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Come si scrive un (bel) racconto porno

Ce lo spiega Alice Scornajenghi tramite un estratto del suo libro 'Atti puri' e alcuni consigli: «Bisogna essere specifici, precisi e dettagliati e niente eufemismi, la f*ca non è un'orchidea»

Non credo che esista una ricetta unica e infallibile per entrare nel meraviglioso mondo dei racconti zozzi, però scriverli è così divertente che chiunque dovrebbe almeno provare, quindi ecco qualche personalissimo consiglio per iniziare.

Innanzitutto, quelli bravi dicono che scrivendo è importante tenere a mente il proprio pubblico. Ecco, per un porno può essere ancora più d’aiuto se questo pubblico ha un nome e un cognome e aspetta il tuo racconto, perché scrivere è entusiasmante all’inizio, ma un po’ faticoso nel mentre, come il sesso orale, e come per il sesso orale se uno pensa al piacere dell’altra persona non perde slancio. Un’altra cosa che aiuta è partire avendo in testa la scena madre, cioè la scopata principale che si ha voglia di raccontare. Tutto il resto è l’incredibile storia di come ci siamo arrivati. Per la descrizione delle scene porno, invece, due cose: uno) come dicono quelli forti, bisogna essere specifici, precisi e dettagliati; due) nessun pudore, meglio evitare gli eufemismi, il cazzo non rende se chiamato membro gonfio e teso e la fica non è un’orchidea, per niente.

Chiudo con un consiglio molto pratico: scrivere porno è arrapante innanzitutto per chi scrive, ma se uno si masturba ogni volta che si eccita scrivendo, ci mette una vita. Il mio consiglio è farsi edging da soli, è divertente e fa bene al racconto.

Questo estratto contenuto nel mio Atti puri (Nero, 2023) si intitola La scala su cui esistiamo. In questo racconto il Messia è tornato e i suoi miracoli consistono nel realizzare desideri che durano 24 ore. La protagonista è una ragazza che ha chiesto un pene e ora si trova con una sua amica:

«Posso vederlo?»
Resto zitta un attimo.
«Se non è un problema, eh.»
«Ma sì, dai.»
Tanto qualsiasi cosa vedrà, penso, sparirà tra ventiquattro ore. Ci spostiamo in bagno, scegliamo quello in fondo e ci chiudiamo dentro. Alzo la gonna, abbasso i collant e lo tiro fuori. Salta in su come una molla, Sandra resta zitta qualche istante a rimirarlo.
Mi piace che lo guardi.
«No vabbè, è bellissimo. Ma è un po’ celeste o è la luce? Oddio dovresti fare dei video: grande cazzo glossy».
«Ahaha, sì.» Ho una voglia tremenda di toccarmi per dare sollievo a questa erezione, vorrei essere sola, magari dopo torno in bagno per conto mio.
«Ma come mai è così duro?»
«È così più o meno da quando è comparso…» mento.
«Prova a venire, no?»
«Eh magari… Non ci sono riuscita, te l’ho detto.»
«Ma non è possibile, fammi vedere come fai» dice, come se non fosse davvero una parte di me, ma un giocattolino che stiamo guardando insieme. Lo tocco un po’ e lei mi osserva dubbiosa.
«Posso provare io?» mi fa. «Secondo me sbagli il modo in cui lo tieni.»
Sposto la mano, lei ci mette la sua e mi scappa un gemito a tradimento. Sandra alza lo sguardo e sorride entusiasta, quel sorriso mi scioglie un po’. Inizia a fare su e giù delicatamente, in effetti è più brava di me nel movimento.
«Come va, che senti?»
«Va bene, puoi pure stringerlo un po’ di più se vuoi.»
Con una mano lo stringe e con l’altra scende fino alle palle, me le accarezza. È una sensazione bellissima. Allargo un pochino le gambe per farla passare meglio. Lo faccio in modo discreto, come se mi stessi sistemando a prescindere. Mi vergogno di farle capire che mi piace, di dare troppo a vedere che quel giocattolino è più mio che suo. Il cazzo diventa più duro e lucido. Escono altre goccioline perlate dalla punta. Sandra con il pollice le spalma piano piano sul glande.
«Se ti va puoi aumentare un po’ il ritmo» dico, cercando di restare calma e distaccata, una che prende parte all’esperimento come lei.
«Tranquilla, chiudi gli occhi» mi dice. «Lasciati andare». E okay, forse è meglio. Chiudo gli occhi e mi ritrovo a pensare a Sandra. Anche se è carina, io chiaramente non ho mai avuto fantasie su di lei, ma ora il fatto di pensarci mi libera mille immagini in testa. Me la ricordo in costume, ha un culo bello tondo, gliel’ho sempre invidiato. Ecco, mi fermo sull’immagine di lei in costume. Il respiro mi si fa sempre più profondo e veloce, mi scappa un: «Oddio Sandra, che bello». E a un tratto sento qualcosa di caldissimo e bagnato sulla punta del cazzo. Vuol dire che sto per venire?
Apro gli occhi e c’è lì la testa di Sandra, lo ha preso in bocca. Oh, madonna.
«Ma è buonissimo» dice. «È zuccheroso, tipo una caramella.» E riprende a leccarlo.
Le poso una mano sui capelli e senza accorgermene inizio a muovere il bacino. Mi ha detto lei di lasciarmi andare, no? Quasi non mi rendo conto che le mani di Sandra ora sono sulle mie chiappe. Le stringe, le accarezza, mi cerca l’ano con le dita. Quelle chiappe non sono lì per ventiquattro ore, sono le mie, saranno lì per sempre. La cosa non riguarda più solo il mio cazzo.

Tratto da Atti puri di Alice Scornajenghi, edito Nero, 2023.

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