Il professor Giuseppe Foti, direttore del reparto di rianimazione e di terapia intensiva del San Gerardo, col suo infermiere capo “Mimmo” Cosimo Iacca. “In guerra fotografo spesso volti scoperti” dice Micalizzi. “Mentre ora, per rendere una persona espressiva, non posso che concentrarmi sulla postura dei corpi”. Anche i nomi scritti sul petto danno umanità agli enigmi in cui ci tramutiamo con le mascherine addosso.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima: allegata ai cioccolatini, la frase fila che è una bellezza. Riletta nell’anno delle mascherine chirurgiche, suona falsa. Con il resto del volto coperto, gli occhi umani manifestano tutta la loro ambiguità. Da qui, il senso di straniamento che proviamo in fila fuori dai supermercati, o guardando queste foto. Gli occhi, decontestualizzati, spaventano. Dolore, speranza, consapevolezza, rabbia, paura. Cosa pensano, gli altri? È difficile attribuire un sentimento a un paio di occhi senza l’aiuto di una bocca, di un naso, delle pieghe d’espressione. Il fatto è che oggi la realtà intera sembra indossare una mascherina. La guardi un secondo e ti dici che il peggio è passato. La guardi il secondo dopo, e ti dici che non ne usciremo mai più. Il pianeta ci osserva con i suoi occhi abissali e noi non capiamo che diavolo ci stia comunicando.