Nel Sistema Solare c’era un via vai di astronavi per le nuove rotte commerciali in transito verso Titano.
Sulla Terra avevano cercato di mantenere vive le tradizioni culturali dei secoli passati: il cibo, la lingua, la qualità della vita erano grandemente migliori rispetto a tutti gli altri pianeti a filiera lunga. New York aveva, ormai, coperto quasi l’intera parte ovest del globo terraqueo. E ciò che non era America era una succursale.
Su Marte, l’antica colonia, alimentata in origine da giacimenti di acqua ghiacciata scoperta nel sottosuolo dopo numerose spedizioni esplorative, si perdeva a vista d’occhio un gigantesco ammasso di casermoni, centri commerciali e fast food. E mentre la Terra diveniva gradualmente un eco-museo, tutti gli imperi commerciali e l’industria pesante si erano riversati su Marte, Giove, Saturno, Nettuno e Titano.
La Terra era ancora il pianeta dove l’agricoltura trovava risorse idriche sufficienti per le coltivazioni delle materie prime alimentari utili all’intero Sistema.
L’unico altro polmone agricolo era un satellite serra, Ganimede, che nei secoli era divenuto un paradiso lussureggiante con piante e incroci arborescenti dai mille nomi galattici. Vi vivevano pacifiche comunità di contadini spaziali, legati ormai da generazioni alla loro florida dimora. Navi in carico e scarico atterravano per prendere materie prime che sintetizzavano in cibo per le colonie non ancora sufficientemente terraformate.
Un giorno, la più grande nave di trasporto merci sintetiche in rotta verso Titano, pianeta del business e degli affari, incrociò sul cammino un piccolo aviogetto spaziale atomico che aveva avuto un guasto al ciclotrone della direzione.
“Qui astronave privata Onassis, segnaliamo avaria al sistema di guida. Chiediamo urgente cambio di rotta da parte vostra per evitare sicuro speronamento” fu il messaggio di richiesta soccorso provenire dal piccolo aviogetto in avaria.
“Risponde la Mega Tir 6, non ci è concesso modificare la traiettoria per priorità commerciali” fu la risposta.
“Allora siamo costretti a usare le capsule di salvataggio. Chiediamo dunque recupero di uomini nello spazio. Passo e chiudo”.
Dalla Onassis furono eiettati due oggetti di metallo riflettente, a pochi secondi prima dello speronamento da parte della Mega Tir 6. La nave cargo era talmente grande che al momento dello scontro, gli strumenti di rilevamento non percepirono alcuna differenza sensibile sullo scafo e fu come colpire un asteroide di mezza tacca.
Dal ponte superiore della immensa nave, vennero lanciati degli arpioni cosmici e con essi agganciarono i due abitacoli alla deriva.
L’ammiraglio della Mega Tir 6 e due attendenti erano di fronte alla camera stagna in attesa dell’ingresso dei due dispersi e li videro penetrare nel portello, che una volta chiuso e depressurizzato, venne aperto.
Due figure umane, dentro una tuta spaziale bianca e rossa coperte da caschi oscurati, vennero in direzione del comitato di accoglienza.
Improvvisamente estrassero dei mitragliatori atomici e spararono in testa all’ammiraglio carbonizzando all’istante i due attendenti. Ad un rapido segnale, si divisero in direzioni opposte.
“Tu occupati della torre di controllo mentre io vado alla sala macchine”, disse quello più alto.
“Procedo”, rispose prontamente il più basso.
Corsero, nascondendosi attraverso le ombre dei passaggi d’intercomunicazione e passando attraverso i condotti di aerazione.
L’allarme generale fu azionato troppo tardi: ormai i due sabotatori avevano preso pieno possesso del sistema di guida e, manomettendo i circuiti, avevano in pugno l’intero perimetro degli alettoni di fondo che consentivano al leviatano volante di cambiare rotta.
“A tutta la Mega Tir 6”, il primo sabotatore, sigillatosi all’interno della cabina di pilotaggio inizializzò l’operazione di bypass dell’impianto di comunicazione ed immise un messaggio automatico che gracchiò dagli altoparlanti interni, “la nave è stata presa in ostaggio dal braccio armato del comitato in codice NO-PHCP. Non si tratta di un’esercitazione, né di un’azione dimostrativa: se non verranno assecondati i punti che elencheremo nelle prossime ore, dirotteremo la Mega Tir 6 su transiti estranee alle mappe, in regime di oscuramento astronomico. E così prenderemo possesso del contenuto e di tutti il personale presente a bordo. Non tentate di penetrare con la forza nelle aree di cabina e dei motori: abbiamo degli ostaggi. Siamo armati. Passo e chiudo”.
La voce interruppe il messaggio.
Tutti a bordo persero la calma; nessuno sapeva cosa fare.
Finché, la Polizia dei Pianeti su Terra, con i potenti radar della Torre del Governo, intercettò il messaggio. Il vertice, riunito per trovare adeguate contromisure, si arrese di fronte al fatto compiuto: nessuno aveva idea di chi fosse e cosa realmente volesse questo comitato in codice NO-PHCP.
Dal 16 al 30 marzo, Enrico Gabrielli pubblicherà a puntate il romanzo diviso in 15 capitoli, come i giorni dell’isolamento da virus, sul suo blog www.per-iscritto.com. Una breve videotrailer ‘casalingo’ del libro è disponibile su YouTube.