Forse non tutti sanno che esiste una versione di Fortnite per Android, che tuttavia non è disponibile attraverso il Google Play Store ma va scaricata dal sito di Epic Games e poi installata manualmente sui dispositivi compatibili.
Perché tutto questo sbattimento, direte voi? Perché da circa un anno va avanti una querelle tra lo sviluppatore del gioco e Google per via degli elevati costi di pubblicazione del suo store digitale. La compagnia chiede agli sviluppatori il 30% dei ricavi, seguendo un modello applicato, tra gli altri, anche da Apple e Steam, che proprio per questo motivo negli ultimi tempi sta subendo una sorta di boicottaggio da parte dei publisher. Epic Games, dal canto suo, sul suo negozio digitale chiede agli sviluppatori solo il 12% dei proventi derivati dalle vendite dei giochi.
Questa è la ragione per cui la versione Android di Fortnite non è presente su Play Store, ma l’alternativa al momento disponibile porta con sé alcuni problemi di sicurezza legati all’utilizzo dell’installer esterno. Insomma, non è esattamente la scelta migliore per chi non è particolarmente attento ai propri dati personali e, soprattutto, di pagamento, mentre il pubblico del fortunato battle royale è in gran parte costituito da giovanissimi. Per questo Epic continua a insistere per trovare un compromesso meno esoso, ma sembra che Google da quell’orecchio non voglia proprio sentire.
In una recente dichiarazione, il CEO della compagnia Tim Sweeney ha addirittura affermato che «una forma di pagamento obbligatoria fissata a una quota del 30% è illegale nel caso di una piattaforma di distribuzione che detiene il 50% del mercato». Ha inoltre aggiunto che Epic «non vuole ottenere un’eccezione speciale per se stessa, ma si aspetta di vedere un cambiamento generale a questa pratica comune dell’industria per quanto riguarda gli smartphone». Se questo è l’intento di Epic, però, viene da chiedersi perché non siano stati usati gli stessi toni in occasione della pubblicazione di Fortnite su App Store, che impone lo stesso balzello. La risposta in realtà è semplice: al contrario di quanto avviene su Android, Apple non offre nessuna alternativa per installare software sui dispositivi iOS senza passare dal suo store, ed Epic deve aver deciso che non valeva la pena di sacrificarsi per la causa rinunciando del tutto a un mercato così importante.
La risposta di Google, in ogni caso, non si è fatta attendere: «Android consente agli sviluppatori di utilizzare alternative o store differenti per distribuire le app. Il modello di business e le politiche di Google Play ci permettono di investire sulla nostra piattaforma e sulla […] sicurezza degli utenti. Siamo lieti di accogliere gli sviluppatori che riconoscono il valore di Google Play e ci aspettiamo che tutti partecipino alle stesse condizioni».
Vedremo quale sarà la prossima mossa di Epic: se proseguirà nella sua direzione autarchica o deciderà, come ha già fatto con iOS, che la rivoluzione dopotutto può aspettare.