Simbolo imprescinbile della controcultura dell’ultimo mezzo secolo, i Freak Brothers rappresentano a tutti gli effetti uno dei più grandi successi dell’underground occidentale. Con oltre 45 milioni di copie vendute e traduzioni avvenute in 16 lingue, questi tre memorabili antieroi hanno saputo scandire il passaggio dei decenni con le loro storie di ordinaria follia, senza doversi adattare al tempo che passa e senza subire il fenomeno del “jumping the shark”. Dotato di un’inventiva eccentrica e destabilizzante, sviluppata attraverso una narrazione stralunata ma allo stesso tempo capace di raccontare il presente con eccezionale vena satirica, il fumetto di Gilbert Shelton travalica la semplice esaltazione del consumo di sostanze psicotrope. Rileggere oggi le storie dei Freak Brothers – pubblicate in quattro nuovi volumi da Comicon Edizioni, arricchiti da approfondimenti critici e revisione della traduzione – significa innanzitutto constatare la versatilità dei protagonisti. Passando dalle storie più lunghe – a cominciare da Idioti all’estero, che è a tutti gli effetti il primo graphic novel della storia del fumetto underground – per passare alle narrazioni a puntate, a quelle della durata di una tavola, alle strisce, alle singole illustrazioni, questi irsuti statunitensi hanno mostrato l’ipocrisia del controllo e la necessità di una fuga (per quanto disarticolata e impossibile) dalla realtà.
Il costante consumo di droghe è quindi l’espediente narrativo pressante delle storie, ma diviene da subito la miccia per far esplodere la potenza comica di Sheldon, l’elemento di conflitto con la società, l’imprescindibile sollecitazione escapista. Nel secondo volume edito da Comicon Edizioni c’è una storia breve in questo senso emblematica, dal titolo Ripuliti: i tre amici decidono di smettere di assumere droghe, perché dopo tutti quegli anni di abusi “sarebbe come sballarsi… ma gratis”. In poche tavole, il tratto disegnato lascia spazio a delle foto in bianco e nero, in cui i Freak Brothers diventano tridimensionali e si riadattano all’avvilente presente. Così, lo scambio di battute diviene soporifero, quasi dolente, il quotidiano perde di significato e la noia prende inesorabilmente (e velocemente) il sopravvento. Solo una sollecita scorpacciata di stupefacenti riporterà i nostri hippy a una genuina allegria e ad una imprescindibile bidimensionalità cartacea.
La loro è una fuga, dunque. Dall’ordinario, che riempie di stantio le tante dimore in cui si trovano ad abitare; dalle forze dell’ordine, perennemente comprimarie di una rocambolesca e irragionevole caccia all’uomo; dagli obblighi sociali, inadeguati a fornire una serenità di base che non può essere legata alla semplice disponibilità di denaro. E proprio il denaro entra ed esce dalle tasche dei freak con ineguagliabile semplicità, portandoli dalla povertà alla ricchezza, costringendoli a viaggiare per trovare un posto adeguato alla loro indole. Nella memorabile storia dal titolo paradigmatico di Grass Roots, i nostri pelosissimi arrivano in campagna desiderosi di cimentarsi con la coltivazione del proprio orto. La vita nella loro improvvisata comune non tarderà però a destare scandalo fra i benpensanti, portandoli a un’inevitabile escalation di geniale follia collettiva. Nel 1977 la versione in comic book riuscì a vendere circa mezzo milione di copie, una cifra enorme per quel tipo di mercato e un riconoscimento delle capacità di imprenditore editoriale di Sheldon.
Nelle tavole dei Freak Brothers c’è davvero tutto: una comicità irriverente e mai inutilmente volgare, una critica intelligente della democrazia sociale e dell’autoritarismo, il gap generazionale fra padri e figli, la fuga dalle responsabilità della famiglia tradizionale, il desiderio di ritrovare una dimensione più a misura “umana”. In poche parole questi fantasiosi hippy ci interrogano sul vero significato dell’autodeterminazione ed è questo probabilmente il segreto di un successo così irrefrenabile, tanto da aver trovato una nuova dimensione nella serialità televisiva. Dalla fine del 2021 il servizio di streaming statunitense Tubi (piattaforma di Fox) ha infatti lanciato la prima stagione dell’esilarante comedy che vede nel cast vocale Woody Harrelson, John Goodman, Tiffany Haddish e Pete Davidson. Ancora una volta la dimensione temporale si piega all’eccezionale verve dei Freak Brothers, proiettati nella San Francisco del nostro presente dopo aver fumato una strana erba. In poche settimane la serie è diventata la più vista della piattaforma, ricevendo un immediato rinnovo per una seconda stagione e confermando l’irresistibile fascino che questi sballati riescono ad avere anche dopo 50 anni dalla loro prima apparizione.