Metti una sera a teatro (dal divano e in realtà virtuale) con Elio Germano | Rolling Stone Italia
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Metti una sera a teatro (dal divano e in realtà virtuale) con Elio Germano

Una libera versione di ‘Così è (se vi pare)’ di Pirandello che ripensa l’esperienza dello spettacolo dal vivo, raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona

Metti una sera a teatro (dal divano e in realtà virtuale) con Elio Germano

Elio Germano in ‘Così è (o mi pare)’

Foto: press

Indosso spesso capi al contrario. Magliette, mutande, maglioni. Mentre compio l’atto di indossarli, sento che sto sbagliando e rimedio immediatamente, ma il gesto è compiuto e il tarlo attivato: se sapevo che stavo facendo male, perché ho proseguito in quel gesto? Come anche il regista Kenneth Lonergan, ho letto da qualche parte, anche io credo che questa vicenda sia un po’ la storia della mia vita: penso spesso di avere sbagliato quando prendo posizione su qualcosa, per poi scoprire che i miei istinti invece erano giusti. Ho infatti come lui – Oscar per la sceneggiatura originale di Manchester by the Sea, sceneggiatore di Gangs of New York di Scorsese e Terapia e pallottole di Ramis – una propensione al dubbio. Che poi se ce l’ha uno come lui, figuriamoci una come me. Ma al contrario di lui, credo, ho avuto di recente l’opportunità di lavorare a questa piccola sindrome, attraverso un’esperienza originale che documenterei con una diapositiva:

Un viaggio in realtà virtuale, comodamente sul divano di casa (ma senza aria condizionata), dentro il fantastico mondo di uno dei testi di Luigi Pirandello forse più giusti da rievocare in tempi come questi. Tempi in cui il giudizio sociale, problematico per antonomasia, è stato moltiplicato all’ennesima potenza da social network e tv trash e in cui, a seguito di una pandemia mondiale, la paura dell’incontrarsi si è insinuata nelle menti e ha lavorato per bene. La possibilità infatti di sostituire un’esperienza teatrale dal vivo con un’esperienza teatrale in visore mi ha subito acceso: eccitante, ma il teatro è e si fa dal vivo, che ne vogliano dire tutte le esperienze di teatro in tv. L’attore e lo spettatore devono condividere un universo di sensi, se no è black mirror. In un recente rapporto dell’Idc (International Data Corporation) ho letto che il mercato della realtà aumentata dovrebbe espandersi dal 2021 al 2025 raggiungendo il 77,2%. Aiuto, e la magia dello spettacolo dal vivo? Ne ho parlato con Elio Germano, regista e attore (nonché riadattatore) di Così è (o mi pare), progetto presentato da Fondazione Teatro della Toscana, Infinito Produzioni Teatrali, Gold Productions, in programma nella prossima stagione del Teatro della Toscana, ma in anteprima il 14 luglio a Villa Bardini e il 5 agosto alla Manifattura Tabacchi. E un cast tecnico e attoriale d’eccezione.

«Ok, ma non perdiamo la pazienza». Ridiamo. «Intanto questo progetto è pensato prevalentemente per una visione collettiva e non per il salotto di casa, sei stata privilegiata e che non si ripeta mai più». Ok, ma non perdiamo la pazienza (ridiamo). «Poi non si tratta di realtà aumentata, che è un’altra cosa, né esattamente virtuale, bensì di riprese sferoscopiche. Comunque un linguaggio che non ambisce a sostituire, ma semplicemente ad aggiungere possibilità interpretative, ponendo lo spettatore al centro della scena, in questo caso mettendosi a servizio del racconto, della riflessione su cosa sia reale e cosa sia vero. Così le scatole cinesi tipiche di Pirandello si rivelano con più evidenza». Così è (o mi pare), infatti, riscrittura dell’opera teatrale di Pirandello Così è (se vi pare), rappresentata per la prima volta il 18 giugno 1917, che lo stesso Pirandello definì “teatro giudiziario”, cala completamente il testo in una società moderna dove i processi mediatici a volte sembrano se non più efficaci, se non altro più potenti, quasi sostitutivi ai reali dibattiti giuridici. Il “processo” in questione si svolge in un salotto dell’alta borghesia, all’interno del quale si “sintetizza” il turbamento di un intero paesino per l’arrivo di un genero e sua suocera che sembrano raccontare versioni diverse di una stessa storia, con protagonista rispettivamente la moglie e la figlia. I cittadini non sanno più a chi e a cosa credere, ma non possono smettere di indagare alla ricerca di una verità che forse non esiste. Impossibile non vedere la frattura tra alta e bassa borghesia e non fare un rapido – seppur semplicistico – rimando all’attualità, tanto a Chi l’ha visto? quanto a Live – Non è la D’Urso. E se proprio questo testo è stato pensato per essere realizzato in realtà virtuale, tra cinema e teatro, è stato perché il pubblico si troverà ad essere catapultato all’interno del suddetto lussuoso appartamento, più precisamente nel corpo del Commendator Laudisi (che quando non sei tu spettatore, è interpretato da Pippo Di Marca), anziano padre di Lamberto (che è interpretato da Elio), su una sedia a rotelle, invenzione non presente nella pièce originale.

In questo modo, la prospettiva è sia individuale che collettiva. Partecipando attivamente alla storia, infatti, sono stata costretta a mettere da parte la mia sindrome del dubbio e mi sono trovata a poter scegliere dove e cosa guardare, ma soprattutto direttamente presa in causa! «Vedi? È questo il bello», continua Elio, «la condivisione resta importante: quando togli il visore puoi confrontarti con chi insieme a te ha fatto la stessa esperienza, perché potrai vederlo solo uscendo da casa e andando a teatro. Ma la riflessione da fare secondo me e anche un’altra: la potenzialità di questo strumento è grande, ci sono documentari che con riprese di questo tipo ti catapultano in mezzo alla guerra, per esempio, permettendoti una esperienza emotiva irripetibile».

Quindi esistono già esempi, ma è l’attitudine che manca, aggiungo io «perché il rischio, già abbastanza diffuso, è l’isolamento», continua lui, «quindi non posso che essere sostenitore dell’esperienza, ma vorrei che ne facessimo tutti un uso più parsimonioso possibile. Ma se le immagini di conflitto nel mondo, di cui sono piene i tg, ci sembrano spesso qualcosa che non ci riguarda del tutto, pensa se utilizzassimo la realtà virtuale per affacciarci a quei conflitti, o per provare quello che provano quegli 82 milioni di persone in fuga dalle violenze dalla guerra. Sarebbe utile, seppur invasivo, per uscire da una dinamica di distacco. Questa esperienza è un primo, piccolo passo, dove tu non sei più mera spettatrice, cosa che ti permette di mettere le tue credenze in discussione». E in effetti sono rimasta frastornata. Non solo dalla realtà virtuale in sé, ma dal dover fare i conti con il rapporto-contrasto tra la realtà dei fatti e la realtà dell’immaginazione che, inquadrati nella prospettiva della realtà virtuale, mi hanno messa al centro di una realtà alternativa in cui ho dovuto scegliere. Chi è il pazzo tra il sig. Ponza (interpretato da Gaetano Bruno, di recente in Fargo 4), la sig.ra Frola (messa in scena da Serena Barone, Le sorelle Macaluso) e… io? Già Pirandello non poneva fine all’enigma, non c’era una vittoria tra i due contendenti, come non c’era una soluzione da parte dei “giudici” di quello pseudo tribunale. Nessuno scaccomatto, quindi, se non interiore. Perché nessuno si astiene dal giudizio, in fondo.

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