Ha iniziato la stagione con una grossa soddisfazione, segnando il gol decisivo nella prima gara di campionato, facendo vincere alla Juventus una complessa partita d’esordio. Federico Bernardeschi è un rocker mancato. «O almeno, cerco di esserlo», dice. Da queste parti l’abbiamo tenuto d’occhio per un po’. Perché uno che suona la chitarra, che si infila ai concerti col cappuccio alzato, che ha una quantità infinita di tatuaggi, chissà perché, ma ci sembra che le basi per un dialogo ci siano.
«Oltre al calcio ci sono tante cose nella mia vita», racconta, qualche giorno prima dell’inizio del campionato. «Ci sono tante passioni, le coltivo ogni giorno. Ti aiutano a crescere. Non mi devo limitare all’aspetto calcistico, le persone crescono anche oltre il loro lavoro». E allora via con le serate con i Nirvana e John Butler a palla nello stereo. Oppure a vedere Beyoncé e Jay Z a San Siro («Uno show incredibile, sono delle icone globali»).
Ma si fa serio Federico quando si parla di calcio. Perché è una questione che ha sempre preso con serietà – tanto da non voler partecipare a un reality per non perdere la concentrazione otto anni fa -, che alla fine ha ripagato. «La mia qualità principale? La perseveranza. Nel fare le cose, nel pormi degli obiettivi, nello stare sempre presente mentalmente… Ho dovuto fare delle scelte non facili, ma sono scelte professionali».