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Sascha Goetzel: «’Imagine’ cattura la visione di un’intera generazione in una singola opera d’Arte»

Il direttore d’orchestra ha collaborato a ‘IMAGINE’ con una performance ispirata al ‘Bacio’ di Klimt. Qui racconta il suo legame con Lennon: «Ci ha insegnato che gli artisti hanno una responsabilità»

«Imagine – Un bacio da Vienna è nato attraverso la dolorosa esperienza dell’oscurità sociale e del silenzio che tutti noi abbiamo vissuto e stiamo vivendo» dice il Maestro Sascha Goetzel della versione orchestrale di Imagine che ha arrangiato – e suonato di fronte al Bacio di Klimt con la Neue Wiener Concert Schrammeln –, come se fosse una composizione per musica da camera. La canzone di Lennon, spiega, ha fatto prendere vita a un museo svuotato dalla pandemia, e ci permette di «immaginare un mondo più equo e libero da convenzioni vetuste». Questa nuova versione è la copertina di IMAGINE, la campagna di Rolling Stone in cui l’arte sostiene l’arte (per maggiori informazioni leggete qui).

Sascha Goetzel è un musicista, direttore artistico e direttore d’orchestra viennese. Ha lavorato con alcuni degli ensemble più importanti d’Europa, e dopo il successo internazionale dell’esperienza con la Borusan Istanbul Philarmonic, dal 2019 è il principale direttore ospite della Sofia Philarmonic, che guiderà in un ciclo dedicato alle opere di Gustav Mahler. Nel corso della sua carriera ha anche lavorato con molti solisti – Maxim Vengerov, Murray Perahia, Rudolf Buchbinder, Yuja Wang, Vadim Repin, Daniel Hope, Hillary Hahn e Branford Marsalis – e con diversi progetti legati all’educazione dei giovani musicisti. Goetzel e la Borusan Istanbul Philarmonic hanno pubblicato diversi dischi con le prestigiose etichette Deutsche Grammophon e Onyx, tra cui Baïka (2018), Turnage & Berlioz (2018), Tchaikovsky: Violin Concerto Rococo Variations (2017), Carmen (2016), Rimsky-Korsakov: Sheherazade (2014), Music from the Machine Age (2012), e Sascha Goetzel conducts Respighi, Hindemith & Schmitt (2010).

Abbiamo contattato il Maestro Goetzel per chiedergli del suo legame con la musica di Lennon, dello stato di salute della classica e di come ha lavorato alla sua versione di Imagine.

Quando senti pronunciare le parole “John” e “Lennon” una di seguito all’altra qual è il primo pensiero o ricordo che ti viene in mente?
Insolito, non convenzionale, progressista e innovativo. Partendo dallo stile di composizione per passare ai testi, alle armonie e dalle tecniche di registrazione fino alla sua visione umanitaria, Lennon ha cambiato il modo in cui l’artista è artista e soprattutto come il mondo vede gli artisti. Se Wolfgang Amadeus Mozart fosse nato nella seconda parte del XX secolo, il suo nome sarebbe potuto essere John Lennon.

Se lo osservi attraverso il filtro della storia, chi è John Lennon oggi?
Oggi John Lennon è un’icona per ogni artista al mondo, indipendentemente dal background da cui proviene. Quello che ci ha insegnato è che in quanto artisti abbiamo una responsabilità. Una responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo. Non che tutti gli artisti possano essere attivisti, ma attraverso lo sguardo di John abbiamo imparato che riflettere su ciò che sta accadendo nel nostro pianeta usando la nostra arte come mezzo di espressione, creando quindi una sorta di “time capsule”, crea una risonanza nelle persone e genera una riflessione, anche in quelle che di riflettere non ne vogliono sapere e si limitano ad assorbire in modo passivo. John Lennon è questo che fa: ti fruga dentro e chiama all’azione. 

Come hai legato la tua visione artistica al progetto IMAGINE? E come è nata?
“Immagina” se potessi catturare la visione di una intera generazione in un unica opera d’Arte. Questo è quello che Imagine rappresenta, così come il Bacio di Klimt.  Entrambe sono un simbolo senza tempo di bellezza, amore, ricerca di pace e armonia, desiderio: ognuna nelle sue sfumature di significato. Emozioni simili sono alla base delle esigenze di ogni essere umano. A causa delle restrizioni del Covid-19, siamo stati costretti a limitarci e a dover funzionare all’interno di un dato sistema. Invece di condividere la bellezza e la vicinanza, siamo andati incontro ad una sorta di “sterilità”, semplicemente adempiendo a determinati ruoli, seppur necessari. Come esseri umani per natura abbiamo bisogno della “presenza” e questo concetto non può e non deve essere messo da parte. Imagine – Un bacio da Vienna, è nato attraverso la dolorosa esperienza dell’oscurità sociale e del silenzio che tutti noi abbiamo vissuto e stiamo vivendo per le restrizioni del Covid-19. La musica in quanto linguaggio universale ha bisogno del silenzio per essere ascoltata, così come la luce ha bisogno dell’oscurità per essere vista. Un museo vuoto, pieno di silenzio, prende vita attraverso i suoni messi in armonia, lasciandoci immaginare attraverso il simbolismo del bacio di Klimt, un mondo – “è facile se ci provi” – più equo e libero da convenzioni vetuste.

Imagine di John Lennon è una delle canzoni pop più famose al mondo. Spiccano semplicità e naturalezza negli accordi, nella registrazione, nell’arrangiamento e nel testo. L’introduzione suonata al pianoforte è quasi imprescindibile. Cosa vuol dire suonare o arrangiare una canzone così? 
Ogni brano musicale iconico ha un universo sonoro e un linguaggio musicale unici. Pensa alla Quinta sinfonia di Beethoven, Zarathustra di Richard Strauss o Imagine di John Lennon. Non si tratta solo di una semplice introduzione al pianoforte, ma di come viene suonata, modellata ed eseguita. In ogni opera d’Arte, il “cosa” è solo tecnica, è il “come” a darlo alla storia.

Nella musica di Lennon e dei Beatles ci sono tante contaminazioni musicali: blues, skiffle, rock’n’roll, psichedelia, soul, musica classica indiana e ovviamente anche sinfonica. C’è una canzone di Lennon che potresti immaginare come una piccola opera classica ?
Tra tutte le canzoni che conosco non direi. Ho letto che una volta John scrisse al suo arrangiatore chiedendogli di far sembrare una sua canzone “barocca”, ma dobbiamo considerare che la sua musica è sempre stata collegata a un significato umanitario o politico, mentre se parliamo di Classica per il 99% nasce da un contesto musicale Assoluto con qualche contenuto etico allegato, ma mai il contrario.

Raccontaci dove ti “trovi” attualmente, dal punto di vista personale e artistico
Parlando dal punto di vista personale, in questo momento mi godo un po’ di riposo dal mio divano a Vienna, mentre la mia bellissima ragazza italiana tenta di dare un senso ai miei concetti traducendo questa intervista. Artisticamente invece, oltre al mio lavoro di direttore d’orchestra e direttore artistico, sono preso da un progetto in cui credo molto: ho appena fondato una nuova piattaforma online per la scena musicale e culturale freelance Viennese, “Vienna Art Network”, e insieme al mio socio Peter Hosek abbiamo creato quello che crediamo possa essere un modello futuro per tutti gli artisti che necessitano di esprimersi liberamente, con solo la loro arte al centro di ogni progetto. Ogni artista diventa come un partner, può guadagnare direttamente e in modo trasparente da ogni spettatore e, a differenza delle grandi piattaforme di streaming, verrà direttamente coinvolto nelle vendite. Al momento abbiamo la nostra prima collaborazione online – un calendario musicale Natalizio Viennese – e a gennaio inizieremo con le nostre prime grandi produzioni girate in alcuni dei luoghi più belli di Vienna, come lo Schloss Schönbrunn, il Palazzo del Belvedere e il Museo di Storia dell’Arte. Con questa piattaforma desidero dare alla scena artistica freelance una possibilità di svilupparsi lontano dalle solite idee degli ormai stantii formati mainstream, e cercare infine di “reimmaginare” il mondo dell’arte di oggi.

Qual è lo stato di salute dell’Arte? E quello della tua arte?
Per le arti dello spettacolo? Quasi apocalittico. Come musicista classico e direttore d’orchestra, posso dire che al momento abbiamo un mondo diviso. Gli artisti istituzionali ottengono ancora una certa somma di denaro a seconda dei loro cachet, che nella maggior parte dei casi ne garantiscono l’esistenza, anche senza esibirsi. Al contrario, gli artisti freelance praticamente non hanno più entrate in quanto dipendono dalle loro performance. Il pericolo di perdere circa il 30-40% della nostra diversità nella scena artistica della musica classica è reale. È un momento evolutivo non solo biologicamente parlando, ma anche in termini di trasformazione all’interno della nostra società. L’arte non solo ha il potere di costruire ponti tra le persone indipendentemente dal loro background culturale, ma ne crea anche l’identità. La storia del genere umano è la storia delle culture. Gli artisti, da migliaia di anni, sono l’anima di ogni cultura. L’arte è una forma di comunicazione, nessuna forma di comunicazione esiste senza cultura, nessuna cultura esiste senza comunicazione. Se perdiamo la diversità nelle arti, perderemo la diversità nelle nostre culture. Il risultato per le nostre pacifiche comunità potrebbe essere grave, a partire dal dilagare dell’ignoranza che porta con sempre con se la mancanza di rispetto e la non accettazione del diverso. Se la diversità dell’arte si estinguerà, la pace nella nostra società si estinguerà. Ecco perché dobbiamo aiutarci e sostenerci, partendo da iniziative come anche questa di Rolling Stone, “Lennon80”.

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