Quando il sole sta per tramontare e i grandi lucernai in metallo riflettente si fanno rosa per qualche istante, prima che l’illuminazione artificiale scongiuri per una notte ancora il rischio che faccia buio, la Galleria Porta di Roma è così bella che non sembra vera. Infatti, come ogni centro commerciale fatto bene, è una simulazione di vita interamente regolata dai flussi di cassa. A differenza della vita, fa sempre fattura e, a differenza di Roma, funziona.
Porta di Roma non è infatti solo un’alternativa a Roma, costruita appena appena entro il Raccordo: è Roma se fossimo potuti ripartire da zero e annullare quasi tre millenni di errori umani e animali, di abusi e condoni edilizi. In pratica, come se Romolo e Remo, nel momento cruciale, invece di menarsi tra di loro, in centro, si fossero messi a limonare duro con due tipe di Settebagni.
Nella migliore tradizione dei centri commerciali americani (a partire dal mitico Southdale Center, progettato per Edina, Minnesota da Victor Gruen, il padre austro-americano di tutti i mall), la galleria Porta di Roma, inaugurata nel luglio 2007 come uno dei più grandi centri commerciali d’Europa, doveva essere una galleria di negozi con una nuova zona urbanistica intorno. Siccome ci si è tolti prima il pensiero di aprire la galleria e, solo dopo, qualcuno si è posto il problema di costruire la zona (come se questa dovesse servire di clienti il centro commerciale e non, viceversa, il centro fornire beni e servizi all’altra), in breve è stata la galleria a diventare il quartiere stesso. E ha fatto benissimo.
Del resto, chi ha davvero bisogno di un centro residenziale a forma di pallina da tennis, con viale Carmelo Bene come cucitura, se può avere 250.000 metri quadri di negozi al coperto? In altre parole, perché lasciare tutto al caso — alle intemperie, all’alternarsi delle stagioni, ai capricci della demografia, alle volubilità della pubblica amministrazione — quando il destino delle persone può essere regolato da domanda e offerta?
La soluzione più geniale che l’uomo potesse trovare al disordine gratis è l’ordine a pagamento. Porta di Roma non è un centro commerciale: è una città-stato. Invece delle mura aureliane ha i suoi pannelli di cemento color ocra assoluto, invece dei torrioni un coronamento in zinco grigio. Un modello che funziona talmente bene che Roma ha cominciato a rendersene conto e, come per tanti altri modelli positivi, a non fare assolutamente nulla per imitarlo. Qui il centro commerciale non è, come in quasi tutte le altre città italiane che ne ospitano uno, una sporca, pallida e provinciale imitazione della vita cittadina; o, come avviene per altri centri commerciali di Roma stessa, un parco a tema più o meno esotico (come la galleria Euroma 2 ha il tema dell’antico Egitto o il centro Roma Est ha Roma Est), ma è Roma che appare ormai, ogni giorno che passa, più sporca, pallida e provinciale al cospetto di Porta di Roma.
Ecco 8 motivi per cui Porta di Roma è meglio di Roma.
1. Ha un’identità precisa.
Roma, al confronto, non è più una città, quanto quel tratto di città che devi attraversare prima di trovare parcheggio a Porta di Roma. A Roma hai sempre bisogno di un altro quartiere per sentirti un cittadino completo. A Porta di Roma ti basta uscire dall’IKEA ed entrare da Leroy Merlin. A Porta di Roma hai l’autosufficienza alimentare ed emotiva di un barone rampante che, invece che scommettere con se stesso di non scendere più dagli alberi, avesse deciso di non lasciare più il GRA.
2. Non vi attecchisce la criminalità.
E non solo perché è sempre troppo impegnata a provare nuovi giochi della PlayStation da Mediaworld. Prova a fare una violazione del codice della strada da ritiro della patente immediato, nel centro di Roma: niente. Prova a tirare fuori una macchina fotografica dentro Porta di Roma: un guerrigliero travestito da security ti si accosterà e, con la gentilezza e la fermezza un promoter di Fastweb, ti sussurrerà — come se più che un angelo custode della privacy degli altri, fosse la voce della tua coscienza, dopo aver rivisto Full Metal Jacket — “Negativo, è vietato scattare foto, signore”.
3. Ha una chiesa incredibile, che va per direttissima nel Subreddit dedicato agli evil buildings.
Perfettamente incorniciata dai tre pilastri della spiritualità di Porta di Roma: Ikea, Leroy Merlin e UCI Cinemas, sembra costruita da qualcuno che abbia deciso di stabilire il suo dominio sulla Terra, una Bufalotta alla volta. Quando sarà inaugurato, sarà il secondo più grande tempio al mondo intestato ai Mormoni. Come se nella corsa a rendersi indipendente dal resto della città, Porta di Roma si fosse fatta sfuggire la cosa di mano e, dovendo dotarsi primo o poi anche di una chiesa sensazionale, avesse scelto, per vedere di nascosto l’effetto che faceva, la San Pietro dei Santi degli ultimi giorni. Su una delle due altissime guglie, la Madunina incontra Gotham City. La Madunina però è l’angelo Moroni, tromba alla mano: apparso a Joseph Smith negli anni ‘20 dell’Ottocento, è alto 4 metri, pesa due quintali e il suo posizionamento sarebbe stato perfetto per una puntata di Black Mirror diretta da Mario Monicelli.
4. Ha proprio una una grafica migliore.
Prendete l’Arco di Trionfo del Commercio che simboleggia la Porta di Roma, all’ingresso pedonale. Una celebrazione delle unità di tempo e di spazio (rappresentate con voluta ambiguità dalla struttura che simboleggia un eterno ponteggio), contro il difforme divagare degli altri quartieri della città, raffigurati dalle nuvolette-schiacciatine che circondano l’apertura. I soli bagni degli uomini sono così belli e moderni che non mancano i casi di effrazione da sindrome di Stendhal tra utenti e asciugamani Dyson, altro che Paolina Borghese di Canova.
5. Ci sono veramente tante cose da farci, a livello di vita reale.
Il mondo è bello, ma non ci vivrei. Da Roma, per quanto sia affascinante, tendi a volertene andare, se non altro per il traffico diretto a Porta di Roma. Da Porta di Roma invece no, ci resti. A che serve un Auditorium, con tutto quello che ci può essere costato in architetti e indicazioni stradali, quando tutto quello che devi fare per promuovere una serata con Michele Bravi (estate 2018, non stiamo parlando di anni pre-Fortnite) è semplicemente accendere gli amplificatori e vedere il pubblico fare a botte per un posto gratuito, come se non ci fosse un Netflix? L’Arco di Trionfo del Commercio diventa, in estate, la scenografia del palco su cui si esibiscono gruppi cubani e da Sal Da Vinci, Biagio Izzo e Giuliano Palma, Sergio Caputo e la Notte della Taranta. Tutto l’arco costituzionale dello spettacolo italiano e oltre, praticamente un’Estate Romana senza le cose che non piacciono alla gente, con il pubblico che si diverte davvero e non viene solo perché gli hanno dato un biglietto gratuito e a suo cugino no.
6. Politicamente e gestionalmente, sembra ormai avere il pilota automatico.
A uno verrebbe da dire: dottor Porta di Roma, vuoi tu prendere Roma Capitale come suo legittimo sindaco e amministrarla finché recessione non vi separi? La questione non è così semplice. Ha senso investire tempo e denaro in una città di cui non puoi regolare la luce e la temperatura a tuo piacimento? È come un pianeta che i romani hanno deciso di colonizzare, quando hanno capito che con quello che gli era stato fornito di serie non c’era più molto da fare. Quanto sei bella Porta di Roma quando diluvia. Invece di riprendere la Smart dal parcheggio, per tornare a casa rischiando di annegare, quello che ci vuole è una rivincita alla pista delle macchinine elettriche. Per inciso: è un particolare schiaffo morale, inferto alla città dei sampietrini, il fatto che tutta la pavimentazione esterna di Porta di Roma sia un selciato perfettamente allineato in archetti concentrici, perfettamente drenati, ricordandoci come potrebbe essere Roma se fosse manutenuta o inabitata. Insomma, Porta di Roma è il posto ideale in cui aspettare la fine del mondo o almeno che smetta di grandinare. Un tempo i centri commerciali erano astrazione dalla vita reale, oggi pure: solo che un tempo astraevano dalle cose belle, oggi dal degrado e dal meteo.
7. Ha una scala sociale mobile come l’ultimo modello ThyssenKrupp.
La bontà del tessuto sociale che tutti i lavoratori di Porta di Roma formano insieme si vede nell’intimità e nel fair play tra commessi di marchi completamente diversi. Puoi cominciare come commesso da 7 Camicie Roma (piano terra) e ritrovarti commesso di Camicissima Milano (primo piano) nel giro di pochi anni. Una gerarchia c’è, ma quasi non si vede. Certo, alcune cose non cambieranno mai, come la precedenza a tavola tra i promoter degli stand (Iqos, Lavazza, Sky, Fastweb, Linkem). Ci sono ovviamente dei limiti a tutta questa mobilità. Non invitate mai a prendere un caffé insieme da Kukkuma (food court, primo piano) una responsabile del Sushi Gourmet dell’Auchan interno e una semplice commessa del sushi bar di sopra (quello con le poltrone da cattivo dell’Ispettore Gadget). Fate sempre le opportune distinzioni tra i commessi dello spazio Apple dentro Mediaworld e quelli dell’Apple store vero, i genius, cosa che non fa automaticamente dei primi degli idioti, ma è difficile spiegarlo mentre piangono e gli si disfano i colori sul Retina display, che ti mostrano, chiedendo: “Che app hanno loro che io non ho?”.
8. Fa bene alla salute.
Se a Roma arrivi alla fine di una strada, le cose sono due: o ti fermi a guardare l’immondizia, oppure devi prendere e tornare indietro, rivedendo le stesse vetrine e, potenzialmente, anche le stesse facce. A Porta di Roma, tra piani e corridoi sei sempre in loop, come in un Nürburgring commerciale. Per questo, per giocare alla simulazione di Formula 1, devi sempre fare tanta fila: è l’unico posto in cui riesci a stare seduto. Neanche all’ufficio postale embeddato puoi rilassarti, perché non c’è mai fila e tocca sempre a te.