Partiamo da un dato di fatto: dopo l’abbuffata iniziale e i tanti, facili, entusiasmi, le previsioni sul mercato della realtà virtuale si sono intiepidite. Solo aggregandolo insieme a quello della realtà aumentata, si torna a vedere un “outlook” positivo. E a voler essere cinici, l’unico dispositivo che possa definirsi di successo è stato PlayStation VR, vale a dire il caschetto di Sony compatibile con la sua console PlayStation 4. Lo scorso Marzo, ultimo dato disponibile, Sony ha dichiarato di averne venduti 4.2 milioni di unità. Considerando che la casa giapponese lo considera alla stregua di un accessorio per la sua console, è un numero da leccarsi i baffi. Il segreto del successo è facile da spiegare: PS VR è semplice da installare, leggero ed economico. Ha caratteristiche tecniche risibili rispetto alla concorrenza, ma quel che molti analisti non hanno compreso è che al pubblico delle caratteristiche tecniche interessa fino a un certo punto. Il caschetto di Sony offre una vera esperienza in realtà virtuale, senza far ammattire gli utenti con ottomila cavetti da collegare, PC da configurare, specifiche di memoria e processore da rispettare, e svuotandone il portafoglio senza esitazione? Sì, fine.
Il bello e il brutto di essere i primi
Oculus, la vera pioniera del settore, e ormai da un po’ facente parte del colosso Facebook, se l’è sempre giocata sulla sperimentazione ed è chiaro che, per penetrare in un mercato per cui la realtà virtuale era un ricordo (brutto e) sbiadito, occorreva puntare sullo stupore. Esce, di fatto, uscita per prima, Oculus doveva insomma impressionare gli utenti. E funziona come le auto e qualsiasi altro bene tecnologico: se esci per primo, devi far spalancare la bocca al pubblico, a costo di rischiare il flop. Quello ottenuto da Oculus Rift non è stato proprio un fiasco, ma è chiaro che è più facile vedere il suo caschetto in qualche museo, che in qualche casa. PS VR, uscita dopo, ha sfruttato l’effetto “ti porto Oculus in casa, ma ti faccio spendere meno e in cinque minuti inizi a usarmi”. Adesso, con Quest, che abbiamo avuto modo di provare in redazione, Oculus ricambia il favore a Sony.
Semplicità, prima di tutto
Oculus Quest prende il concetto di “VR semplice” e lo porta a un nuovo livello, perché si tratta di un caschetto stand-alone, cioè che non deve essere collegato a un PC per funzionare. Di fatto, il PC è dentro il caschetto (anche se più che di un PC è meglio parlare di uno smartphone, visto che il processore utilizzato è uno Snapdragon 835). Oculus aveva sondato il terreno di questa soluzione con Oculus Go, ma si trattava più che altro di un visore 3D, mentre Quest è un dispositivo in grado di offrire un’esperienza VR in tutto e per tutto, anche grazie ai 4 Gigabyte di RAM e i 64 Gigabyte di memoria fissa. Non si tratta di specifiche altisonanti, certo, ma offrono il giusto compromesso tra qualità grafica e… prezzo. 449 euro, infatti, è il costo del dispositivo, che non necessitando di altro per funzionare va a inserirsi in una fascia di mercato ben più ampia di Rift o del rivale HTC Vive. A proposito di dotazione, questa include anche i due controller Oculus Touch, ridisegnati per l’occasione e molto comodi, con cui provare la libreria software che al momento consta di una cinquantina di giochi.
Alla prova dei fatti
Ma com’è l’esperienza VR con Oculus Quest? Fluida, piuttosto definita e, in estrema sintesi, davvero immersiva. I due display, ciascuno di tipo OLED con risoluzione 1600 x 1400, garantiscono la nitidezza delle immagini e un’ottima luminosità, e i fotogrammi non sgranano nemmeno quando i movimenti dei personaggi si fanno veloci. Su tutto, ovviamente, vince la libertà di muoversi per la stanza (bè, senza esagerare), con in aggiunta il riconoscimento dei movimenti verso l’alto e verso il basso (accucciarsi e abbassarsi). Coi porno sarà meraviglioso.
Vale la pena acquistarlo?
Oculus Quest non è l’apice della realtà virtuale odierna, perché deve scendere a patti con l’essere indipendente da un computer, ma è di sicuro il punto di partenza su cui costruire una nuova generazione di dispositivi che ne erediteranno le caratteristiche principali, potenziando le caratteristiche che, a oggi, sono più modeste. Le specifiche tecniche, innanzitutto, per poter puntare a una grafica 3D migliore, ma anche il comparto sonoro (scadente) e la leggerezza, visto che 570 grammi sono un peso notevole (ed è un po’ il problema anche di PlayStation VR). Detto questo, se non avete in casa una PS4 dove collegare il caschetto di Sony, in tutti ma proprio tutti gli altri casi Oculus Quest è pronto a regalarvi un’ottima esperienza VR, a patto che nel prossimo futuro il produttore ampli la libreria software. Bel lavoro, Oculus.