A tu per tu con il tormentone di Takagi & Ketra in un lussuoso resort sardo | Rolling Stone Italia
Gonzo

36 ore intrappolati nel lussuoso resort sardo con il nuovo tormentone di Takagi & Ketra

Siamo stati al release party di 'Jambo', che abbiamo ascoltato in cuffia, quattro volte durante il dj set, con backstage video e non, durante il volo di ritorno. Perché tormentone deriva da tormentare, e va bene così

36 ore intrappolati nel lussuoso resort sardo con il nuovo tormentone di Takagi & Ketra

Takagi & Ketra con Giusy Ferreri

Foto stampa

Scrivere un tormentone non è facile. Credo, non che io ci abbia mia provato. Mi pare sia una di quelle cose che puoi pur tentare di organizzare a tavolino, ma non è detto che riesca sempre. Come quando si sente la frase ‘facciamo un video virale’. Eh, fosse così semplice. La vita dell’hitmker non è facile, ma nessuno gliel’ha nemmeno chiesto all’hitmaker di dover essere per forza un hitmaker. La miniera è comunque altra cosa.

Se in questo momento storico della musica italiana ti chiami Takagi & Ketra, di tormentoni ne sai qualcosa. Amore e Capoeira, L’esercito del selfie, Oroscopo. Per dire. A questo elenco probabilmente possiamo aggiungere anche la loro ultima uscita, Jambo. Jambo è l’abc del tormentone estivo: beat ritmato veloce a 130bpm, riferimenti esotici verso l’Africa, la voce di Giusy Ferreri che entra a gamba tesa e che, da un paio di anni, fa subito mare, estate, villaggio vacanze. E le radio esplodo felici. Non roba da orecchie fini, come è di prassi nei tormentoni, ma qualcosa di nazionalpopolare.

Jambo è tra i papabili tormentoni di quest’estate e questa è la notizia per i lettori più pigri di questo articolo. Per i curiosi, invece, il bello comincia adesso: il racconto della festa di lancio del brano.

Per Jambo, Sony ha voluto fare le cose in grande. Così tanto in grande che mi ritrovo a bere spumantini in un gate di Malpensa con una cinquantina di giornalisti e influencer pronti a partire per la Sardegna. La destinazione è un resort a nostra completa disposizione a Villasimius, che mi preannunciano essere luogo tendenzialmente costosetto e con un gran bel mare. Roba da un certo tipo di vacanza in Sardegna. E senza dubbio il luogo più adatto per presentare un brano studiato per i contesti più leggeri delle vacanze all’italiana.

Arriviamo al resort con due pullman zeppi di giornalisti e influencers affamati e assetati. Più qualche scheggia impazzita, come il mio personaggio preferito della comitiva, il vincitore di un non-so-quale fan contest, un ragazzo brindisino in cui una certa estetica metal si mischia a lunghi e innocenti boccoli arancioni. Si presenta con una canotta dei Gemelli Diversi, sostituita in serata da completo e cravattino. Lui sa vincere sempre.

Durante la nostra breve permanenza veniamo sottoposti ad un bombardamento acustico di Jambo che Guantanamo spostati. Ci viene fatto sentire in cuffia. Durante il lancio. Altre quattro volte durante il dj set. Con backstage video e non. E ancora in aereo durante il volo di ritorno. Tormentone deriva da tormento e tormentare, quindi giusto così, fedeli alla linea molto più dell’ultimo Giovanni Lindo Ferretti. Alzo il gomito all’aperitivo per liberarmi da ogni freno e lanciarmi nella fauna del resort. Una collega di La7 prova a descrivermela: vedi, ci sono tre tipologie di persone qui. Il giornalista musicale, come te, è vestito stiloso, a volte sembra quasi un artista. Il giornalista classico, invece, è noioso, un po’ sfigatello. L’influencer, beh, è l’influencer, si veste come gli pare e sembrerà sempre il più figo.

Con le giuste coordinate per orientarmi, la mia attenzione cade sulla figura più solitaria dell’intero aperitivo. Mi avvicino ad una youtuber di sedici anni che si dice abbia più di 300 mila iscritti su YouTube. Indifesa, afferra velocemente ciliegie per mangiarle di nascosto. Il suo manager parla con un’influencer con più follower. Lei mi dice che a scuola è popolare, ma salta spesso lezioni per lavoro. Ha pochi amici, spesso altri giovani influencers che conosce online. Mi fa una tenerezza incredibile: vederla passare una giornata intera da sola col suo manager è tremendo. Giusy Ferreri ha le treccine afro, Takagi & Ketra non si privano del loro stile rappuso, come si sarebbe detto ai tempi in cui Takagi si chiamava THG ed era dj e produttore dei Gemelli Diversi (capito quanto è avanti il fan ricciolino ora?). Per cena mi siedo al tavolo degli influencer, gente che per un post su Instagram guadagna quanto me in un’annata molto fortunata. Sono tra Pinna de Le perle di Pinna (500k followers) e Stefano Guerrera, la persona dietro il successo della pagina Se i quadri potessero parlare (oltre 1 milione e 200 mila like su Facebook) da cui ha estratto cinque libri per Rizzoli. Parto prevenuto e mi sbaglio completamente; come al solito sono io lo stronzo che pensa sempre male. Loro sono incredibilmente simpatici e dopo qualche bicchiere lo sono pure io. Con questo pareggio in zona cesarini, ci spostiamo in pista dove nel mezzo di un dj set molto latino radiofonico, viene lanciato Jambo, i due minuti e mezzo che ci hanno riunito in questo non luogo posizionato in una geografia incredibile, tra mare cristallo e colline rocciose. Al quarto vodka tonic sono in pista che twerko su Amore e Capoeira e sì, ho perso. Ho perso contro la grande chiesa dei tormentoni. Come un Tom Cruise davanti a Scientology. Alzo le mani in cielo verso la mia nuova fede e, pagano tra i fedeli, mi pento. Sempre sia lodato il tormentone! Nell’Africa italiana dei resort, alla santissima madonna del tormento, io mi pento e mi concedo! Datemi un amen! Amen! Alleluia!

La mattina seguente mi sveglio con un chiodo alle tempie. Mi muovo tra repliche di giornalisti e influencer che inanimati vagheggiano tra spiaggia, piscina, buffet. Sono l’unico che azzarda una nuotata in piscina. A pranzo tutti i giornalisti si lamentano del pranzo ma non lo metteranno mai per iscritto. Il viaggio di ritorno è un silenzioso serpente che risale la Sardegna e atterra a Milano. Sull’aereo le ultime due scariche di Jambo. Ancora un transfer in autobus. Poi il giallo opaco e materno della metropolitana. Cammino verso casa. Mi sento finalmente libero, il tormentone è oramai alle spalle e questa sera potrò finalmente ritrovare le mie orecchie ascoltandomi complicatissimi intellettualismi musicali contemporanei. Anche stavolta sono salvo. La notte di ieri è una nebulosa inafferrabile. Non ho stories sul telefono. Nessuna prova, nessun reato sulla mia nuova fede. Entro in casa. È vuota. Mi lavo il volto. Cago. E poi il terrore. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Sto canticchiando il tormentone. Sto cantando un verso della Ferreri. Ho capito: siamo tutti fottuti.