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I segreti dietro l’estetica della propaganda di Kim Jong-un

Il fotografo Antonio La Grotta ha raccolto in un libro, "The rise and fall of the dynasty", una vasta collezione di propaganda nel tentativo di decifrare i misteri della Corea del Nord

Francobolli e cartoline, cartoline e francobolli. Ancora nel 2021, come già negli anni ’50. “La verità è che rappresentano il modo preferito dalla dinastia Kim per comunicare col “mondo esterno” e i sudditi, da sempre”, spiega a Rolling Stone Antonio La Grotta, fotografo e autore di Kim. The rise and fall of the dynasty. Il libro è una raccolta di – appunto – francobolli, immagini promozionali e articoli tutti rigorosamente made in Pyongyang: ovviamente prodotti dalla KCNA, l’agenzia di stampa centrale della Corea del Nord; e ovviamente di propaganda. Perché “storicamente la cartolina è il mezzo che ‘testimonia’ la bellezza del posto da cui è partita”, un concentrato figurativo e di comunicazione incredibile, e allora le cartoline diventano “il modo migliore per il regime di raccontarsi. Tant’è che queste sono tutte pregiatissime, a livello di materiali”. Ci si tiene, insomma.

Peccato che il volume non restituisca pure questa sfumatura della narrazione immaginifica che fa di sé il Paese più impenetrabile del mondo. Poco male: sfogliando le centinaia di foto lì raccolte, come in un enorme archivio dai confini delle terre più o meno conosciute, si ha comunque la sensazione di assistere allo “storytelling di una dittatura”, come ci conferma l’autore stesso. I soggetti sono prevedibili solo in parte: parate militari, coreografie, testate nucleari, panorami idilliaci; ma anche guerre passate, antenati della dinastia sovrana e, in generale, un “senso di libertà e protezione dei propri valori”, come emerge per esempio dal riguardo riservato all’educazione (e alla protezione) dei bambini. In una delle foto, per dire, Kim Jong-un stringe la mano a un bimbo. Fa da contraltare alle altre, a quelle in cui incontra i leader mondiali: Trump, Putin, Xi Jinping. “L’idea che si vuole comunicare è quella di un Paese forte, temuto, con un capo inserito nei rapporti fra i potenti. Per noi ‘mortali’ sarebbe impensabile andare a colloquio col presidente degli Stati Uniti”. Per lui, evidentemente, no.

A livello estetico, la KCNA ha emulato a lungo il design delle cartoline del blocco socialista, “accattivante, piacevole all’occhio”. E adesso? “Adesso ho notato un cambiamento: alle grafiche si sono sostituite le foto. In una, che mi ha colpito, c’è Kim al mercato con alle spalle tonnellate di pesce. Roba di pessimo gusto, eh. Ma che serve a dire: abbiate fede, il popolo verrà sfamato”. Sfamato, o compatito. Un altro aspetto della propaganda recente è ritrarre il dittatore come uno “vicino alla gente”. Per capirci: le foto, “vagamente in stile anni ’90”, sono piene di difetti, “tanto che in alcune si vede persino il riflesso del flash”. Tradotto: sono come quelle che potremmo scattare noi.

Strano, però. Non siamo in contraddizione con quella narrazione in stile sconfinato culto della persona che lo vede dotato di poteri ultraterreni? Come vanno d’accordo i due aspetti, uomo del popolo e leader sovrannaturale? Mistero. La Corea nel Nord è un enigma anche qui. “Ma credo sia lì il punto della propaganda: confonderci”, riflette La Grotta. “Non abbiamo motivo di dubitare che il KCNA non sappia ciò che fa”. E poi, in ogni caso, non si potrà mai verificare niente. “Kim provoca il nostro lato irrazionale, probabilmente vuole che si parli di lui a prescindere”.

Non bastasse, spiega il fotografo, l’estetica della sua propaganda è pure pop, divertita, morbida. “Descrive un mondo dei sogni che sembra quello delle favole, gioca con l’assurdo, i colori, gli arcobaleni. Se vedi i panorami delle cartoline, sembrano le Silly Symphonies della Disney: scene idilliache all’inverosimile, arcobaleni che celebrano la nascita di dittatori. Coi sudditi, credo servano a far loro credere di vivere in una nazione perfetta, diversa da quella che è e che percepiscono intorno a loro”. A noi, invece, resta sempre il dubbio: “si dice…”, foto più o meno rubate, testimoni; quanto di quello che sentiamo su Pyongyang corrisponde davvero alla realtà?

Il dubbio, e un insospettabile aspetto ludico. “Una propaganda del genere non era mai esistita prima: persino lo stalinismo non aveva queste esagerazioni, è sempre stato tutto molto serioso”. Al contrario, Kim è quasi un “dittatore millennial, con la moglie ex cantante e che (pare, eh) diffonde musica nel Paese per augurare buongiorno ai sudditi”. Insomma: non c’è niente da ridere davanti a una dittatura così feroce, eppure lui vuole quasi essere preso sottogamba. Il senso di tutto ciò? Per La Grotta, ancora, “mistero”. Decifrarlo, probabilmente, vorrebbe dire decifrare anche la Corea del Nord.

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