Nella consueta e ormai mitologica bolgia di Lucca Comics and Games, muoversi è un’impresa. Le distanze diventano relative, luoghi che Google Maps indica a 300 metri dalla propria posizione si raggiungono in tempi biblici. Ieri è stata una domenica notevole, qui a Lucca, con circa 100mila visitatori nel corso del fine settimana (almeno metà dei quali vestiti da Harley Quinn di Suicide Squad, stando a dei miei personalissimi calcoli) e un calendario fittissimo di eventi, presentazioni, miliardi di autografi rilasciati e conferenze di tutti i tipi.
Ci si rende conto presto, qui a Lucca, che la proverbiale FOMO (fear of missing out, la paura di perdersi qualcosa) è una compagna fidatissima di tutti i visitatori, autori e giornalisti. Per ogni evento che comincia c’è una stradina intasata, una coda interminabile o – ancor più spesso – un altro incontro che fa gola. Bisogna saper scegliere, quindi. E io non sono mai stato bravo nelle scelte. Eppure, nel pomeriggio di domenica 31 ottobre, indeciso tra almeno tre opzioni, ho preso le mura di Lucca in direzione del BORDA fest, un festival di fumetto parallelo a Lucca Comics. Proprio così: il festival lucchese è ormai così grande da avere nella sua orbita manifestazioni-satellite.
Il BORDA Fest è noto come “l’altro festival di fumetto di Lucca”. È il fratello giovane e ribelle del Comics and Games, una bellissima rassegna di incontri con autori e autrici puntellata da tavoli in cui autoproduzioni, artisti e piccole case editrici si contendono l’attenzione di un pubblico meno mainstream di quello che riempie Lucca ogni anno. A confermare l’attitudine alternativa dell’evento c’è poi la sua sede, le bellissime gallerie sotterranee del baluardo di Santa Croce: un grande tunnel di mattoni rossi che porta a una sorta di caverna, una cupola sotterranea, che sfocia in un cortile circolare. Arrivati qui, guardando in alto, si vede il pubblico che guarda in giù dalle alte mura. Sembra un tempio e sarebbe un luogo perfetto per un concerto drone, invece è pieno di fumetti e arte.
Alle quattro e mezza, qui al BORDA Fest, c’è stata la presentazione de La Rabbia, raccolta a fumetti edita da Einaudi Stile Libero e dedicata alla frustrazione di una generazione stretta tra crisi economica e precariato. Se negli anni ’90 la stessa casa editrice pubblicò la raccolta Gioventù Cannibale (da Ammaniti a Luttazzi, passando per Brancaccio e Nove), ecco che il 2016 si merita una nuova fotografia generazionale, questa volta a fumetti. La lista degli autori può aiutare a contestualizzare l’opera nell’editoria italiana, e a spiegare la scelta del posto, queste gallerie sotterranee, questo piccolo centro sociale da sballo: Ratigher, Bambi Kramer, Vincenzo Filosa e Giusy Noce, Ivan Hurricane, Sonno, Tsò e Federico primosig, Laura Nomisake e Annalisa Trapani e Zerocalcare. Autori e autrici giovani (under 40, quanto meno, che la categoria “giovani” in Italia si è dilatata) provenienti dall’underground e già affermatisi nel mercato italiano; e poi lui, Zerocalcare, ovvero L’autore proveniente underground, il nome che forse meglio riassume la situazione sospesa tra due festival nella stessa città e tra modelli così distanti come l’autoproduzione e la grande Einaudi.
Si è quindi parlato di questo, nell’introduzione di Luca Raffaeli e Valerio Bindi, co-curatori de La Rabbia, specie nell’intervento del secondo, Bindi, uno degli organizzatori del Crack!, festival di fumetti romano “un po’ frichettone”, come lo ha definito. Ma anche lo stesso Zerocalcare ha sottolineato la duplice anima dell’opera, condizione che l’ha resa così particolare a detta di tutti gli autori: “Era molto probabile che venisse fuori qualcosa di mal riuscito”, ha spiegato Ratigher accennando al difficile equilibrio tra “chi viene dai centri sociali” e l’editoria mainfestream; “sono felice sia invece riuscito molto bene”.
Quello del citato Crack è un lavoro decennale su una certa idea di fumetti ma anche di artista e comunità. Del tutto antagonista rispetto alle logiche dei grandi editori, ha saputo però seminare e raccogliere, creare una quattro giorni annuale in cui tutto sembra possibile. Forse è a questo che serve La Rabbia: se spiegare una generazione è un compito immagine, interessante anche perché impossibile, forse è meglio celebrare l’altro fumetto italiano, quello pazzo e sotterraneo. Ed eccolo qui: è frenetico, fantasioso e pieno di belle contraddizioni.