La Divina e il giullare, l’icona della lirica e il “buffone”, l'”ultima diva” e il premio Nobel. Non è semplice pensare a cosa possa scaturire dal confronto tra Maria Callas e Dario Fo. La prima, il più grande soprano di tutti i tempi, nata a New York (ma naturalizzata greca) nel 1923 e morta a Parigi nel 1977, ha dato un contributo essenziale alla riscoperta in particolare di Verdi, Puccini e Donizetti; il secondo, classe 1926, è il padre della satira politica e sociale “modello medioevo”, geniale attore di teatro e autore che nel 1997 ha ottenuto dall’accademia di Stoccolma il premio che prima fu di García Márquez, Neruda e Beckett, solo per citarne alcuni.
Beh, per capire il rapporto tra i due basta andare a Palazzo Forti a Verona, sede del Museo della Fondazione Arena, dove fino al 27 settembre sarà visibile la mostra “Dario Fo dipinge Maria Callas”: oltre 70 opere in cui Fo ci narra la sua visione della vita della Callas. Non lo sapevate? Ebbene sì. Dario Fo è anche pittore. Anzi, come dice lui, è “attore dilettante e pittore professionista”. Infatti è con il pennello che Dario Fo esordisce negli anni ’40, proprio dopo aver frequentato l’Accademia di Brera. Questi 70 quadri sono colorati, spensierati, divertenti. Insomma non esattamente in linea col pensiero comune sul personaggio Callas, che abbiamo conosciuto depressa, cupa, in balia di continue delusioni d’amore e del declino fisico degli ultimi anni, nonostante l’età non fosse così avanzata. Non abbiamo mancato di farglielo notare, in una chiacchierata che il grande Maestro ha concesso in esclusiva a Rolling Stone:
«È vero che è morta per mancanza d’amore, ma era anche e soprattutto altro. Era determinata dai sentimenti. Quindi quando il sentimento era negativo crollava, ma quando era positivo volava. E non ha mai subito quel declino fisico di cui tanto si ciancia. Quel che certo è che era una tosta».
Quanto tosta?
Basta un episodio per raccontare questo aspetto: nel 1958 non ci mise molto a mollare il Presidente della Repubblica Gronchi e mezzo Governo durante un concerto. Erano tutte persone venute non per ascoltare lei, ma per mettere in evidenza loro stessi. Ci vuole coraggio per fare una cosa del genere.
Vi conoscevate bene?
No, affatto. L’ho incontrata poche volte.
Come vi siete conosciuti?
Il mio primo incontro con Maria Callas è legato a due episodi divertenti. Io all’epoca lavoravo alle scenografie della Scala, non la conoscevo. Nessuno la conosceva. Mentre stavamo montando la scenografia, lei passò sul palco, rischiando seriamente di farsi male perché era un vero e proprio cantiere. Le prime parole che le dissi furono, non proprio sussurrate: “Via di lì, pazza! Togliti di mezzo che ti fai male”.
E il secondo?
Eh eh… Nel secondo una strigliata me la presi io, durante le prove. Il Direttore la stava ascoltando e io ero lì con gli altri ragazzi di Brera. Quando la sentimmo, scoppiamo tutti in un applauso spontaneo. Era magica. Il direttore di seccò molto, non tollerava che qualcuno si permettesse di applaudire una sconosciuta proprio mentre lui la stava esaminando.
L’ha più rincontrata?
Sì, qualche volta. Soprattutto l’ho seguita. Ho studiato e conosciuto i suoi gesti e i suoi gusti.
Quando ha deciso di dedicarle un ciclo di opere così importante?
Quando ho iniziato a pensare che della sua storia di dice fosse “Divina”, ma che nessuno considerava la dimensione umana. È anche grazie a quella che ha scalato la storia della musica con una forza incredibile.
La sua passione per l’opera si ferma alla Callas o va oltre?
«a molto oltre! Ho avuto la fortuna di montare opere in tutta Europa. Ho messo in scena festival, prime, spettacoli. Adoro l’opera perché è una macchina surreale: è pittura, costume, piacere del colore e del movimento. È tra le corde che mi sono naturali.
Quando ha lasciato la pittura per darsi alla scena?
Ho studiato all’Accademia di Brera per 8 anni. Volevo che la pittura fosse la mia vita, ma quando ho visto lo sfruttamento dei giovani pittori che allora c’era in Italia e ho capito qual era il sistema dell’arte, vedendo cosa mi avrebbe riservato il futuro, ho smesso. Contemporaneamente ho cessato di studiare architettura e ho cominciato a fare l’attore. Era un mondo più serio e più coeso.
Quando e perché ha deciso di ricominciare?
In realtà non ho mai smesso. Quando mi mancava, prendevo i colori. Ho dipinto più di 2000 quadri nella mia vita.
Però nell’ultimo periodo ha intensificato…
Sì, ma non ho intensificato solo la pittura. Anche lo scrivere, ad esempio… Negli ultimi anni avrò scritto due dozzine di libri. Ho fatto di tutto nella mia vita.
E la musica?
Ascolto soprattutto Jazz.
Na ha anche scritta molta… Indimenticabile il suo sodalizio con Jannacci.
Già. Con lui avrò scritto almeno 20 canzoni. Mi manca molto, era come un figlio per me. Un uomo straordinariamente fantasioso, che viveva di slanci.
INFO:
DARIO FO DIPINGE MARIA CALLAS
AMO Arena Museo Opera, Palazzo Forti
Mercato Vecchio, 6 – Verona
Fino al 27 settembre 2015
Lunedì 14.30-19.30
Da martedì a domenica 9.30-19.30
Biglietto Intero 10€
www.arenamuseopera.com