La prima immagine ben chiara nella mia mente con protagonista Tony Ward sono le foto di Herb Ritts a fine anni ’80. Le ultime immagini che mi ricordo invece di aver visto di Ward sono quelle di lui con il cazzo in mano, cappello da cowboy in testa e lingua fuori in un editoriale un po’ sopra le righe. Certo è che Ward è uno dei modelli più importanti della storia della moda, avendo caratterizzato con quella faccia un po’ così il fashion business e un po’ di mondi lì vicino. Come tutti si ricordano, è stato fidanzato di Madonna, protagonista con lei del libro Sex e del video parecchio spinto di Justify My Love. La caratteristica principale di Ward è l’estrema sessualità che ha sempre caratterizzato il suo lavoro, rendendolo più o meno volontariamente, un’icona gay e oggetto del desiderio per parecchi.
Partiamo dall’inizio?
Cosa vuoi sapere? Ho un sacco di storie da raccontarti.
Non sei mai stato un modello classico.
Sono stato scoperto da un insegnante di storia in un parcheggio. Avevo 18 anni. A quel tempo avevo già mollato il college, ero un bodybuilder e lavoravo in una compagnia aerospaziale. Mi ha visto e mi ha detto “Sei incredibile, vuoi fare il modello? Vorrei fotografarti”. Io mi sono detto “Che cazzo vuol dire fare il modello?”, non avevo nessuna idea. Alla fine salta fuori che lui faceva scouting per il mondo del porno. Quindi ho iniziato così, lavorando con tre o quattro riviste hot. Diciamo che nella mia storia c’è sempre stato qualcosa di sessuale. Prima di fare il modello davvero mi avevano scattato già in tutti i modi. Poi mi sono allontanato da quel giro, ho trovato un manager e nel 1984 circa sono entrato nella moda. Proprio quando è diventato un business vero. Sapevo di avere qualcosa di artistico dentro di me.
E lì hai capito cosa voleva dire essere un modello?
Sono cresciuto tanto, ho imparato molto in una decina di anni. È interessante: ho lavorato tanto sul mio corpo perché non mi piaceva la mia faccia. Quello che facevo per me era arte, per spiegarlo alla mia famiglia ho mostrato delle foto di opere classiche, statue greche… Era strano, certo, ma per me era normale.
Oggi qualsiasi forma d’arte è sotto inchiesta, in qualche modo.
Sei stato sempre molto rigido con te stesso.
Fino a 24 anni non ho bevuto, nè assunto droghe. Avevo lavorato tanto per costruire il mio corpo e non volevo distruggerlo. Poi, all’improvviso, è cambiato tutto. Ho iniziato a fumare, ho iniziato a spostarmi verso una zona grigia, diciamo. Ho cambiato testa. Ho mandato a fanculo tutti! E pensa un po’, questa attitude piaceva a tutti! Erano gli anni dell’heroin chic, quindi era il momento giusto. Che poi, heroin chic… le droghe sono sempre state presenti in quel mondo. C’è troppa pressione. Anche se, oggi sono tutti sotto osservazione, tutti devono essere pulitissimi.
È un mondo che è cambiato?
Drammaticamente cambiato. Prima era molto artistico, l’arte era la parte principale del processo produttivo. Ovviamente, lo scopo finale era vendere qualcosa, ma tutti erano artisti, i soldi, il business erano cose secondarie. Oggi è un casino. Il mondo è cambiato, è un casino vero. Stiamo ancora creando, ma è tutto finalizzato alle collezioni, alla vendita. La macchina ha cambiato passo.
Colpa dei social, come dicono tutti?
Sono tutti needy. Tutti scrivono, tutti comunicano. Puoi tenerti qualcosa per te? Sembra di no.
È cambiato anche il rapporto con il nudo e con il sesso nella moda e nell’immagine in generale.
Penso che il commercio sia diventato una forma d’arte esso stesso. Quindi non ha più bisogno di un’immagine di stampo artistico. La mia mentalità è sempre stata un po’ wild. Ho lavorato con Terry Richardson ed è sempre stato così: “Spogliati! Corri nudo! Salta sulle ragazze!”. Le persone si aspettavano che io mi spogliassi, in ogni occasione. Mi piace ancora l’immagine così, più radicale, più spinta, ma forse il luogo giusto non è quello della moda.
Hai lavorato spesso anche nel mondo della musica. Non voglio parlare di Madonna, mi sembra che tu abbia detto abbastanza…
Più che abbastanza! Diciamo che la musica è sempre stata una parte importante della mia vita, conosco tanti musicisti, ho girato tanti video musicali: era divertente. Considera che negli anni ’80 i modelli venivano trattati di merda. Stavamo seduti tutti insieme, quando tutto era pronto entravi, facevi la tua parte ed era finito. Ci facevamo qualche canna, stavamo insieme, era divertente. Poi, certo, c’è stata anche Madonna, ma ho lavorato tanto anche con altri. Non sono ossessionato da lei, non ho i suoi dischi, non è la mia cantante preferita! (Ride) Ma dal primo giorno in cui l’ho vista ho capito che l’avrei conosciuta, in qualche modo.
Sei stato giudice per Elite Model Look (per la finale, a Milano, come potete vedere nelle foto qui sopra, nda) dove dei giovani modelli provano a sfondare. Che consigli daresti a uno di loro?
Prima di tutto, cerca una guida, non ascoltare solo i tuoi agenti. Dovresti lasciare l’ego alla porta ed essere te stesso. Devi prenderti cura di te: non è un gioco, è un business. La gestione dei soldi è fondamentale e io non sono stato molto bravo in questo (ride). E non avere paura. Se qualcuno ti ruba i soldi, se qualcuno ti molesta… fai qualcosa. Parla. Non aspettare che gli altri facciano qualcosa per te.
Ti è mai successo?
Sui soldi sì, te l’ho detto. Per il resto, certo all’inizio, l’ambiente in cui lavoravo era molto maschile, tutti questi uomini si conoscevano, giocavano, eravamo nel mondo del porno. C’è stato un sacco di auto-scoperta. È successo qualcosa? Sì, ma niente di incredibile. Avevo 18 anni, ero giovane. Per i primi dieci anni, è successo sempre qualcosa. Era un tempo diverso, c’erano dei palpeggiamenti durante gli shooting, durante i casting. Credo che succeda ancora oggi. E credo anche che per parecchi anni la gente pensava che in qualche modo dovesse succedere. Oggi qualsiasi forma d’arte deve essere giudicata, è sotto inchiesta in qualche modo. Richardson è attaccato per quello che ha fatto, prima era celebrato… Credo che ci siano tanti fatti che devono ancora uscire. Penso sia soltanto l’inizio. Ma dobbiamo stare attenti a interpretare quello che succede, a processarlo.
E com’è Tony Ward oggi? Ti fai ancora delle domande sul tuo lavoro?
Certo. Ho lasciato la scuola, ho fatto solo un anno di college. Oggi ho dei figli di cui prendermi cura, faccio le lavatrici, mi prendo cura di casa mia. Sono un artista, ma a volte vorrei avere un vero lavoro, mi faccio delle domande. È giusto così, ti rende libero.