Tra i campi che sono stati tabù per gli afroamericani c’è anche la libertà di esporre il proprio corpo. Nella vita privata ma anche nella moda. Durante la Seconda Guerra Mondiale le pin up che facevano parte del bagaglio di molti soldati statunitensi erano esclusivamente bianche. Non solo perché fino alla sentenza della Corte Suprema Loving v. Virginia del 1967 in 16 Stati erano vietati i matrimoni interrazziali, ma anche perché lo sguardo che si posava sul corpo femminile si supponeva essere quello del maschio bianco di ascendenza anglosassone. E quindi il modello era quello. La ragazza bianca, e possibilmente bionda. Per il “divertimento degli uomini”, come dice letteralmente il sottotitolo storico di Playboy.
Ma già nel marzo 1965 c’è una piccola crepa, con la prima copertina dedicata a una modella afroamericana, Jennifer Jackson. Non è casuale che sia stato scelto quel mese. Il 7 marzo era cominciata la marcia per i diritti civili da Selma a Montgomery che era culminata nella violenta repressione della polizia statale dell’Alabama e il 17 marzo i due leader del Senato, il democratico Mike Mansfield e il repubblicano Everett Dirksen, avevano presentato il disegno di legge di quello che sarebbe poi diventato il Voting Rights Act, che proibiva una volta e per sempre la mancata registrazione degli elettori afroamericani per motivi razziali, come ancora ampiamente praticato dagli Stati del Sud.
Ma è solo nel 1990 che Renee Tenison vince il titolo di Playmate of the Year, che adesso non viene più assegnato. L’ultima a vincerlo, nel 2019, è stata un’altra afroamericana, Jordan Emanuel. Nata nel 1993, ha un background di studi in giornalismo e storia dell’arte e una visione profonda dei rapporti di forza nel mondo del fashion che tendono a mettere ai margini le modelle nere o a darne un’immagine stereotipata, come da lei scritto in un recente editoriale sul Reader’s Digest. L’abbiamo raggiunta per farci raccontare quali sono i suoi obiettivi e perché abbia scelto di farli anche attraverso l’uso consapevole del proprio corpo.
“Penso che anche il mondo dei magazine come Playboy abbia un ruolo nel promuovere la diversità” ci racconta Emanuel. E aggiunge: “La sessualizzazione del corpo femminile in passato è stata di certo usata per il piacere maschile, ma quello che sfugge ad alcune autrici femministe è che può essere usata anche in modo completamente diverso e molte donne si sentono rafforzate dall’esporre il proprio corpo. Non dovrebbero essere giudicate per il modo di esprimere che scelgono”.
E sul femminismo aggiunge: “Penso che qualcuno si dimentichi quello che è l’essenza di questa corrente di pensiero: lottare per uguali diritti e uguale trattamento”. Emanuel continua anche ad essere una giornalista, scrivendo pezzi sia su Playboy che su Reader’s Digest: “Non ho mai smesso” ci dice. Nei giorni successivi alla morte di George Floyd ha utilizzato il proprio profilo Instagram con i suoi 46 mila follower per informare i lettori attraverso le stories: per donare alle associazioni che sostengono le lotte antirazziste, per registrarsi e votare e per scegliere un modo attivo di combattere il pregiudizio razziale. “Non credo che Instagram debba essere necessariamente un luogo di diffusione delle notizie, ma ho sentito la necessità di esprimermi per dire ai miei seguaci il mio pensiero riguardo ai valori per i quali combatto, che sono l’uguaglianza e l’inclusività”.
Su questo argomento ha anche fondato insieme ad altre socie una fondazione chiamata Women with Voices: “Abbiamo diversi programmi sull’imprenditoria femminile e l’istruzione finanziaria, per aiutare le donne che ne hanno necessità a fare impresa e a aumentare le proprie skill lavorative. Ma pensiamo anche alle migranti e a chi ha problemi in famiglia. Io curo personalmente due programmi sulla liberazione sessuale e sulla salute mentale che ritengo siano due questioni estremamente importanti per il benessere femminile” aggiunge Emanuel.
L’ultima playmate dell’anno quindi ha una visione militante delle cose e vuole far capire la propria visione di “donna nera nel mondo dello spettacolo”. Che non è più quella tradizionale, centrata sulla visione maschile, ma che ha obiettivi di trasformazione culturale attraverso i nuovi movimenti come il #metoo e Black Lives Matter.