Eugenio Scalfari è morto questa mattina all’età di 98 anni. Tra i più noti editorialisti italiani, nel 1976 fondò il quotidiano La Repubblica, che debuttò nelle edicole il 14 gennaio di quell’anno e che diresse per vent’anni, fino al 1996, dopo che già da tempo aveva ceduto, insieme a Caracciolo, la proprietà del giornale a Carlo De Benedetti.
Nel 1955, assieme ad Arrigo Benedetti, contribuì alla fondazione del settimanale d’inchiesta L’Espresso. Dal 1968 al 1972 fu deputato per il Partito socialista italiano e, negli anni, è stato insignito di diverse onorificenze, come quella di cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana (1996) e di chevalier de la Légion d’honneur (1999).
Iniziò la sua carriera giornalistica nel 1950 quando, 26enne, avviò delle collaborazioni con Il Mondo di Mario Pannunzio e de L’Europeo, il primo giornale fondato dal summenzionato Benedetti.
Nel corso della sua carriera, Scalfari ha consolidato la sua fama di editorialista e profondo conoscitore delle sottotrame della politica italiana: ha seguito in prima persona i momenti di crisi più celebri della Prima Repubblica, da SIFAR e ENIMont, fino a Tangentopoli. «Alla fine è arrivata, la Regina ha toccato il suo corpo esile, fragilissimo. E lui non s’è fatto trovare impreparato. Pochi come Eugenio Scalfari sono stati capaci di accogliere la morte con altrettanta vitalità. Fino agli ultimi giorni, prima di scivolare in una sorta di torpore, è stato vigile sul suo paesaggio mentale che andava acquistando profondità e colori diversi. E fino alla fine è rimasto un giornalista, un cronista curioso che ci raccontava la sua traversata vegliarda verso un pianeta a noi sconosciuto», ha scritto Repubblica nell’omaggio firmato da Simonetta Fiori.