Qualcuno si sarà accorto che corrono ben sette anni tra l’uscita di Borderlands 2 e Borderlands 3 (che arriverà quest’anno). Se escludiamo la breve parentesi del Pre-Sequel del 2014, si tratta di un lungo intervallo di tempo, un periodo di pausa dalla serie che Gearbox sentiva il bisogno di prendersi per continuare a sviluppare capitoli di qualità.
A rivelarlo è stato il direttore artistico del gioco, Scott Kester, che ai microfoni di Metro ha spiegato le ragioni dello studio: “Abbiamo fatto il primo e il secondo capitolo uno dietro l’altro. Io c’ero per entrambi i giochi ed eravamo stanchi. Pensavamo ‘Dovremmo farne un altro?’ e non volevamo, avevamo bisogno di staccare. Se non l’avessimo fatto, penso che non avremmo tirato fuori niente di buono”.
Ovviamente la pausa è stata resa possibile anche per merito della collaborazione del publisher 2K Games. “La meravigliosa 2K ci ha concesso la grazia quando abbiamo detto ‘Ehi, vogliamo provare questa cosa, Battleborn [un altro sparatutto sviluppato dall’azienda e pubblicato da 2K nel 2016, n.d.R.], abbiamo bisogno di aggiornarci e pensavamo a questo – continua Kester – e lo abbiamo fatto… Insomma, se non avessimo creato quel gioco Borderlands 3 non sarebbe all’altezza di quello che è ora. Ci ha permesso di guardare le cose in maniera indifferente”.
E mentre i suoi creatori esploravano mondi diversi, il fido Claptrap, il robottino mascotte della serie, non è stato certo con le mani in mano e si è messo a fare da guida ai turisti di Pandora, il pianeta su cui è ambientato il gioco. Di recente ha anche provato a realizzare un documentario pubblicato sulle pagine del sito di Gearbox. Ci sarà riuscito? Scopritelo qui sotto: