Rolling Stone Italia

I 10 migliori videogame per diventare un dio

Siete stanchi di vestire sempre i panni dei soliti eroi e cercate qualcosa di diverso? Qualcosa di più importante? Qualcosa di divino?

I videogiochi dimostrano come essere una divinità non sia poi un’impresa tanto semplice.

Nel mondo dei videogiochi siamo stati abituati a interpretare qualunque genere di ruolo. Dal più semplice e banale a quello all’apparenza più stravagante e assurdo. Sportivi, agenti speciali, studenti, soldati, uomini d’affari. L’elenco potrebbe proseguire per pagine e pagine, senza esaurirsi. Siamo stati anche delle divinità. Sì, proprio delle divinità. Dei di varia natura, che hanno affrontato sfide di ogni genere. In alcuni casi abbiamo utilizzato la mente, in altri è stata necessaria anche la forza, come dimostrano i titoli presenti nella nostra top 10.

10. ActRaiser

Actraiser è un titolo particolare. Non è il classico god game in cui la componente strategica domina la scena a scapito dell’azione pura, ma un mix delle due cose. Lanciato nel lontano 1990 su Super Famicom, propone una struttura di gioco si divide in due sezioni sostanzialmente diverse tra loro. La parte iniziale, che propone tutti gli elementi tipici dei platform game, è seguita da una fase gestionale In cui l’obiettivo è quello di utilizzare le capacità e i poteri divini a disposizione per far crescere e prosperare la popolazione di fedeli. Un mix insolito, che a trent’anni suonati dalla sua nascita funziona ancora in maniera discreta grazie a un apprezzabile equilibrio tra le sue componenti.

Le sequenze action di Actraiser riprendono tutti gli elementi tipici dei platform game anni di inizio anni ‘90.

9. Afterlife

Non tutte le divinità sono uguali. Alcune hanno un controllo totale sull’universo, altre invece si devono “accontentare” di meno. È questo il caso del protagonista di Afterlife, un dio che ha come compito quello di controllare l’inferno e il paradiso, soddisfacendo le richieste dei virtuosi e punendo a dovere i peccatori. Trovare il giusto equilibrio non è semplice, in un titolo gestionale in cui è richiesta un’attenta pianificazione per fare in modo che due realtà contrapposte funzionino senza intoppi. Anche perché non mancano i colpi di scena, con “disastri naturali” in versione paradisiaca e infernale pronti a scombinare anche i piani migliori. Per fortuna angeli e demoni sono sempre pronti ad accorrere in aiuto, insieme a una potente dose di umorismo che stempera anche i momenti più drammatici.

Paradiso e inferno. Buoni e cattivi. Gli opposti si incontrano in Afterlife.

8. Crest

Ogni religione ha le sue regole. Tutta una serie di comportamenti che i fedeli devono rispettare. Possiamo chiamarli comandamenti, oppure leggi, o anche precetti. Proprio su questo aspetto si concentra Crest, titolo che permette di vestire i panni di una divinità che può indirizzare i propri adepti verso un futuro felice e ricco solamente fornendo loro una serie di norme da rispettare, sotto forma di messaggi scritti in un linguaggio pittografico. Quella che all’apparenza appare essere un’operazione semplice, al limite del banale, si rivela invece essere più complessa del previsto. Perché può capitare di assistere a interpretazioni e fraintendimenti in grado di mutare in maniera sensibile il senso delle proprie parole, dando vita a risvolti che spaziano dal comico al tragico.

Riuscire a far comprendere ai fedeli le basi della propria religione non è sempre un’impresa semplice.

7. Reus

Reus abbandona il concetto di divinità singola per offrire al giocatore la possibilità di controllare quattro entità separate. Quattro giganti dotati ognuno di differenti poteri da utilizzare per gettare le basi per la nascita e per l’evoluzione di una civiltà. Come accade in numerosi titoli del genere non esiste una gestione diretta della popolazione, ma tramite tutta una serie di azioni si può modificare l’ambiente per fornire le condizioni migliori per proliferare. Il look colorato e stile cartoon non deve ingannare. Reus non è un titolo semplice e banale, ma propone una sfida impegnativa in una corsa contro il tempo in cui i parametri da tenere in considerazione sono davvero tanti. Forse anche troppi.

Ogni gigante è dotato di differenti abilità che contribuiscono a favorire la crescita della popolazione.

6. Spore

Spore è uno dei god game più ambiziosi, dato che pone il giocatore di fronte a una sfida differente rispetto alla concorrenza. Creare il tutto dal nulla. O, per essere più precisi, seguire un percorso evolutivo che parte da un organismo monocellulare e arriva fino alla scoperta dello spazio. Tutto questo avviene tramite cinque fasi di gioco, ognuna delle quali è caratterizzata da differenti dinamiche. Uno degli aspetti più interessanti del titolo ideato da Will Wright è la possibilità di personalizzare la propria specie, modificandone l’aspetto attraverso un ricchissimo editor. Non c’è limite alla fantasia per un viaggio che si dipanerà attraverso millenni per concludersi (si spera) esplorando un buco nero al centro della galassia.

Trasformare un organismo monocellulare in una civiltà è la sfida da affrontare in Spore.

5. Populous 2: Trials of The Olympian Gods

Oltre a essere uno dei più importanti game designer di tutti i tempi, Peter Molyneux può essere considerato il papà dei god game. Populous è stato il primo titolo a permettere di vestire i panni di una divinità, impegnata a far prosperare i propri fedeli con l’obiettivo finale di sconfiggere un popolo devoto a una divinità “concorrente”. Una struttura che parte da un concetto molto semplice, ma che si sviluppa proponendo tante piccole variabili che costringono ad adottare strategie e a pianificare con attenzione ogni mossa. Il sequel, lanciato a un paio di anni di distanza dall’originale, ne riprende tutti i concetti base ampliando il parco di opzioni e di azioni a disposizione. Un capolavoro assoluto, che nei primi anni ’90 ha riempito i pomeriggi (e le serate… e le nottate) dei possessori di Amiga, PC e Atari ST.

Populous è considerato il primo esponente del genere god game. Il sequel perfezione ulteriormente una formula eccellente.

4. The Sims 4

“Muovo io i fili! Muovo io i filI”. Così recitava Bela Lugosi in Glen or Glenda?, cult movie diretto da Ed Wood, per sottolineare il suo ruolo di ente superiore. È la stessa frase che molto probabilmente scorre nelle menti degli appassionati della saga di The Sims, che possono gestire a proprio piacimento l’esistenza di personaggi virtuali indirizzandone le sorti. Episodio dopo episodio la serie Maxis ha proposto pacchetti ricchi e vari che hanno consentito di creare migliaia di storie intrecciando tra loro grandi successi, fallimenti, amori e tragedie di ogni genere. Un approccio diverso al ruolo di divinità, che al contrario di quanto accade nella maggior parte dei titoli del genere god game si concentra sui singoli individui e non sull’intera umanità.

The Sims riduce il campo d’azione dei god game, passando da un’intera civiltà/razza a una singola persona.

3. From Dust

Considerato da molti come una sorta di erede spirituale di Populous, From Dust è un altro classico del genere god game. La creatura di Éric Chahi, già entrato nella storia dei videogiochi per Another World, è un titolo che parte da una premessa piuttosto semplice per svilupparsi in un’esperienza di gioco ricca e complessa. Nei panni di una divinità l’obiettivo è quello di favorire la rinascita della civiltà, aiutando una tribù a sopravvivere e proliferare in un mondo in cui è la natura a farla da padrone. Problemi? Non è possibile avere alcun tipo di controllo diretto sulla popolazione, ma si può agire solamente sull’ambiente circostante, aprendo varchi, liberando ostacoli e costruendo percorsi che permettano ai fedeli di raggiungere i totem intorno ai quali edificare nuovi villaggi. Destreggiarsi tra vulcani attivi, inondazioni e altre catastrofi non è facile, ma è dannatamente divertente.

La divinità protagonista di From Dust non ha nessun controllo sulla popolazione. Aiutarla partendo da queste premesse non è sempre facile.

2. Black & White 2

Divinità buona o divinità cattiva? Meglio mostrarsi magnanimi e puntare maggiormente sul far prosperare i propri fedeli oppure comportarsi in maniera dura e vendicativa, eliminando tutte le popolazioni che non aderiscono al proprio culto? Black & White 2, altra creazione del geniale Peter Molyneux, permette di utilizzare approcci diametralmente opposti o di mixare i propri comportamenti tra bene e male come un esperto barman fa con gli ingredienti dei suoi cocktail. La libertà d’azione è totale, con la possibilità di avvalersi della collaborazione di un emissario divino, sotto forma di una creatura (lupo, scimmia, leone o mucca) che muta nei comportamenti e nell’aspetto fisico nel corso della partita in base alle azioni compiute. Un titolo che si avvicina alla perfezione e che avrebbe anche meritato la vetta della nostra classifica… se non fosse stato per lui.

In Black & White 2 si possono percorrere strade opposte per cercare di ottenere il proprio obiettivo.

1. God of War

Il “lui” in questione è Kratos. Se è vero che tecnicamente parlando il fantasma di Sparta non è proprio un dio, ma un semi-dio, è altrettanto innegabile che le sue scorribande in un mondo popolato da divinità greche e norrene meritano di essere celebrate a dovere. Passata con agilità da una console Sony all’altra, da edizioni casalinghe a portatili, la serie di God of War è riuscita a mantenere nel corso degli anni un livello qualitativo medio altissimo, con una sequenza di avventure caratterizzate da una marcata componente action e da un ritmo spesso indiavolato. In un elenco di classici a spiccare è l’ultimo episodio, che propone un Kratos più maturo e una struttura più ricca e varia. Non rispetterà per nulla il classico concetto di god game, ma impersonare una divinità non è mai stato così divertente ed emozionante.

Il Kratos che abbiamo conosciuto nella sua ultima avventura è un personaggio ricco e complesso.

Iscriviti