Across The Universe: quando i Beatles si sono avvicinati per davvero a una stella | Rolling Stone Italia
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Across The Universe: quando i Beatles si sono avvicinati per davvero a una stella

Il 4 febbraio 2008 una canzone dei Fab 4 è stata “inviata” nello spazio. Oggi il brano non ha percorso nemmeno un quarantesimo del suo percorso, ma non importa: quello che conta è il viaggio

Across The Universe: quando i Beatles si sono avvicinati per davvero a una stella

Il 4 febbraio 2008, un messaggio radio interstellare viene sparato nello spazio profondo. La stazione emittente è la DSS-63, una paella di 70 metri di diametro situata nel Madrid Deep Space Communication Complex di Robledo, un complesso di sei immense antenne paraboliche costruite dalla NASA a partire dagli anni Sessanta nelle colline a ovest della capitale spagnola.

La prima foto della Terra vista dalla Luna fu trasmessa dal Lunar Orbiter nel 1966 proprio a una di queste antenne, ma quel 4 febbraio di undici anni fa la situazione è decisamente diversa.

Stavolta il segnale arriva dalla Terra e consiste in una canzone, Across The Universe dei Beatles. La NASA ha semplicemente convertita in mp3, poi in onde radio e sparata dalla parabolica in direzione α Ursae Minoris. Non un posto a caso del cosmo ma una stella, conosciuta da tutti come la stella polare, e da sempre l’unico punto di riferimento utile per orientarsi di notte, anche al buio e anche in mezzo al mare.

Da un punto di vista scientifico il gesto non ha senso. Puntare un radiofaro nella direzione di un sistema stellare triplo, composto da una supergigante gialla e due compagne minori che le ruotano attorno, equivale a sputare verso un oceano grande 5 volte il Sole e distante 433 anni luce. Ma qui la scienza c’entra poco. L’esperimento è semplicemente un modo per festeggiare in un colpo solo il 40esimo anniversario dalla registrazione del brano (uscito poi ufficialmente in Let It Be, il canto del cigno dei Beatles), il 50esimo compleanno della NASA e il 45esimo del Deep Space Network, cioè la sua rete mondiale di strutture adibite alle comunicazioni con lo spazio.

«Inviate il mio amore agli alieni» commenta subito l’operazione Sir Paul McCartney, uno che di stelle se ne intende, avendo chiamato così la sua secondogenita. Stella McCartney però ha semplicemente ereditato il nome da entrambe le nonne materne. Semmai, l’idea di raggiungere una vera stella è di Martin Lewis, storico e biografo dei Fab Four. Macca e Yoko Ono entusiasti accettano subito, seguiti a ruota poi dalle due società che controllano i diritti dei Beatles. Una di queste è ovviamente la loro etichetta, Apple Records, che attraverso un portavoce ci scherza su dicendo di essere “sempre in cerca di nuovi mercati”. Da quel 2008, fra l’uscita dell’omonimo musical qualche mese prima e persino i Justice che omaggiano il pezzo nel loro documentario, il nome di Across The Universe rimbalza un po’ ovunque nell’universo, stavolta per davvero. Come la USS Entreprise, a quest’ora il messaggio dei Beatles sta viaggiando a velocità di curvatura e forse qualche forma di vita ha già captato il mantra sanscrito “Jai guru deva om”, “Ode al divino guru”.

Per quanto già abbondantemente superato la distanza che ci separa da Ross 128b, l’esopianeta scoperto qualche anno fa che potrebbe ospitare la vita, Across The Universe non ha percorso manco un quarantesimo del suo percorso fino alla stella polare. Ma forse, come suggerisce uno degli inchini al cosmo più belli mai scritti dal duo Lennon-McCartney, quello che conta è il viaggio, non la destinazione.

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