Per me tutto è cominciato con Titanic 2000, sedicesimo numero di Rat-Man. Ero alle medie e quella parodia grottesca, cinica e assurda del film di Cameron fu abbastanza per incatenarmi al Ratto – all’epoca ancora un personaggio “leggero” e dal background minimale – per il resto della vita. Crescendo, l’ho visto diventare più complicato, e sperimentare saghe sempre più distanti dagli episodi tradizionali, che iniziavano e si concludevano nel giro di poche pagine. Negli anni è stato creato un mondo che sembrava infinito, almeno fino a quando La Profezia non ha cominciato a circolare tra i fan: Rat-Man sarebbe finito con il numero 100, per volere del suo creatore Leo Ortolani.
Ci siamo andati vicini: la fine è arrivata con il numero 122, e qualche (graditissimo) anno di ritardo. Il famigerato 122 è un numero doppio uscito il 28 settembre: un finale nel finale, il traguardo della serie e il coronamento della saga di 12 puntate che ha condotto i lettori all’ultima parola del Ratto. La conclusione, spiega Ortolani a Rolling Stone, «è stata affrontata con sprezzo del pericolo, componendo il tutto a partire da un paio di cose già fissate da tempo». Il risultato, e chi ha seguito la serie lo può benissimo immaginare, è «un Taj Mahal di dieci capitoli, che superano in fatica e arroganza qualunque altra cosa abbia mai scritto». In quelle pagine Rat-Man si divide dando vita al cattivissimo e gigantesco Il Rat-Man (è l’articolo a fare la differenza, nda), mentre le forze del bene, come sempre, cercano di contenere l’Ombra, ubiquo antagonista della serie.
Nato nel 1989 dai banchetti delle autoproduzioni delle fiere del fumetto, il personaggio si è arricchito nel corso dei decenni di un ampio canone e di una lunga schiera di comprimari, compagni e nemici. Altrettanto cult la serie parallela Venerdì 12, sulle atroci vicende amorose del mostruoso Aldo, il suo servitore Giuda e la bella e dannata Bedelia. C’è qualcosa che l’epilogo di Venerdì 12 ha insegnato a Ortolani? «L’unico insegnamento che potrei trarne a posteriori è che ogni serie necessita di un finale degno della serie stessa. Così mi sono preso tutto lo spazio di cui avevo bisogno, in termini di pagine. La storia finale di Venerdì 12 occupava tre numeri». Rat-Man, invece, ha necessitato di «dieci uscite, con un numero finale doppio e una lunghezza complessiva di 600 pagine». Sarà che di domande del genere ne ha ricevuto molte, ma l’autore parmense non sembra concentrarsi troppo sulla fine, e l’inevitabile piccolo trauma che ha provocato nel pubblico. «Io sono già oltre i dubbi del dopo», dice Ortolani, che non sembra disposto a prendersi una pausa dal pennino. «Mentre i lettori piangevano sull’imminente fine di Rat-Man, ho scritto e disegnato C’è spazio per tutti (edita da Panini Comics e in uscita a Lucca Comics, nda), una storia voluta dall’Agenzia Spaziale Italiana, che vedrà Rat-Man e Paolo Nespoli impegnati sulla Stazione Spaziale Internazionale». Una storia, conclude l’autore, «che è anche un pretesto per parlare di conquista dello spazio e futuro dell’umanità. Che poi è “umaniterò”».
Il lungo addio a Rat-Man si è rivelato (non è stato possibile leggere l’episodio finale prima della chiusura di questo numero di Rolling Stone) un progetto ambizioso e riuscito. Molti gli archi narrativi che attraversano i numeri – la tensione sessuale tra Brakko e Cinzia, il ritorno dell’unico amore del Ratto, Thea, le diverse personalità di Rat-Man –, con l’obiettivo di tornare indietro nel tempo e salvare il futuro. Oltre all’immancabile Valker, la lotta tra luce e ombra ha arricchito gli ultimi episodi di immagini religiose, con Il Rat-Man che si presenta al mondo come Dio tra gli uomini. Chi si fosse perso la cavalcata finale, potrà recuperare con l’albo La fine di Rat-Man, che raccoglierà gli ultimi numeri in un solo volume. Ma a Ortolani tutto questo parlare di fine non piace, per questo ha già anticipato l’uscita di alcuni albi singoli in cui tornerà il Ratto. «L’universo di Rat-Man», spiega, «è troppo grande per essere cancellato con un semplice finale. Tende a ricomparire in forme diverse. In questo senso, mi aspetto, io per primo, molte sorprese».