Per il terzo anno consecutivo, la Mostra del Cinema di Venezia ha una sezione tutta dedicata alla realtà virtuale – Venice VR, nel Vecchio Lazzaretto – dove è possibile trovare il meglio delle “esperienze” create per questa nuova tecnologia. Tra queste c’è anche To The Moon, un viaggio spaziale creato da Hsin-Chien Huang e Laurie Anderson, icona dell’avanguardia newyorkese, che ha curato anche sceneggiatura e musica. «La realtà virtuale ti permette di camminare nelle immagini, di camminare nella musica, e questa cosa ha risvolti meravigliosi», dice la performer. «Ci siamo riappropriati dei nostri corpi, è come quando negli anni ’80 hanno inventato i Walkman e improvvisamente la musica è diventata portatile».
Anderson è una presenza familiare al pubblico di Venezia: «La prima volta che sono stata qui è stato per la Biennale del 1980. Non avevano un posto in cui si potesse suonare e mi hanno fatto esibire in una chiesa, sotto il crocifisso. Ero spaventata, poi è arrivato il pubblico e mi sono innamorata. Qui c’è uno spirito d’improvvisazione, una versatilità, non c’è niente di rigido», dice.
In To the Moon gli spettatori partono per un viaggio lontano dalla Terra, camminano sulla superficie lunare, volano tra i detriti dello spazio e attraversano la struttura del DNA. Un’esperienza sospesa tra arte e scienza, due mondi che secondo Anderson – prima residence artist della NASA – hanno molto in comune: «Artisti e scienziati sono molto simili. Lavoriamo nello stesso modo: creiamo cose e chi facciamo domande. E forse è questo il nostro ruolo nell’universo: interrogarci. Non sappiamo perché siamo qui. Non sappiamo da dove veniamo. Non sappiamo cosa stiamo facendo. In questo, arte e scienza hanno lo stesso approccio: inventare cose, fare domande. E non cercare per forza una risposta».