Carpisa è il male! Vado ad ammaestrare le foche monache! Se qualcuno non conosce i tormentoni virali di Elenoire Ferruzzi è perché non è nei gruppi WhatsApp giusti. Inizialmente guardavo con molta leggerezza queste video-celebrazioni del trash o di una comicità che gli americani definirebbero “weird”. Ma nonostante fossi convinto che appartenesse proprio a quel mondo, a forza di visitare il profilo Instagram di Elenoire mi sono convinto che ci fosse molto altro dietro al suo personaggio.
Ne ho avuto conferma subito, quando l’ho vista arrivare per un’intervista al Romana Residence di Milano e ho assistito allo spettacolo del suo passo fiero, del suo sguardo dritto e della scia di persone che si giravano al suo passaggio con la faccia da punto interrogativo. Ma cos’era quella? Nell’osservatore rimaneva il dubbio. Quella è Elenoire Ferruzzi, una creatura che si è auto forgiata sin da quando ha sedici anni, costruendosi come voleva e senza mezze misure. Alta, unghie lunghe venti centimetri come artigli arrotolati, una fisicità fuori dal comune.
Dal vivo l’effetto è strabiliante. Elenoire, come una sorta di opera d’arte mobile, è in grado di suscitare qualcosa in tutti i suoi osservatori. Credo che la parola che più accomuna le reazioni sia “sconcerto”. Cioè: siamo pur sempre uomini occidentali bianchi, ci piace avere il controllo della situazione, essere i primi al vertice della piramide sociale. Abbiamo colonizzato, educato, evangelizzato il mondo spiegando che noi eravamo il giusto e tutti ce lo ricordano onorando i nostri modelli. La Ferruzzi è completamente fuori da ogni modello, un’anomalia del sistema, un’opera suonata a tutto volume.
Una volta seduti, le ho chiesto subito come si sentiva con tutti quegli occhi addosso e soprattutto se riusciva a spiegarmi come mai la gente andava su di giri al suo passaggio. «Non sopportano la mia libertà, li manda fuori di testa». Oh santo cielo! Credevo di aver sentito anche troppi discorsi del genere pronunciati dalle rockstar e dagli attori, ma dopo un attimo ho pesato quelle parole. Una così se parla di libertà di sicuro ha dovuto lottare per trovarla. Vi immaginate la sua adolescenza? La sua gioventù? Il peso dei giudizi degli altri a quell’età?
«Io non ho paura di niente e di nessuno, scrivilo! E di quello che pensa la gente non mi frega niente. Ho iniziato a operarmi a sedici anni e non ho mai usato la chirurgia plastica per correggermi. Col bisturi ho un rapporto artistico e volevo essere assolutamente quello che sono ora. Non ho mai avuto nessun problema con la mia interiorità, ma li ho avuti con gli altri!», dice. Mentre le parlo, mi rendo conto che è il dialogo più lungo con una transessuale che abbia mai avuto e mi sento goffo, lei non ci fa nemmeno caso e mi introduce alla sua visione del mondo: «Gli uomini etero si approcciano alle trans come ad esseri inferiori. Ti vogliono quasi sempre sfruttare o sottomettere. Sembrano dire: tu sei diventata così per piacerci. Oppure pensano che le trans siano tutte prostitute, ma questo era un fenomeno degli anni settanta». E aggiunge: «Il difetto che imputo a molte trans è quello di voler passare da donna biologica, che è semplicemente impossibile. Sotto questo aspetto pure loro subiscono una costrizione che impone la società, vogliono essere qualcosa di definito».
Mi piace la critica che Elenoire fa al mondo LGBT, perché lo fa dall’interno. Come nei suoi video, non fa tanti giri di parole: «E poi le trans parlano sempre di estetica, uomini e cazzi… io infatti ho pochissime amiche trans, si contano sulle dita di una mano».
Parlando della sua vita viene fuori di tutto: è laureata in lettere e ha pure insegnato in una scuola serale ma a un certo punto ha mollato «perché non era una situazione serena. Gli uomini mi chiedevano il numero…». Adora cantare ed è appena stata la madrina di una crociera gay per un’importante compagnia navale. È amica di Christian De Sica, con cui ha recitato, e di Simona Ventura. Si è innamorata una volta sola e di una persona che non le ha dato niente così adesso vive dell’amore di amici e famiglia. Ecco un tema importante: una famiglia che l’ha sempre supportata. Parla di loro come di angeli, descrive una madre che la accompagnava agli interventi e un padre imprenditore che la ama a dismisura. «Loro mi hanno accettata e capita per ciò che sono». Poi mi racconta del rapporto coi suoi fan, di quanti ha aiutato a fare outing, delle madri che le scrivono per chiederle consiglio su come gestire la situazione con un figlio transgender o gay. «Penso che i genitori abbiano il diritto di sapere se un figlio è gay. Non si può nascondere. Loro ti hanno messo al mondo e tu da figlio hai il diritto di dirlo, qualunque sia la reazione, tanto il tempo aggiusta tutto». Insomma, fa praticamente volontariato e mi sorprende che si parli di lei, sia sui giornali che durante eventi del mondo LGBT, solo come di un fenomeno del web.
Ma se la sua è una storia atipica, come mai non l’ho mai sentita raccontare in televisione? La risposta a questa domanda è che Elenoire è lo specchio dei nostri tempi. Abbiamo tutti una gran furia, non ci soffermiamo mai abbastanza ad approfondire le cose perché ci sono troppi stimoli. Lei al solo sentir nominare la tv ribalta gli occhi all’indietro: «Figurati… non vanno oltre al mio personaggio. Il mondo della tv è una piccola mafia, invitano solo chi vogliono loro e al patto che dica ciò che vogliono loro. In tv non potrei mai fare una chiacchierata come questa, li mi chiamerebbero solo per parlare di droghe, clienti, cazzi o “Carpisa è il male”. Mai ricevuto una chiamata dalla D’Urso. Sarà una gran professionista, ma umanamente la disprezzo».
Quando scendiamo in strada per salutarci mi sento ancora più goffo di quando l’ho incontrata. Di lei ho l’immagine dei video che sembrano frivoli ma sono geniali. Quante volte ho urlato alla mia ragazza: Carpisa è il male! Quante volte li ho guardati in totale adorazione? Quante volte ho riso leggendo il suo decalogo sul perché non rispondere mai su WhatsApp, che è volgare? La cosa che mi ha sempre affascinato è il loro potenziale allegorico, la capacità di scherzare su cose “povere” per difendere un ideale astratto e alto in tempi bui e conformisti.
Mentre la saluto mi rendo conto di tutto questo e mi emoziono. Voglio esserci, allora forse per la terza volta nella vita mi faccio una foto con una persona famosa. Viene male, cioè io vengo male. Lei invece risplende, fiera, perfetta in ogni scatto. Così la lascio andare col suo passo svelto, mentre si fa spazio nella folla e mi saluta con lo stesso mantra che mi rimarrà in testa per diversi giorni ancora: «Elenoire Ferruzzi non ho paura di niente e di nessuno. Scrivilo. C’è sempre una soluzione a tutto».