Non mi va di chiamarla Factory, anche se Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto fa pensare proprio a quel magico luogo d’incontro che leghiamo al nome di Warhol. È una ex fabbrica tessile a pochi minuti dal centro di Biella, che Pistoletto (classe 1933) ha acquistato all’inizio degli anni ’90 e trasformato in un laboratorio di creatività che brulica di ragazze e ragazzi provenienti da tutto il mondo: «È un luogo creato per congiungere l’arte con la società, con tutti gli ambiti della vita sociale» ci dice il grande Maestro, che abbiamo incontrato in occasione dell’apertura delle nuove mostre di Cittadellarte. E allora andiamo a fare un giretto con lui per questa fabbrica e ci facciamo una chiacchierata.
Sono già stato qui a Cittadellarte e conosco Pistoletto, ma ogni volta devo sforzarmi per dargli del tu come chiede. Ha un’aria da sciamano, somiglia incredibilmente a Sean Connery. Ha esposto nei Musei di mezzo mondo ed è certamente l’artista italiano vivente più influente a livello globale, ma rifugge la reverenza e cerca di mettere a proprio agio tutti, abbattendo il muro della soggezione che sa di creare nei suoi interlocutori. Sembra molto felice delle esposizioni appena aperte: «Queste mostre mettono in contatto vari aspetti: architettura, nutrimento, educazione. Elementi messi in moto ormai da tempo qui a Cittadellarte. Insomma con queste esposizioni esposizioni si mostra quello che sta succedendo».
C’è Politics of Affinities, una mostra di programmi sperimentali che trasforma le aule in luoghi della democrazia, o Banca del Germoplasma Migrante, una raccolta di semi che l’artista Leone Contini ha concepito come pratica artistica in connessione con le comunità locali, spingendo la sua ricognizione fino al centro per i migranti richiedenti asilo. «Sono mostre attive, che portano poi a questo sviluppo di Cittadellarte verso un coinvolgimento locale, nazionale e internazionale».
Quanto è importante per te essere circondato da giovani?
Non mi interessa che mi circondino, mi interessa essere utile con la mia esperienza. I giovani sono quelli che devono produrre il cambiamento, devono lavorare per loro stessi, per far crescere un mondo dove si troveranno meglio. Quelli della tua generazione devono approfittare dell’esperienza degli anziani per poi sviluppare una propria attività di impegno trasformativo della società.
Credi che ci riusciremo?
Secondo me sì. C’è molto smarrimento, ma anche molto desiderio, molto desiderio di formare la propria esistenza in qualche maniera. Gli insegnamenti sono molto opachi e quindi bisogna ravvivare la formazione sotto tutti gli aspetti.
Forse mancano gli strumenti.
E invece ci sono. La musica per esempio è un elemento di grande connessione, di grande comunicazione. Si dovrebbe fare più musica che abbia senso, non solo senso “amoroso”, ma senso sociale.
Ecco, a proposito: arte, educazione, ecologia, economia, politica, spiritualità, produzione, lavoro, comunicazione, architettura, nutrimento, moda. A Cittadellarte c’è ogni tipo di nucleo operativo, quelli che hai chiamato Uffizi, ma manca la musica.
La musica non è esclusa, c’è, è sempre stata presente nelle attività. Abbiamo una zona dedicata alla performance, poi c’è il concept, luogo dove si fa musica. È un elemento che abbraccia spesso gli altri. Poi c’è anche un rapporto personale: ho lavorato con Gianna Nannini, con Enrico Rava, ma anche con musicisti più classici.
Che musica ascolti?
A me piace la musica rock, e poi tutta quella che porta a condividere le sensazioni con i giovani e con la società.
Ci imbattiamo in 500X1000, una mostra dove le opere si possono acquistare e mettono in moto una sorta di staffetta: la metà del ricavato (il 500×1000, appunto) andrà all’autore dell’opera, l’altra metà servirà per ospitare nuovi artisti che dall’Italia e dal mondo vorranno fare un’esperienza a Cittadellarte. Mi viene da pensare che questa è la vera cifra dell’intellettuale Pistoletto, che nel corso degli ultimi decenni è stato uno degli artisti più celebrati del mondo e però spesso mollava il mercato sul più bello: quando i suoi lavori arrivano all’apice, da sempre Pistoletto stravolge il suo “marchio di fabbrica” e comincia a fare cose nuove, come a voler scappare al diktat dei mercati.
Hai un’avversione verso i simboli? Ho come l’impressione che a volte rinunci a un linguaggio appena questo si è affermato.
Non ho mai rinunciato a niente, semplicemente ho sempre proposto qualche cosa che portasse fuori da quella condizione che era totalmente legata al sistema speculativo del consumismo capitalistico. L’artista non può diventare puro strumento del sistema capitalistico e consumistico, deve mantenere la propria autonomia e portare novità per il cambiamento della società.
Scusa se insisto sulla questione generazionale: la tua ci è riuscita?
Dipende da chi, non si può mettere tutta una generazione insieme. Ci sono artisti che hanno fatto cose che posso rappresentare le radici del cambiamento, ma poi non tutti hanno fatto crescere la pianta, sono rimasti alle radici. Ora si deve far nascere la pianta, che nasce per esempio dall’Arte Povera, che porta il concetto dell’essenziale, dell’anti-spreco, dell’anti-crescita inconsapevole e insensata.
Deve farlo l’arte?
L’arte non può fare tutto da sola, però può procurare degli stimoli e produrre dei simboli. Può fornire il meccanismo della creazione come base, perché poi tutti lo possano utilizzare per il cambiamento. Io ho aperto Cittadellarte, che deve diventare la civiltà dell’arte. Dell’arte come motore della trasformazione a tutti i livelli.
Cittadellarte
via Serralunga 27, 13900 Biella
ESPOSIZIONI TEMPORANEE FINO AL 31 DICEMBRE 2016:
• Banca del Germoplasma Migrante
Mostra di Leone Contini a cura di Cecilia Guida e Juan Sandoval in collaborazione con Let Eat Bi
• Politics of Affinities. Sperimentazioni tra Arte, Educazione e Politica Mostra
a cura di Silvia Franceschini
• 500per1000 – Artista sponsor del Pensiero Mostra
a cura di Ufficio Arte_CIttadellarte