Se in Italia le Feste sono state scandite dagli intensi sviluppi sul pandoro-gate starring Chiara Ferragni, negli USA, dove il pandoro non si mangia, a tenere testa nelle ultime settimane è stata senza ombra di dubbio la storia di Gypsy Rose Blanchard, trentaduenne diventata nome da prima pagina nel 2015, in seguito all’omicidio della madre Dee Dee Blanchard. Delitto per cui è stata arrestata e per cui ha scontato qualche anno in prigione.
Ma perché una persona condannata per omicidio dovrebbe diventare una celebrity di questa portata? Perché quello che è successo in quel paesino del Missouri, Springfield, è completamente surreale.
L’omicidio di Dee Dee, orchestrato da Gypsy Rose insieme all’ex fidanzato Nicholas Godejohn (è stato lui, nella pratica, ad accoltellarla), ha portato i due a essere arrestati e processati, ma soprattutto ha portato alla luce una storia probabilmente ancora più oscura di un omicidio familiare. Dee Dee Blanchard era infatti una donna con gravi problemi psichiatrici che ha reso la vita della figlia un inferno, facendola crescere come se fosse gravemente malata. Vi avevamo detto che era un horror. Leucemia, asma, epilessia, disabilità intellettive e motorie: sono solo alcune delle patologie che per anni Gypsy Rose è stata convinta di avere.
Una vita confinata in casa, sulla sedia a rotelle anche se perfettamente capace di camminare, trattata come una malata terminale anche se in salute. Una situazione che l’ex detenuta descrive come «normale, perché sono cresciuta così». Visite, operazioni, medici specialisti. Tutto correlato da post sui social che raccontavano i progressi e le terapie, le difficoltà e i traguardi, con conseguente supporto da parte della comunità, servizi televisivi, donazioni e aiuti da parte di organizzazioni di beneficenza.
Secondo le ricostruzioni, però, la madre di Gypsy Rose soffriva di una forma molto grave di sindrome di Münchausen. Il nome corretto è “sindrome di Münchausen per procura”: una rara malattia psichiatrica per effetto della quale i soggetti colpiti provocano sintomi (o semplicemente li inventano) a carico delle persone dipendenti dalle loro cure; il tutto al solo scopo di attirare l’attenzione. Dee Dee Blanchard l’ha fatto per anni: ha ingannato il personale medico, gli amici e i familiari riguardo alla salute della figlia, facendole subire senza averne bisogno operazioni e trattamenti medici (compresa la rimozione di più denti). Una storia folle, e un’altra cosa che potremmo definire folle è quello che è successo nelle ultime settimane.
Il 28 dicembre Gypsy Rose, condannata a 10 anni per omicidio di secondo grado, è uscita dal carcere in libertà vigilata (a differenza di Godejohn, giudicato colpevole di omicidio di primo grado e condannato all’ergastolo). E da allora è diventata una vera celeb televisiva. Insieme al nuovo marito Ryan Anderson (i due hanno detto sì dietro le sbarre), è tra i personaggi più chiacchierati degli Stati Uniti. Vi leggiamo alcuni dei titoli apparsi sui giornali: “Gypsy Rose dice che le sue canzoni preferite di Taylor Swift sono Karma e Eyes Open“, “Gypsy Rose vola a New York col marito”, “Gypsy Rose vorrebbe che Millie Bobby Brown la interpretasse in un film sulla sua vita”, “Gypsy Rose racconta il sesso col marito: puro fuoco”.
Poi le interviste in televisione (consigliamo il suo intervento a The View, in cui la conduttrice si inceppa e dice in diretta che Gypsy «non ha avuto scelta», per poi correggere il tiro con un «uccidere è sbagliato») e i social: quasi 9 milioni di follower solo su TikTok, 8 su Instagram. Numeri ottenuti in poche settimane. La sua storia, oltre che nei notiziari, era già arrivata in Tv col documentario di Erin Lee Carr Mommy Dead and Dearest (2017), ma pure grazie alla serie The Act (2019) con, nei panni di Dee Dee, Patricia Arquette (che, su Gypsy, ha recentemente dichiarato: «Spero solo che abbia una vita felice e che le persone online siano gentili con lei»). Intanto Lifetime sta mandando in onda un’altra serie proprio in questi giorni, e sta per uscire un libro sull’intera vicenda.
Ma come si spiega tutto questo clamore? La storia ha tutto quello che serve per funzionare: è puro true crime, ma un true crime in cui la vittima diventa carnefice. Poi la storia evolve ancora, e arriva prepotente l’elemento romance: la nostra eroina si innamora e si sposa in carcere. Poi Gypsy Rose esce di galera e c’è un nuovo tassello, quello della rivalsa, della libertà conquistata, della nuova vita sotto i riflettori. Meglio di un film, no? Metteteci anche che, da quello che si vede, Gypsy Rose sembra anche la persona più gentile e affabile del pianeta. Voilà: la trentaduenne è la paladina di chi ha subìto abusi. Ma, a questo punto, pure di chi non li ha subiti.
Senza dimenticare che tutto il racconto, da quando lei era ancora una bambina malata-non-malata, è stato sapientemente spillolato sui social. Con la madre prima, col nuovo compagno ora. Anche la morte della madre passò da Facebook. Dopo averla uccisa, non è chiaro chi tra Gypsy e il fidanzato di allora abbia scritto uno status sul profilo della donna morta: “That Bitch is dead!“, letteralmente “Quella stronza è morta!”.
E poi i colpi di scena. Dee Dee che viene rappresentata come il mostro (in Mommie Dead and Dearest viene definita da un familiare come «un diavolo di cui buttare le ceneri nel water»), gli abusi, un pizzico di esoterismo (ora Gypsy Rose ha detto che la madre praticava magia nera). In attesa che realizzino il famoso biopic con Millie Bobby Brown, ora Gypsy Rose può godersi la sua vita in libertà. Tra un’intervista e l’altra sui magazine americani, magari mentre racconta le difficoltà e le sfide del matrimonio. Lei e Ryan Anderson come una Jessica Simpson e un Nick Lachey qualsiasi. Bene se sapete chi sono, male in tutti gli altri casi.