Alberto Piccinini: Sai cosa penso del nuovo video di Elodie? Che la cosa veramente porno è la parte girata tra il sottopasso della Stazione Centrale e qualche via a caso del centro di Milano, roba da MTV degli inizi, lei in canotta e pantaloni combat, nemmeno in un porno vero gliela passerebbero oggi. Leggo che i registi Morelli Brothers sono fotografi di moda “partiti da Bari Vecchia che ora vivono a Los Angeles” e mi fa piacere per loro, ma dovrei approfondire. Il resto del video non è molto più di un spot per una saponetta ecologica, una crema di bellezza che rispetta l’ambiente e anche la tua pelle, neppure di marca. Il verso “Settembre, nessuno ti serba rancore” mi piace. “Ti vedo mentre guidi a fari spenti” è una sottile presa di posizione sulla diatriba Mogol-Battisti, mi piace meno. Invece la calata degli hater sulla povera Elodie che, ricordo, fu una delle poche a dire che Giorgia non le stava simpatica, mi preoccupa e esprimo solidarietà.
Giovanni Robertini: Egalité, Fraternité, Beyoncé… Elodié. A ognuno l’empowerment che si merita, e come giustamente hai notato la location del videoclip dice tutto. Siamo alla Stazione Centrale di Milano, a qualche metro dalla via Gluck di Celentano. Tocca ricordare il testo della canzone: il Molleggiato racconta di quando quel pezzo di città, oggi quasi NoLo, era campagna e il protagonista lo abbandona per andare in città lasciando lì i ricordi della giovinezza. Anni dopo è ricco, potrebbe comprarsi la sua vecchia casa ma quando torna trova solo cemento (“E quella casa in mezzo al verde ormai dove sarà, ah”) e dei vecchi amici non c’è traccia. Eccola la gentrification, e pure Elodie quando tornerà nella borgata romana di Quartaccio… cosa troverà? Una pokéria, una sede di co-working, monopattini elettrici, e poi? Forse dei trapper maranza che girano un video con i Morelli Brothers su una Maserati Levante. Oppure Bianca Censori, l’iper boombastica Elodie del metaverso Kanye, che fa shopping alla boutique Marni di Quartaccio. “Se andiamo avanti così, chissà / Come si farà”.
AP: Sante parole. Adesso però ti devo dire la mia delusione più cocente delle ultime settimane. “Ormai non è più uno spoiler” scrive Gianmarco Aimi nell’intervista a Mauro Repetto qui su RS. Ahi! Repetto era l’altra faccia degli 883, dark side proprio come la luna, la parte migliore. Non perchè fosse meglio o peggio del povero Max Pezzali, soltanto perché a un certo punto aveva avuto il coraggio di sparire in un’altra dimensione indicando a noi tutti che anche quando fossimo stati nel più nero dei casini una possibilità era rimasta: andare a impersonare Pippo a Disneyland Parigi, col costume, il cappello e le scarpe gialle lunghe un metro. E invece no. Repetto ha lavorato a Disneyland Parigi, ma Pippo non lo ha fatto mai. Delusione. Credo che per primo lo abbia dichiarato sul Venerdì al nostro amico Fabio De Luca, il quale è ancora in libreria con il libro sui Righeira e si è guardato bene dal tacere questa ombra sulla storia degli 883. Ho capito pure che Repetto oggi considera i Pinguini Tattici Nucleari eredi degli 883 e sta lavorando a un progetto suo tra rap e rock. A questo punto non credo che prenderò in mano la biografia, ho paura di quel che potrei trovarci. Metto Repetto a Disneyland tra i sogni infranti della nostra gioventù, tipo Veltroni in Africa.
GR: Ci voleva un saggio di Recalcati sul mito di Repetto, non una biografia: la sparizione come catarsi. Per la cronaca ci basta il poraccio che se l’è squagliata a Patrasso lasciando famiglia e fingendo il suicidio, roba da Alberto Sordi con la regia di Chi l’ha visto?. Eppure, leggendo una delle ultime interviste di Lazza in cui dice che non avrebbe voluto diventare famoso, e ora – dopo milioni di views e palazzetti sold out – ha un po’ di paura e di chiede «e ora che faccio?» sento bussare il fantasma di Mauro Repetto. Luché, in una chiacchiera con Essemagazine, ha detto che tra qualche anno tutti i giovani rapper e trapper che affollano le classifiche di Spotify saranno sulla chaise longue dell’analista, cercando di cogliere il senso di quel fugace successo e dell’obsolescenza programmata dei dischi di platino di cui sono protagonisti e vittime. Tocca scegliere: Pippo a Disneyland o Freud feat. Lacan con l’Auto-Tune?
AP: Ai nostri lettori fregherà pochissimo che l’altra sera ci siamo incontrati a Roma ad una presentazione di un libro davvero curioso e dal titolo intraducibile. Undrowned, in-affondato, di Alexis Pauline Gumbs, attivista poetessa militante queer 41enne, Edizioni Timeo. Il sottititolo recita: “Lezioni di femminismo nero dai mammiferi marini”. Pauline Gumbs, con un linguaggio che sfiora la poesia e non teme di ricordarmi Il gabbiano Jonathan Livingston ci invita a prendere esempio dalle balene: dal loro stare in gruppo, riconoscersi anche nelle proprie cicatrici; spiega che dovremmo metaforicamente (e non) imparare a vivere e respirare sott’acqua come fanno loro, anche perché tra un po’ col riscaldamento climatico ne avremmo molto bisogno. Praticamente il mondo all’incontrario del generale Vannacci. Tu sei riuscito a leggerlo? Gumbs dico, non Vannacci. E fin qui ok. Ma siccome lei non c’era, vorrei spiegare ai lettori che la presentazione verteva su un lungo dialogo a ruota libera tra la traduttrice e uno scrittore. Non è la prima volta che assisto a cose legate a questa nuova forma acquatica della politica radicale. Sono tutte uguali: non hanno un inizio, né una fine; non hanno quasi neppure un scaletta di argomenti e non cercano di convincerti a fare (o non fare) qualcosa. Penso che siano un effetto dei lunghi pomeriggi passati su Zoom perdendosi nel flusso dei pensieri, ma ci devo pensare meglio. Attenzione, sta arrivando un nuovo stile politico: fine della retorica, inizia l’era dell’ipnotica.
GR: Mi devo ancora riprendere, mica facile uscire dall’ipnosi. La presentazione era anche un po’ Ecce Bombo, ma sentivo che mancava qualcosa. Forse un microfonone di quelli che usano su TikTok per fare i video ASMR, con i trigger neuropsicologici che si sovrappongono al flusso di pensiero, annullando ogni forma di senso. Ma forse per quello basta Del Debbio su Rete 4.
AP: Anche Daniela Pes, che ho visto l’altra sera, appartiene all’era dell’ipnotica. Anche Caterina Barbieri. Sarò io, ma mi pare di vivere in un mondo in cui i confini tra le cose si vanno progressivamente svanendo. E questo, in tempi in cui tutti si stracciano le vesti sull’immigrazione e come fermarla, mi pare bene.