Come desideriamo oggi? E come desideravano gli antichi poeti? Il desiderio è un fatto contraddittorio, oggi come allora. Ce lo dice Catullo con il suo odi et amo, Anacreonte lo urla in modo più esplicito, Anne Carson fa invece una lunga dissertazione sul desiderio e, proprio attraverso le parole di questi poeti, cerca di carpire l’origine, i modi e le conseguenze della passione amorosa.
Dal 2018 tra i nomi più accreditati per il Nobel, Anne Carson è una poetessa e saggista canadese con alle spalle numerosi riconoscimenti letterari. Con Eros il dolceamaro, recentemente uscito per Utopia Editore, torna a farsi leggere con un’opera che mette insieme la linearità del saggio e il vigore della poesia, tenendo legato il lettore alle avventure del protagonista assoluto delle vicende umane: Eros, che si destreggia attraverso i secoli incurante del tempo e dello spazio e che condanna tutti a vacillare tra amore, odio e desiderio erotico. Carson scandaglia l’abisso che si crea e si interpone tra gli amanti nel momento stesso in cui Eros impatta su di noi.
Fino al momento in cui non posiamo gli occhi sulla persona che fino ad allora non sapevamo nemmeno di desiderare, non sentiamo alcuno straniamento, nessuna confusione né veruna mancanza incolmabile. Quando invece Eros arriva, come ci fa notare Carson – attingendo a versi di Saffo, a Platone, ad Archiloco, a Socrate – colui che desidera si sente “consumato nel senno, divorato nelle viscere, fatto a brandelli e persino strappato dei polmoni dal petto”.
Queste descrizioni dell’impatto che l’innamoramento ha su di noi sembrano un po’ dei luoghi comuni. Ma hanno invece derive storiche e soprattutto legate al passaggio della letteratura dall’oralità alla scrittura. Quando siamo innamorati riteniamo molto convincenti le nostre sensazioni, ci sentiamo quasi possessori di verità serie e inconfutabili, ci sembra di sentire e vedere per la prima volta. Tutto ciò che ci circonda assume un significato diverso, e allo stesso tempo perde di utilità, perché nulla conta fuorché la persona tanto agognata. Ma cosa spinge veramente il desiderio? Cosa ci fa desiderare questa agonia dolceamara?
Anne Carson trova un’altra risposta: l’immaginazione. Quanta energia spendiamo nell’immaginare come sarebbe soddisfare il desiderio, quanto tempo dedichiamo allo scarto tra ciò che è e ciò che potrebbe essere? Quanto può essere forte l’attrazione per qualcosa che si può solo immaginare? Prendiamo Bradamante, l’eroina di Calvino. Potrebbe cedere alla corte appassionata di Rambaldo, ma no, è il cavaliere inesistente a tenere deste le sue brame. Come può un’armatura vuota soddisfare il suo desiderio? Semplicemente non può, ed è proprio questo a tenere accesa la smania. Non l’eros trionfante, ma l’eros ostacolato.
La tensione verso qualcosa che per natura risulta inafferrabile – ovvero l’unità di due entità – è il terreno di azione di Eros, e Carson ce lo ricorda con il suo libro. Ma questa tensione che è alla base dell’innamorarsi è simile alla tensione che c’è alla base del conoscere, e porta con sé la stessa delizia e la stessa sofferenza, perché “la scintilla che guizza nello spirito dell’amante genera uno stato d’animo che lo sospinge verso la conoscenza. L’amante si sente sul punto di afferrare qualcosa che mai ha afferrato prima”. Ovvero, una parte di sé che mai aveva messo a fuoco.