Nelle ultime settimane, tutte le volte in cui ho raccontato agli amici che sarei andato alla presentazione del disco di Papa Francesco mi sono sentito rispondere sempre la stessa cosa: “Chissà che buffet!” Perché le presentazioni dei dischi sono tutte uguali. Sempre. E poco importa se l’artista in questione – un Papa emergente, di cui si dice un gran bene, e che sembra essere circondato da un hype senza precedenti – non è proprio un artista come tutti gli altri. Le conferenze stampa sono sempre noiose, ma alla fine almeno ci si può abbuffare senza ritegno.
Lo dico subito, più che altro per tranquillizzare gli amici: alla presentazione del disco del Papa il buffet non c’era – avrebbe contrastato non poco con la linea di austerità dettata da Bergoglio – e mancava anche l’artista. Lui. Papa Francesco. Anche se questo lo sapevamo già. Quel che è certo è che non capita tutti i giorni di avere Piazza San Pietro, il magnifico colonnato e l’altrettanto magnifico Cupolone come sfondo di un evento del genere. D’altronde mandare il Papa in Feltrinelli, o a Discoteca Laziale, sarebbe stato un tantino difficile.
“Wake Up!” è stato annunciato lo scorso settembre con l’anteprima del primo singolo estratto, Wake Up! Go! Go! Forward! (titolo da fare invidia ai Godspeed You! Black Emperor, forse uno scambio di favori dopo che avevano intitolato uno degli ultimi loro album Hallelujah! Don’t Bend, Ascend!), diventato rapidamente virale; e non sarebbe potuto essere altrimenti.
Wake Up! Go! Go! Forward! è un bizzarro brano prog, anche eccessivamente prodotto, in cui il celebre discorso tenuto dal Papa alla VI Giornata della Gioventù asiatica viene sottolineato da un arrangiamento magniloquente e per certi versi anche inusuale. Tutti i brani dell’album sono composti nello stesso modo: il discorso è accompagnato da musica scritta per l’occasione su cui si innesta la rielaborazione di un inno sacro, come in un disco di mash-up. Tipo i 2ManyDjs, ma per le parrocchie.
Il principale artefice di tutta l’operazione è Don Giulio Neroni, il Dr. Dre del Vaticano.
Nato in provincia di Roma nel 1935, si è occupato di tutta la produzione discografica dei Papi fino a questo momento, e proprio come Dre ha realizzato – anche per cause di forza maggiore – solo tre album in un percorso lungo quindici anni. Tre dischi che sono in realtà tre grandi eventi di portata globale. Tocca solo capire, tra Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, quale dei tre possa essere considerato l’equivalente di Tupac, Snoop Dogg o Eminem. E visto che siamo tutti a conoscenza di come reagisce Francesco quando gli tocchi la mamma, sappiamo già che Eminem non è lui.
Don Giulio è a suo modo un vero e proprio visionario: nel corso della sua carriera è riuscito a convincere Carol Wojtyla e Joseph Ratzinger a cantare e vent’anni fa provò a modernizzare l’intoccabile canto gregoriano mediante l’inserimento di una ritmica di stampo moderno. Per “Wake Up!” ha lavorato a strettissimo contatto con Tony Pagliuca, il fondatore de Le Orme.
Il principale artefice di tutta l’operazione è Don Giulio Neroni, il Dr. Dre del Vaticano.
Durante la conferenza evidenzia più volte come lo scopo primario di questa pubblicazione – e di tutta l’opera delle edizioni San Paolo, ovviamente – sia evangelizzare mediante l’uso di strumenti popolari della comunicazione sociale. Fa sorridere, però, che si parli senza mezzi termini di avvicinare i giovani al messaggio della Chiesa con un album che di giovanile non ha nulla e che già venti o trent’anni fa sarebbe suonato vecchio. Superato. Certo, sarebbe stato surreale sentire i discorsi di Papa Francesco fare capolino su una base EDM tutta drop e cassa dritta, ma se l’obiettivo principale era davvero sfruttare la forza comunicativa del rock, il risultato alla fine lascia un pochino a desiderare e fa sorgere più di qualche interrogativo.
Associare il termine rock alla figura del Pontefice forse poteva avere senso ai tempi di Giovanni Paolo II, cioè quando la Chiesa provò anche a organizzare concerti (celebre quello con Dylan), mentre adesso appare come l’ennesima dimostrazione di immobilismo da parte di un’istituzione che cerca continuamente di spacciarsi come rinnovata ma che resta sempre identica a se stessa da generazioni. La vera domanda che dovremmo farci riguarda il tipo di pubblico a cui questo album è davvero indirizzato. Pensare che lo compreranno e che lo ascolteranno i ragazzi e le ragazze è in realtà solo utopia. Vista anche la sua natura quasi di audiolibro, “Wake Up!” ha forse più a che fare con l’analfabetismo di ritorno: è un modo per portare i discorsi del Papa anche nelle case di chi non sa e non può leggere. Non è un caso, infatti, che durante la conferenza stampa sia stato più volte paragonato a una versione musicata di un’enciclica.
L’album esce oggi in Italia, mentre fra pochissimo sarà stampato e pubblicato in tutto il mondo: la prospettiva di vendita del supporto fisico è di circa cinquantamila copie (segno che ormai i dischi non li compra proprio più nessuno). Don Giulio Neroni lascia anche intendere che è in cantiere l’organizzazione di un grande evento prossimo venturo.
I giornalisti in sala vogliono ovviamente sapere quali siano stati i costi di produzione (circa cinquantamila euro), al punto che quando viene ringraziata la Radio Vaticana per avere ceduto a prezzo di favore le registrazioni dei discorsi più di qualcuno reagisce quasi indignato, al punto che devono correre a spiegare – ed è incredibile che ce ne sia stato bisogno – che non è la voce del Papa ad avere un prezzo. Quella è impagabile. E in ogni modo è costata meno di quella di un cantante pop di quart’ordine (lo dice testualmente). Don Giulio racconta anche di avere avuto un approccio completamente diverso per ognuno dei dischi dei tre Papi: Giovanni Paolo II, che nel suo album pubblicato per la Santa Pasqua del 2000 aveva cantato il Padre Nostro, aveva una voce più classica e che andava enfatizzata. Ratzinger è stato quello più coinvolto di tutti dal punto di vista musicale, e nella composizione di Alma Mater sono stati inseriti alcuni elementi caratterizzanti della musica classica di stampo tedesco. E così, mentre penso che abbiamo purtroppo sfiorato e perso la possibilità di un Papa kraut rock, si torna a parlare di rock e rivoluzione associati alla figura di Bergoglio, con risultati sempre paradossali.
Chiosa Don Giulio Neroni: “Io mi interesso solo di essere fedele a Gesù Cristo e amare il Papa. Del resto non me ne frega nulla!”
Wake Up! suona come un album de Le Orme degli anni ’80: prog ma laccato, con qualche elemento etnico (c’è anche un coro cinese! Registrato in Cina! Wow!) che non disturba ma che aggiunge davvero poco. Alla sua realizzazione hanno collaborato anche Beppe Dati, già al lavoro con Laura Pausini, Raf e mille altri, il direttore d’orchestra Dino Doni, il fondatore dei Gen Rosso Mite Balduzzi, e Lorenzo Piscopo, chitarrista, tra gli altri, anche degli Articolo 31 (vai zio!)
Quando chiedono a Tony Pagliuca di spiegare le modalità con cui il disco è stato concepito, questo risponde solo di volere ringraziare: “Il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo”. Una signora seduta vicino a me risponde con un vigorosissimo “Amen!”
Il migliore di tutti resta come sempre Don Giulio/Dre, ottant’anni appena compiuti (forse non proprio l’età giusta per intercettare e capire il gusto dei giovanissimi) e portati magnificamente. Risponde a ogni domanda con l’atteggiamento ruspante e vigoroso del parroco di campagna. A un certo punto gli viene chiesto se sia possibile ritenere Papa Francesco un Papa rock e lui risponde senza esitazione: “Non lo so se è rock, è il Papa.”
Altri, invece, vogliono sapere il giudizio di Papa Francesco sul disco appena pubblicato, e mentre i relatori cercano di fornire alla stampa una risposta diplomatica, lui interviene a gamba tesa: “Non lo so, io gliel’ho portato. Poi bisogna vedere se se lo ascolta!”
Wake Up! sarà in un secondo momento acquistabile anche in edicola – ora esce al prezzo speciale di quindici euro e novanta centesimi – e parte degli incassi saranno devoluti a un fondo di sostegno per i rifugiati.
Prima di andare via, c’è anche il tempo per un accenno al caso Vatileaks che sta infiammando le cronache di queste ultimi giorni e la chiosa spetta sempre a Don Giulio Neroni: “Io mi interesso solo di essere fedele a Gesù Cristo e amare il Papa. Del resto non me ne frega nulla!”
Straight outta San Pietro.