Un euro, ovvero il prezzo a cui è stata messa in vendita la possibilità di mettere in bella mostra, ancora una volta, il volto più umiliante e oscuro del calcio e degli stadi Made In Italy; il prezzo a cui è stata messa in vendita la credibilità di un movimento, quello degli ultras e del tifo organizzato, ormai spogliato del tutto di quel ruolo di ‘dodicesimo uomo in campo’ che lo rendeva affascinante, spettacolo nello spettacolo dello sport.
Quanto successo a Roma non può e non deve esser solamente oggetto di un discorso esclusivamente etico, né tantomeno deve arrestarsi davanti alle domande riguardo l’effettiva alfabetizzazione del tifoso ‘squadrista’, ma è un problema che deve essere affrontato con uno sguardo che trascenda quanto più possibile dall’ennesima dimostrazione di cecità o di bacchettoneria. Il fatto che la figura di Anna Frank venga utilizzata come un sfottò fra tifoserie opposte, non deve infatti limitarsi allo scandalo dei salotti ‘perbenisti’ nei talk show, in cui stasera probabilmente si farà a gara tra chi è più indignato o tra chi trova la soluzione più drastica – e forse più fascista – per punire indistintamente il ‘mondo ultras’.
Rimaniamo stupiti da questo clamore mediatico. Esistono altri "casi" che meriterebbero le aperture dei Tg e ampie pagine…
Pubblicato da CURVA NORD LAZIO su Lunedì 23 ottobre 2017
“Tutto deve rimanere nell’ambito del ” nulla”, si tratta di scherno e sfotto da parte di qualche ragazzo” hanno già scritto sui social alcuni taglienti bastiancontrari da tastiera: ecco questo è il punto. L’adesivo che ritrae una bambina – uccisa a soli 16 anni dalla vergogna più grande della Storia europea – mentre indossa la maglia della squadra rivale, non deve essere pesato con lo stesso metro di un’insulto né di una semplice rissa da stadio, perché qui il volto che nelle scuole insegna ai bambini la follia nazista con l’innocenza di una ragazzina che si confida in un diario è stato usato con la stessa banalità con cui si condivide un meme, nulla di più che una goliardata da stadio.
Troppo ghiotta, infatti, per alcuni supporter della Lazio, l’occasione di ‘colpire’ in casa gli acerrimi cugini giallorossi. Tutto gentilmente ‘offerto’ dall’altrettanto mal sopportato Claudio Lotito e dal suo entourage che, nell’ingenuo tentativo di riavvicinarsi ai propri tifosi, avevano messo in piedi una strategia di fidelizzazione tanto fantozziana quanto elaborata, degna delle migliori battaglie tra Don Chisciotte e i mulini a vento.
Dopo la squalifica inflitta dal giudice sportivo alla curva biancoceleste in seguito – udite, udite – agli ululati razzisti rivolti contro due giocatori di colore durante la partita di qualche settimana fa contro il Sassuolo, la dirigenza laziale aveva infatti messo in piedi un illuminato stratagemma per far sì che tutti gli abbonati – e quindi anche i responsabili dei cori xenofobi – potessero accedere allo stadio. Squalificata la Nord, al vantaggiosissimo prezzo di un euro veniva concessa agli abbonati la possibilità di assistere al match contro il Cagliari comodamente seduti nell’area destinata ai tifosi giallorossi durante le partite della Roma e solitamente mezza vuota durante quelle della Lazio. Il picco d’ingenuità dell’escamotage è quasi commovente dato che, non solo è stata messa in saldo la possibilità perché alcuni potessero sfregiare a piacimento la tana del nemico, ma si è forse ritenuto che il comportamento violento delle frange più dure del tifo organizzato potesse essere contrastato, semplicemente cambiando agli ultras il seggiolino sotto al sedere, quasi che la curva opposta potesse diventare la criptonite contro “ululati, buu, frocio, lavali col fuoco” e chi più ne ha più ne metta. Il tutto intitolando l’iniziativa con lo slogan “We fight the racism” a far da ciliegina sulla torta del disastro.
Oggi Lotito si è presentato mortificato in sinagoga per tentare di ricucire lo strappo con la comunità ebraica di Roma, mentre in vista della prossima giornata di campionato c’è già chi suggerisce la scritta “ANNA FRANK” stampata sulla maglia della Lazio il che, probabilmente, renderebbe ancora tutto più grottesco e, soprattutto, ancora più banale. Nel 2017 non solo è sconcertante come qualcuno possa ancora strizzare l’occhio all’antisemitismo, ma è ben più grave che uno dei simboli della mattanza nazifascista nei campi di concentramento possa venire ‘goliardicamante’ trasformata in un meme o che una squalifica per razzismo possa essere giudicata talmente banale da venir aggirata in maniera così innocente, senza che nessuna fra le autorità alzasse quanto meno il sopracciglio davanti all’idea che basti un cambio di seggiolino per cambiare un razzista, come se bastasse la prospettiva che si ha sul campo per allargare la vista di un idiota.