mentre la Native American Church è anch’essa in certa misura basata sul cristianesimo. “Prendono gli elementi di una religione staibilita e li applicano a una religione minore”, afferma Ali. “Penso che questa cosa renda più plausibile l’ottenimento di un’esenzione, perché si tratta di una comunità che usa sostanze psichedeliche ma che in qualche modo si richiama a una religione stabilita”.
Ma non è così semplice fondare una religione psichedelica a partire da una religione già esistente. I fedeli potrebbe aver bisogno di opinioni favorevoli da parte di leader religiosi o di dimostrare che l’uso delle sostanze si accompagna a un certo livello di pratiche cultuali stabilite.
“È come creare una setta diversa di una religione stabilita”, spiega Serena Wu, di Plant Medicine Law Group. “È una situazione difficile: deve esserci qualcosa di unico che si distanzia fondamentalmente dai riti classici ebraici, cristiani o musulmani”. Ma la domanda allora diventa: perché si dovrebbero incorporare delle sostanze psichedeliche nella pratica religiosa, se ci sono persone che praticano la stessa religione e che non sentono il bisogno di farlo? Per ottenere l’esenzione bisogna che l’uso della sostanza sia centrale nella pratica religiosa. “Un tribunale allora indagherà se sia una fede sincera e non un modo di aggirare la legge, e comincerà a fare domande ai fedeli per capirlo”.
Dato che ci sono sempre più prove della presenza delle sostanze psichedeliche nelle antiche pratiche religiose delle religioni abramitiche, in futuro potrebbe diventare più facile argomentare che queste sostanze sono necessarie per il culto. Se non altro l’esperienza dei fedeli di queste chiese è significativa: persone che altrimenti non praticherebbero riti religiosi si sono avvicinate alla spiritualità tramite l’ayahuasca, l’LSD, i fughetti e altre sostanze. Che proprio per questo potrebbero diventare in futuro l’unico modo per praticare le religioni, anche alla luce della loro crisi di devozione.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US