Paolo Bacilieri lo dice apertamente, la grande forza dei romanzi di Giorgio Scerbanenco sono i suoi personaggi, anime complesse e ricche di contraddizioni, che vivono di pensiero e azione piuttosto che di fisicità e contestualizzazione. Trasporre a fumetti Venere privata, una delle opere più note dello scrittore nato a Kiev ma vissuto fra Roma e Milano, è stata senza dubbio una sfida per Bacilieri, incoraggiato da Igort e da Oblomov Edizioni.
Inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista Linus dall’estate del 2021, il graphic novel ci riconsegna una storia potente e disincantata, che nella sua stesura letteraria si è rivelata determinante per lo sviluppo del moderno genere giallo in Italia. Bacilieri si è letteralmente immerso nelle atmosfere e negli ambienti della Milano anni ‘60, che nelle oltre 150 tavole in bianco e nero rivive nelle architetture e nello stile, nell’esuberanza di quel decennio e nella torbidità delle relazioni sociali. Al centro della trama vi è l’omicidio della giovane commessa Alberta e le indagini di Duca Lamberti, un ex medico radiato dall’Ordine per aver aiutato un’anziana paziente a morire.
Il suo incontro con un ragazzo alcolizzato lo inserirà in un’indagine sempre più ambigua e complessa, capace di svelare la vera indole dei protagonisti e di tratteggiare la psicologia di personaggi decisamente indimenticabili. Elaborato con un metodo irrituale, che ne ha previsto la realizzazione in senso cronologico proprio per dar seguito alla serializzazione su rivista, Venere privata di Bacilieri è un volume che cattura il lettore pagina dopo pagina, svelando un mistero dai tratti noir e aprendosi a temi come l’eutanasia, la prostituzione, l’autodeterminazione della donna, la dipendenza e la sessualità deviata.
In primo piano, nuovamente affascinante e memorabile, una Milano disegnata in modo strepitoso, dove centro e periferia si svelano sia attraverso i simboli di un tempo passato (la Standa, la Motta, i cinema, la vita notturna) sia per mezzo di un degrado socio-culturale messo sempre più allo scoperto. Ma Venere privata è soprattutto una storia avvincente, che parte da una storia di psicanalisi individuale per dipanarsi attraverso investigazioni e dialoghi serrati, inseguimenti ed eccessi d’ira, donne fatali e ragazze perdute. A parlarcene è proprio Paolo Bacilieri, fumettista tradotto in tutto il mondo, tra i pochi autori capaci di inventare un approccio narrativo originale e congiungerlo con un talento autoriale fuori dall’ordinario.
Come è avvenuto il tuo avvicinamento all’opera di Scerbanenco?
In realtà è stato Scerbanenco a scegliere me, o per meglio dire Igort, che ha anche il ruolo di direttore della rivista Linus. Tempo fa mi ha chiesto di lavorare su questo romanzo e mi è sembrato criminale rifiutare.
Leggendo il tuo fumetto mi è sembrato che ci sia stata una crasi stilistica fra la prima parte e il resto del libro, che metodo di lavoro hai scelto?
Si è trattato di un lavoro “in presa diretta” piuttosto che classico e sicuramente questo ha anche modificato il risultato finale. In genere, nella realizzazione di un graphic novel, puoi andare avanti, tornare indietro, ricominciare da capo o magari disegnare subito il finale. Lavorando invece a puntate, seguendo dunque la cronologia del romanzo, lo stesso autore diviene interprete di una progressiva ricerca sul testo scritto e diventa possibile che ci siano delle percezioni di non uniformità, di non perfetta continuità. Credo però che sia anche il bello di questo lavoro, soprattutto perché ho potuto operare direttamente sul testo di Scerbanenco, sulla sua scrittura estremamente solida, granitica, che ti permette di fare cose complesse, smontando e rimontato per rendere visuale quello che nel romanzo è verbale.
Mi è piaciuta molto la costruzione delle tavole, mi è sembrato che tu abbia spesso usato il chiasmo come impostazione di base…
Hugo Pratt diceva che, quando faceva i suoi fumetti, disegnava la sua scrittura e scriveva i suoi disegni. A me è successo un po’ questo, disegnavo prima i balloon e attorno ad essi costruivo la tavola… una cosa assolutamente da non insegnare nelle scuole di fumetto!
Definiresti Scerbanenco uno scrittore di narrativa “popolare” e di genere? Ravvisi una vicinanza con l’hard boiled americano?
Scerbanenco è uno scrittore di statura non confinabile nel genere, uno scrittore vero. Senz’altro c’è un approccio simile a quello che troviamo all’hard boiled americano piuttosto che alla tradizione inglese. In Scerbanenco c’è, come dire, del risentimento, della rabbia, della spigolosità, una visione empatica e pessimista. Pur essendo nato a Kiev, è cresciuto a Roma e a 18 anni è arrivato a Milano. Era dunque italianissimo e questo traspare proprio dal suo sguardo, da quello che chiamo il senso di colpa incorporato propriamente italiano. Ma c’è anche una tenerezza ben nascosta, che utilizza per descrivere i suoi personaggi, che sono la vera forza di questi romanzi.
Ero molto curioso di vedere in che maniera avresti disegnato i personaggi del romanzo, dato che Scerbanenco li tratteggia con delle descrizioni molto scarne, poco accurate. Ti sei fatto influenzare dal film diretto da Yves Boisset, Il caso “Venere privata”?
La ricerca della fisicità dei personaggi è una delle parti più belle e divertenti del lavoro, potremmo definirla quasi un casting. Si tratta di un lavoro molto delicato, dato che quei personaggi li impari a conoscere mentre li muovi, quindi è un processo che va avanti durante la lavorazione. Ci vuole del tempo perché disegnatore e personaggio si conoscano, così da arrivare a quel livello in cui il personaggio vien fuori dalla tua matita senza alcuna difficoltà. Sicuramente la figura chiave del romanzo è Duca Alberti e per trovarlo sono partito dal film di Boisset del 1970. A interpretarlo era un attore francese di chiara fama all’epoca, Bruno Cremer, che a mio parere aveva la faccia giusta, un profilo da uomo d’arme e rinascimentale. Eppure in quel film, Cremer era reduce da una vacanza in Costa Azzurra ed era tutto abbronzato, era troppo bello per interpretare un uomo appena uscito da tre anni di galera. Quindi l’ho guardato in un film francese intitolato 317° battaglione d’assalto, un bellissimo lungometraggio di guerra dove Cremer interpreta un sottufficiale dell’esercito francese, guascone, un po’ stronzo. Ecco, lì ho trovato il mio Duca Lamberti. L’unica cosa che è rimasta molto simile al film che citi è proprio il personaggio di Alberta, che è interpretata da una giovane e mora Raffaella Carrà.
Sia nel romanzo che nel tuo fumetto sono presenti delle ellissi narrative, a mio parere efficaci oltre che necessarie. Tu però hai scelto di mostrare la rabbia ma quasi mai la violenza, che invece è abbastanza pronunciata nel libro di Scerbanenco. La tua è stata una scelta di sintesi?
È vero, in qualche modo ho lavorato quasi come un fotografo in camera oscura, rendendo positivo ciò che è negativo e viceversa. Il romanzo fa a sua volta delle ellissi, si sofferma su momenti di estrema crudeltà e violenza, fa dei salti in avanti e indietro, inserisce dei dettagli. Io ho lavorato un po’ in controtempo.
In copertina c’è scritto che si tratta della prima indagine di Duca Lamberti, quindi c’è il progetto di proseguire con la tetralogia di Scerbanenco? Cos’altro hai in cantiere a breve?
Sì, proseguirò, ma non sarà una cosa immediata, in quanto il prossimo libro che devo finire è quello su Piero Manzoni, a cui sto lavorando già da diverso tempo ed il cui titolo sarà Basta a ciascun giorno la sua pena. C’è però la volontà di andare avanti con le indagini di Duca Lamberti e il prossimo libro su cui mi cimenterò è il mio preferito, Traditori di tutti. Nel frattempo pubblicherò anche un altro noir che ho fatto con Vincenzo Filosa, il seguito di Bob 84.