È venerdì pomeriggio nel quartier generale di Space X a Hawthorne, California, e Elon Musk è seduto alla scrivania, con i suoi figli intorno.
Non ha un ufficio privato, ma una normale postazione di lavoro, un cubicolo d’angolo decorato con le ultime novità della tecnologia spaziale, foto di razzi e ricordi della Tesla e delle altre sue aziende. Soprattutto, c’è un poster scorniciato con una stella cadente e una lunga scritta: “Se esprimi un desiderio quando vedi una stella cadente, i tuoi sogni possono avverarsi. A meno che non sia un meteorite, che sta per distruggere la Terra. In questo caso sei fregato, a meno che il tuo sogno non fosse morire per via di un meteorite”. Può sembrare il frutto di un senso dell’umorismo un po’ dark, ma in questo ambiente è anche il simbolo del grande piano di Elon Musk: creare un habitat per gli esseri umani su altri pianeti. Se non faremo prima precipitare la nostra civiltà in un’era di oscurità, Musk sarà probabilmente ricordato come uno dei personaggi fondamentali di questo millennio. I bambini che vivranno su pianeti sparsi nell’universo, resi abitabili grazie alla modifica dell’atmosfera, aspetteranno il Musk Day, un giorno di vacanza da scuola, in cui tutti quanti celebreranno la nascita dell’uomo che da solo ci ha portati nell’era della colonizzazione dello spazio.
Ed è solo una delle ambizioni di Elon Musk. Le altre sono: convertire le automobili, le case e quanta più industria possibile dai combustibili fossili all’energia sostenibile, implementare un nuovo modo di spostarsi ad alta velocità tra una città e l’altra attraverso un tubo sopraelevato a bassa pressione, eliminare il traffico cittadino con una rete di tunnel sotterranei e un sistema di tavole elettriche in grado di spostare automobili e persone da un luogo all’altro, creare un’interfaccia uomo-computer che aumenti il potere del cervello e la salute fisica degli uomini, per portarci allo stesso livello dei robot, e infine salvare l’umanità intera dalla minaccia futura di un’intelligenza artificiale, che potrebbe un giorno infuriarsi e decidere, piuttosto ragionevolmente, di eliminare l’irrazionale specie umana dal pianeta.
Finora Elon Musk, che ha 46 anni, non ha raggiunto nessuno di questi obiettivi. Ma ha già fatto qualcosa che poche persone al mondo possono dire di aver fatto: senza avere alcuna esperienza, è entrato come un bulldozer in due settori con barriere incredibilmente alte e difficili da superare, come l’industria automobilistica (con la Tesla) e la produzione di razzi (SpaceX), creando i migliori prodotti in assoluto sul mercato, secondo tutti i parametri di valutazione possibili e immaginabili. Nel frattempo, è riuscito a dimostrare al mondo di essere in grado di raggiungere obiettivi così alti ed ambiziosi, che se fossero annunciati da qualcun altro sembrerebbero assurdi.
Elon Musk è inchiodato davanti al suo iPhone sulla pagina di CNBC, e parla ai suoi figli senza alzare la testa: “Questi idioti vogliono vederci morire, cercano costantemente di creare notizie false e amplificare ogni voce negativa per farci crollare in borsa. Non fanno altro che inventare bugie ed attaccare la mia integrità. È orribile, è…”.
Si ferma, come fa spesso quando un pensiero lo preoccupa. Cerco di aiutarlo: “Poco etico?”. Musk scuote la testa, cerca la parola giusta, poi dice soavemente: «Doloroso».
a nostra cultura ha sempre bisogno di cattivi e di eroi, di folli e di geni, capri espiatori e punti di riferimento. Nonostante quello che molti pensano, Elon Musk non è un robot arrivato dal futuro per salvare l’umanità. Non è nemmeno uno scienziato della Silicon Valley, le cui emozioni e umanità sono state sostituite da un’intelligenza superiore, simile a quella di un supercomputer. Nel corso dei 9 mesi di preparazione a questo servizio, in cui l’ho visto fare di tutto, da pianificare uno sbarco su Marte con il suo team di ingegneri spaziali a mettere a punto innovazioni rivoluzionarie insieme ai suoi esperti di intelligenza artificiale, ho scoperto che Musk è molto diverso da quello che la sua reputazione suggerisce. È probabilmente l’unico al mondo ad aver lanciato quattro società da miliardi di dollari, PayPal, Tesla, SpaceX e Solar City, ma non è né un uomo di affari né un imprenditore. È un ingegnere, un inventore e come si definisce lui stesso “un tecnologo”. Ha un dono naturale per trovare le inefficienze, i difetti e le mancanze negli strumenti su cui si basa la nostra civiltà: «È in grado di vedere le cose in un modo che nessuno riesce a capire», dice suo fratello Kimbal. Secondo lui, tutto nasce dalla sua passione per gli scacchi: «Si dice che un vero maestro di scacchi riesca a prevedere fino a 12 mosse avversarie. Elon è così: vede le cose 12 passi avanti». I figli se ne vanno per raggiungere la madre, la sua ex moglie Justin, e Elon Musk rimane in silenzio a lungo. Resta seduto alla scrivania e fissa il suo telefono, ma non scrive e non legge niente. Provo a iniziare la mia intervista chiedendogli del lancio della Tesla Model 3, e cosa ha provato a salire sul palco e presentare al mondo un piano che si svilupperà pienamente in 14 anni, in base al quale, grazie a un’automobile di lusso, creerà un mercato di massa per le vetture elettriche.
Il vero obiettivo di Musk non è lanciare un’auto elettrica da 35mila dollari, ma fare in modo che sia così richiesta, e così ben progettata, da spingere le case automobilistiche concorrenti a eliminare le loro macchine a benzina, per riuscire a competere con lui. Due mesi dopo il lancio di Tesla Model 3, General Motors e Jaguar Land Rover, effettivamente, hanno annunciato di volersi convertire completamente alla tecnologia elettrica.
Musk ci pensa un po’, accenna una risposta, poi si interrompe: «Devo andare un attimo in bagno, poi ti chiederò di ripetermi la domanda». Cinque minuti dopo non è ancora tornato. «Se non è il momento possiamo spostare l’intervista a un altro giorno», dico. Musk batte le mani sulla scrivania, si ricompone e dice con voce esitante: «Ho appena rotto con la mia fidanzata, ero molto innamorato e sto soffrendo». Poi si corregge: «In realtà è lei che ha rotto con me».
cco la risposta alla mia domanda: il lancio della Model 3 è stato un’esperienza orribile. «Sono stato molto male nelle ultime settimane, è stata una delusione che non sono riuscito a controllare», spiega Musk, che, per il momento in cui è dovuto salire sul palco, ha scelto un pezzo molto appropriato alla sua situazione sentimentale, R U Mine degli Arctic Monkeys. «Ho bisogno di avere una persona accanto», dice.
Forse, suggerisco, dovrebbe prendersi un po’ di tempo per riflettere e capire cosa ha rovinato le sue relazioni precedenti, il suo matrimonio con la scrittrice Justine Musk, quello con l’attrice Talulah Riley e l’ultima rottura, con l’attrice Amber Heard, di recente apparsa in Justice League. Musk scuote la testa e fa una smorfia: «Non riesco a essere felice, se non ho una relazione stabile. Dormire da solo mi uccide». C’è una verità in quello che dice: anche quando sei arrivato al vertice puoi soffrire di solitudine, soprattutto se eri solo anche quando non eri nessuno. Sul suo volto vedo crescere una marea di emozioni, che premono sulle sue barriere di difesa: «Da bambino ripetevo sempre una sola cosa: non voglio rimanere mai solo».
Elon Musk è un titano, un visionario che sta portando avanti cambiamenti di portata storica, il tipo di persona che compare poche volte in un secolo, ma in questo momento sembra un bambino che ha paura di essere abbandonato. È forse questa la vera origine della sua smisurata ambizione. Ne parleremo ancora. Adesso vuole mostrarmi qualcosa. L’attrazione turistica più interessante della contea di Los Angeles non si trova nelle guide turistiche: è nella città altrimenti sconosciuta di Hawthorne, a sudovest della città, nella sede di SpaceX. Camminando lungo Crenshaw Boulevard fino alla 120ª strada, si può vedere una città del futuro in costruzione, Musk City, una realtà alternativa, un trionfo di immaginazione futuristica, più emozionante di qualsiasi attrazione di un parco divertimento della Disney. La rampa di lancio per razzi, alta quasi 50 metri, che si trova sul tetto del quartier generale di SpaceX, è il simbolo del sogno di Elon Musk: rendere possibili e relativamente economici i viaggi interplanetari. Il razzo propulsore ideato da Musk è il primo nella storia dell’umanità a essere stato lanciato nello spazio, recuperato intatto sulla Terra dopo la fase di lancio, e rilanciato nuovamente in orbita.
Dall’altro lato della strada, un ex parcheggio per le auto dei suoi dipendenti è stato scavato e trasformato nel primo tunnel di Boring Company, la soluzione sotterranea immaginata da Musk per il problema del traffico cittadino. È la sede di tutti i suoi progetti sul futuro del trasporto via terra. Infine, parallelo a Jack Northrop Boulevard passa un tubo a bassa pressione, in cui fare scorrere capsule adibite al trasporto di merci e pressione. È il prototipo di Hyperloop, il sistema progettato da Musk per spostarsi da una città all’altra.
resi tutti insieme, i sogni di Musk promettono di collegare il pianeta e il sistema solare in un modo che cambierà radicalmente il rapporto dell’uomo con due degli aspetti più importanti della sua realtà: la distanza e il tempo.
C’è un edificio, in particolare, che pochi hanno visitato, ed è il posto in cui mi sta portando Musk. È il Tesla Design Studio, dove il suo team di designer e ingegneri sta progettando il Tesla Truck, e altri prototipi di veicoli del futuro. Una guardia mi confisca telefono e registratore, e mi consegna un quaderno e una penna per prendere appunti alla vecchia maniera. Il camion elettrico Tesla ha l’obiettivo di rendere sostenibile il trasporto merci su strada (Musk si è anche divertito a progettare un jet supersonico elettrico, che in futuro decollerà e atterrerà in verticale). I membri del suo team mi spiegano l’idea che sta dietro al Tesla Truck: «Ci siamo chiesti: “Cosa vuole la gente? Affidabilità, costi economici e comfort di guida”, a quel punto abbiamo reimmaginato completamente il concetto di camion».
È un esempio perfetto dell’idea che i visionari ispirati da Musk di tutto il mondo venerano come una religione: se vuoi innovare, parti da zero. Non accettare un’idea, un metodo o uno standard solo perché lo fanno anche gli altri. Per esempio un camion deve essere in grado di spostare carichi in modo affidabile, da un luogo a un altro, rispettando le leggi della fisica esistenti. Tutto il resto è negoziabile, comprese le norme governative. L’importante è ricordare che l’obiettivo non è reinventare il camion, ma creare il miglior camion possibile, anche se non è in alcun modo simile a quelli che abbiamo conosciuto finora.
«Quando ho lanciato la Tesla mi hanno detto tutti che era impossibile, che ero un bugiardo», dice Musk. «Invece ho creato un’automobile che tutti adesso possono guidare. Non è un unicorno, è vera. Prendila e fai un giro. È una cosa fantastica. Come fai a negarlo?».
Mentre spiega la sua filosofia, Musk è incerto, quasi balbettante: «L’intento fondamentale di Tesla, o per lo meno la mia motivazione principale, era accelerare l’avvento dell’energia sostenibile. Ecco perché ho fatto in modo che i brevetti fossero accessibili a tutti. Il cambiamento climatico è la minaccia più grande di questo secolo per il genere umano, dopo l’intelligenza artificiale. È una cosa che ripeto sempre: odio essere una Cassandra, ma dico spesso che è tutto molto divertente, finché qualcuno non ci rimetterà un fottuto occhio. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, è una visione che all’interno della comunità scientifica chiunque non sia pazzo condivide».
Secondo un’ipotesi fatta da Musk, le nostre personalità sono per l’80 per cento frutto della natura e per il 20 per cento dell’educazione. Quindi, per capire il futuro che Musk sta costruendo, diventa essenziale comprendere il suo passato, e conoscere la storia che lo ha reso quello che è oggi, compreso il suo timore per l’estinzione del genere umano e la paura di rimanere solo.
ino all’età di otto anni, Musk ha vissuto con sua madre Maye, modella e nutrizionista e suo padre Errol, ingegnere, a Pretoria, Sudafrica. Ma non li ha visti spesso: «Mi ricordo che in casa c’era solo una governante, che era lì per controllare che non rompessi niente. Non si occupava di me. Io costruivo razzi e facevo miscele esplosive e altre cose che mi avrebbero potuto uccidere. Sono sorpreso di avere ancora tutte le dita». Solleva le mani e le esamina: «Sono stato cresciuto dai libri. Prima i libri, e poi i miei genitori».
Alcuni di quei libri spiegano il mondo che Musk sta costruendo, soprattutto la trilogia della Fondazione di Isaac Asimov, in cui il protagonista è uno scienziato visionario di nome Hari Seldon, inventore della psicostoria, un metodo per determinare il futuro dell’umanità in base al suo comportamento. Seldon ha previsto un’era di oscurità e barbarie lunga 30mila anni, ed elabora il Piano Seldon per inviare colonie scientifiche su pianeti distanti, e accorciare l’inevitabile cataclisma a soli mille anni attraverso la tecnologia.
«Asimov ha preso il metodo di ricerca seguito dallo storico Edward Gibbons nella sua opera Declino e caduta dell’Impero Romano e lo ha applicato a un impero galattico del futuro», spiega Musk. «La lezione che ho imparato da lui è che devi essere pronto a compiere quelle azioni che sono in grado di prolungare la civilizzazione e minimizzare le probabilità dell’arrivo di un’era di declino, e ridurre la sua durata, se si dovesse verificare». Quando legge Asimov, Musk ha circa 10 anni e sta entrando nella sua personale era di oscurità. Ha appena fatto una scelta che cambierà per sempre la sua vita. Una decisione sbagliata, presa per le motivazioni giuste.
Quando i suoi parenti si separano, Elon Musk resta a vivere con la madre, insieme a suo fratello Kimbal e sua sorella Tosca: «Mi dispiaceva per mio padre: ero triste per lui, perché non aveva i suoi figli accanto, e sono andato a vivere con lui. No2n avevo capito che tipo di persona fosse». Secondo Elon, suo padre Erroll era «un ingegnere geniale», con un quoziente intellettivo eccezionale. Era stato il più giovane nella storia del Sud Africa a ottenere una qualifica professionale da ingegnere. Elon viveva a Lone Hill, un quartiere alla periferia di Johannesburg e, secondo quanto raccontava lui stesso, stava facendo molti soldi nel pericoloso settore delle costruzioni e dell’estrazione di diamanti.
«Ho una predisposizione naturale all’ingegneria perché l’ho ereditata da mio padre», dice Musk. «Quello che per gli altri è molto difficile, per me è facile. Per molto tempo ho pensato che certe cose fossero ovvie, che tutti le conoscessero». Per esempio? «Non so, per esempio come funziona l’impianto elettrico di una casa, o come funziona il sistema di corrente alternata, cosa sono gli ampere e i volt, e come miscelare le sostanze per creare un esplosivo. Pensavo che tutti lo sapessero».
C’è un altro lato della personalità di Erroll Musk altrettanto importante nel rendere suo figlio Elon quello che è oggi. «Era una persona orribile. Non puoi capire quanto». La sua voce trema. Non vuole entrare nei dettagli. «Era cattivo, una persona in grado di pianificare accuratamente il male. Ha commesso ogni tipo di crimine che tu possa immaginare, qualunque malvagità». È evidente che vorrebbe aggiungere altro, ma non riesce a tirare fuori le parole per dirlo, almeno davanti a un registratore. «Ha fatto delle cose davvero terribili, non potresti crederci». Lacrime silenziose rigano il suo volto: «Non mi ricordo quando è stata l’ultima volta che ho pianto».
Le lacrime si fermano con la stessa rapidità con cui sono comparse, e Musk recupera quell’espressione fredda e impassibile, quel volto di pietra, ma gentile, che il mondo conosce. Non è il volto di un uomo senza emozioni, ma quello di un uomo che ha dovuto sopprimere molte emozioni per sopravvivere a un’infanzia dolorosa. Interpellato al riguardo, Errol Musk risponde via mail dichiarando di non aver mai minacciato o ferito nessuno, tranne quella volta in cui ha ucciso tre dei sei uomini armati che lo avevano assalito in casa. È stato prosciolto da tutte le accuse, e il caso è stato archiviato come legittima difesa.
Da adulto, con lo stesso ottimismo che lo aveva spinto ad andare a vivere con lui da bambino, Elon Musk trasferirà suo padre, la sua seconda moglie e i suoi figli a Malibù. Gli compra una casa, una barca e delle automobili. Ma suo padre, spiega, non è cambiato, e Musk taglia ogni rapporto. «Non c’è niente che io possa fare. Ho provato in ogni modo a renderlo una persona migliore, e non c’è stato verso. È solo peggiorato»
Da qualche parte, nei meandri di questo trauma personale, si trova la chiave per capire la visione del mondo di Musk: l’istinto a creare per fermare la distruzione, a rendersi utile, invece di fare soffrire gli atri, a difendere il mondo dal male. A scuola le cose non andavano granché meglio. Fino all’età di 15 anni Musk viene brutalmente attaccato dai bulli. «Il mio compleanno è il 28 giugno e solitamente cade nell’ultimo giorno utile per iscriversi a scuola, per cui, per molto tempo, sono stato il più giovane e il più piccolo della mia classe. Le gang di bulli mi davano letteralmente la caccia per tutta la scuola».
Fino a quando Musk decide di chiudere i libri e imparare a difendersi con judo, karate e lotta. Dopo avere steso il più grosso della scuola con un solo pugno, si rende conto che nessuno lo prende più di mira: «Il bullo cerca chi non si sa difendere. Se gli rendi le cose difficili e lo colpisci dritto in faccia, magari te le darà, ma poi non ti toccherà più».
A 17 anni Musk lascia il college e si trasferisce in Canada, Paese di origine di sua madre, che lo seguirà con i fratelli. Suo padre non gli augura buona fortuna. «Mi ha detto che ero un idiota, che sarei tornato entro tre mesi, che non ce l’avrei mai fatta. E questo era solo la punta dell’iceberg».
Quando Musk ha avuto successo, suo padre si è attribuito il merito di averlo aiutato. «Ha detto di aver dato a me e a mio fratello i fondi per lanciare la nostra prima startup (Zip2, che forniva contenuti online e guide delle città ai giornali, nda), ma non è vero», dice Musk. «È stato irrilevante, non ci ha pagato il college, ci siamo mantenuti con le borse di studio, facendo due lavori contemporaneamente. I fondi che abbiamo raccolto per la prima società sono arrivati da un ristretto gruppo di persone, degli angel investor che avevano deciso di puntare sulla Silicon Valley».
Sulla sua scrivania ci sono i ricordi di tutta la sua carriera. C’è anche una tazza di X.com, la sua prima compagnia di servizi finanziari e pagamenti, da cui è nata PayPal. Musk ha venduto Zip2 per 22 milioni di dollari, e li ha usati per lanciare X.com. Quando ha venduto PayPal per 180 milioni di dollari (al netto delle tasse), ha tenuto molto poco per sé: ha creato SpaceX con 100 milioni e poi ne ha investiti 70 in Tesla e 10 in Solar City.
«La mia aspirazione è fare cose utili», spiega, «nel senso che abbiano un valore per la società. Credo sia un dovere provare a creare un futuro migliore». Un futuro in cui riusciremo a mitigare gli effetti del riscaldamento globale, avremo aria pulita nelle città e non continueremo a estrarre quantità enormi di carbone, petrolio e gas in zone del mondo problematiche e in cui comunque le riserve energetiche, prima o poi, inevitabilmente finiranno.
«Se riuscissimo a diventare una specie multiplanetaria, ridurremmo la possibilità che un singolo evento, naturale o causato da noi, possa spazzare via la nostra civiltà, come è successo con i dinosauri. I fossili ci raccontano che sulla Terra ci sono state cinque estinzioni di massa nel corso dei millenni: questo vuol dire che se non sei uno scarafaggio, un fungo o una spugna sei fottuto!». Scoppia a ridere. «Queste innovazioni sono una specie di assicurazione sulla vita per come la conosciamo. Il futuro diventerebbe più stimolante se potessimo viaggiare nello spazio e muoverci da un pianeta all’altro».
Questa è l’ideologia di Elon Musk. Una rarità nel mondo dell’innovazione. Pensate ai nomi che hanno determinato lo sviluppo tecnologico di questo secolo: sono persone che hanno creato sistemi operativi, device, siti web o piattaforme di social media. Il loro credo, nella maggior parte, dei casi è diventato: come faccio a far diventare la mia società il centro del mondo dei miei utenti? Se qualcuno dei dipendenti di Musk suggerisse un’idea simile, lui probabilmente lo considererebbe un pazzo. È un modo di pensare che non gli appartiene: «Quando l’obiettivo delle persone è ingannare tutti gli altri in continuazione, il risultato è solo rumore e confusione. Meglio essere diretti e provare a costruire delle cose utili per la gente».
Mi racconta che vuole edificare una base permanente sulla Luna, e finanziare SpaceX creando dei razzi per passeggeri, che possano raggiungere ogni città del mondo in meno di un’ora. Gli chiedo cosa, secondo lui, è davvero in grado di sorprendere le persone: «Essere precisi e dire sempre la verità. Funziona. Precisi e veritieri. Ripeto ogni volta: “Non cercate di leggere tra le righe con me”. Non ci sono mai verità nascoste».
Mi è capitato di osservare Elon Musk durante una riunione con il team di ingegneri di SpaceX. Otto esperti, seduti intorno a un tavolo, gli hanno mostrato un PowerPoint con le ultime novità sul design delle navi per i viaggi su Marte. «Fate in modo che non sembrino brutte», dice Musk. «L’estetica di questa non mi piace, sembra una lucertola». E infine, pungente come sempre: «Quando atterreremo su Marte, l’unica preoccupazione che vogliamo avere è quella di non essere morti!»
C’è un filo conduttore nelle sue osservazioni: anzitutto le cose devono essere utili, logiche e scientificamente possibili, poi è necessario che raggiungano il massimo dell’efficienza. Da quel momento in avanti, Musk spinge perché il prodotto finale sia esteticamente bello, semplice, elegante, rifinito. «Meraviglioso», dice lui stesso. «Odia le saldature», spiega un membro del suo staff. Durante questo processo si aggiunge un elemento in più, il tocco personale. Per esempio il volume dell’impianto stereo della Tesla che arriva a 11, in omaggio al film Spinal Tap.
Inoltre c’è la questione del tempo, e le scadenze in cui si aspetta che il lavoro venga realizzato. Una cosa che spaventa o esalta i suoi collaboratori, a seconda di quelli a cui chiedete. Per esempio, un venerdì in cui sono andato in visita a SpaceX, ho visto alcuni membri del suo team che correvano avanti e indietro dall’ufficio al parcheggio dall’altro lato della strada. Ho scoperto che, durante una riunione, Musk aveva chiesto quanto tempo ci sarebbe voluto per spostare tutte le auto dei dipendenti e scavare nel parcheggio un buco, che sarebbe diventato il primo tunnel di prova della Boring Company.
La risposta è stata: due settimane. Musk ha chiesto quale fosse il motivo, ci ha ragionato su e poi ha stabilito: «Allora cominciamo oggi, lavoriamo 24 ore al giorno e vediamo quanto riusciamo a scavare entro domenica pomeriggio». Nel giro di tre ore, le automobili erano state rimosse e c’era un buco al centro del parcheggio.
Musk è anche famoso per fissare delle scadenze impossibili, che non riesce a rispettare. Le sue auto elettriche, la Roadster, la Model S e la Model X, sono state sviluppate in ritardo rispetto al previsto. La Model 3 ha una lista d’attesa di quasi mezzo milione di persone, ed è indietro sulla produzione. «Meglio essere in ritardo con un prodotto buono, che arrivare in anticipo con uno scarso». Quindi aspettatevi che Elon Musk faccia sempre quello che dice, magari non in tempo. Perché, se non è in grado di farlo, non farà mai finta di esserlo. «Mi aspetto sempre di perdere», dice Musk.
Lo incontro di nuovo in un edificio a tre piani di San Francisco, appena risistemato e arredato. Apparteneva a Stripe, una società di servizi per i pagamenti con carta di credito, e ora ospita due nuove attività di Musk: OpenAI è un’organizzazione no profit, che opera per limitare il pericolo rappresentato dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale, mentre Neuralink lavora per implementare il nostro cervello attraverso strumenti tecnologici che siano capaci di creare un’interfaccia tra l’uomo e i computer.
Se vi sembrano due idee in contraddizione, pensateci bene. In pratica Neuralink ci permette agli umani di restare in corsa, con l’obiettivo di ottenere un’intelligenza di livello superiore. OpenAI, invece, è la risposta a una doppia sfida. La prima: il problema di costruire qualcosa che è molto più intelligente di noi, è proprio il fatto che sia più intelligente di noi. Aggiungete che l’intelligenza artificiale non conosce il rimorso, la moralità e più in generale i sentimenti, e capirete che l’umanità è veramente messa male. Per Musk questa è la seconda occasione che ha un figlio per combattere contro un padre che non prova rimorsi, e che durante la sua vita non è mai stato in grado di cambiare.
L’altra sfida è il fatto che OpenAI sia una società no profit, che deve competere con le risorse immense a disposizione di Google e del suo progetto DeepMind. Musk dice che ha investito apposta in DeepMind, con l’intento di tenere d’occhio il loro sviluppo dell’intelligenza artificiale. «Facebook, Google e Amazon, e probabilmente Apple, anche se loro sembrano attenti al discorso della privacy, hanno più informazioni su di te di quanto tu stesso riesca a ricordare e immaginare», mi spiega. «Una simile concentrazione di potere è davvero molto rischiosa. Pensi che sia giusto che un grande potere come l’intelligenza artificiale sia controllata da poche persone nella sede di Google, senza alcun tipo di controllo?»
L’ultima intervista con Elon Musk si svolge nella sua casa di Bel Air. Lui si presenta con una maglietta con l’immagine di Topolino nello spazio. Oggi non è affatto di buonumore. È una cosa che le persone che gli stanno vicino conoscono bene: un minuto prima Musk recita le sue frasi preferite da una serie tv e un attimo dopo impartisce ordini precisi, ti ignora e, improvvisamente, ti chiede un consiglio su qualcosa, ride fino alle lacrime con te e subito dopo si comporta come se non ti conoscesse. Bisogna imparare a non prenderla sul personale, perché, nella maggior parte dei casi, non ha niente a che vedere con te. Qualche tempo fa Elon Musk ha fatto una inquietante previsione su Twitter: “La competizione per l’intelligenza artificiale potrebbe causare la Terza Guerra Mondiale”. È un argomento che lo fa arrabbiare: «Mettiamo una cosa in chiaro: non ho tutte le fottute risposte. Cerco di compiere delle azioni che possano portare a buoni risultati in futuro. Se hai dei suggerimenti dimmi pure».
Capisco che Musk non mi ha chiamato per parlare dei suoi progetti e della sua visione. Sa bene che non vale la pena parlare di scienza con chi non è in grado di capirla. Vuole solo mostrarmi il mondo che, con le sue società e il suo lavoro, sta cercando di creare, e se possibile riderci un po’ sopra. Si versa un bicchiere: «Non reggo molto l’alcol. Ma quando mi capita di bere, divento più leggero. Spiritoso, quasi».
Quando lascio la sua casa ho ancora il suono della sua risata nelle orecchie. E mi ritrovo a augurarmi che, quando le colonie su Marte innalzeranno il primo monumento dedicato a Elon Musk, non sarà la statua di un uomo severo, con lo sguardo rivolto verso lo spazio. Sarà la statua di un tipo spiritoso.