Sembrava una sua installazione, ogni incontro con Chiara Fumai. E avremmo fatto volentieri a meno di consegnarla alla hall of fame del mito che se ne va come una rock star, perché a ucciderla sono state le contraddizioni e le moltitudini che portava dentro, che hanno preso corpo ieri sotto forma di una overdose di farmaci.
39 anni e successi in tutto il mondo, il carattere di Chiara Fumai pareva spigoloso e invadente come le sue performance, ma senza voler fare psicologia spicciola, a chi la conosceva pareva solo un modo per difendersi. Perché aveva ragione Baudelaire, quando ci chiedeva di non disprezzare la sensibilità di nessuno, perché quella di ognuno è il suo genio. Chiara Fumai era anzitutto questo: il genio di una artista sfrontata, che esibiva il coraggio di chi ha una visione.
Si è fatta conoscere al mondo dell’arte giovanissima, rinchiudendosi in una vetrina a Bari, dove diventava una donna barbuta intenta a leggere le lettere degli ammiratori; alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, dove era invece una terrorista che si esprimeva con il linguaggio dei segni; o ancora nella sua partecipazione a dOCUMENTA a Kassel nel 2012, dove si fece Zalumma Agra imponendosi nel panorama artistico internazionale.
È sbagliato dire che “interpretava” quei personaggi, perché per dirla con Nietzsche la Fumai provava il sentimento che esprimeva, era una bugiarda sincera che nelle sue lecture ci parlava di un mondo che esisteva grazie all’arte. Il suo capolavoro è certamente Chiara Fumai presenta Nico Fumai, un padre totalmente inventato, protagonista della disco music anni ’80 che lei celebrava con vinili e mixer davanti una platea incantata e confusa.
Proprio come sviluppo di questo progetto aveva in programma una mostra e in particolare per Rolling Stone stava preparando una apposita opera a noi dedicata, che purtroppo non potremo mai vedere e mostrarvi sul nostro giornale. In passato ha vinto anche il premio Furla, esposto la sua arte in decine di Musei in tutto il mondo e ultimamente si stava dedicando anche a dipinti e sculture.
Aveva ottenuto anche la possibilità di una collaborazione con l’ISCP di New York, una istituzione importantissima dove avrebbe svolto una residenza, se il suo stato di salute non l’avesse costretta a tornare in Italia, nella sua Bari, all’inizio di quest’anno.