Ormai è chiaro: il Jova Beach Party non è soltanto un evento musicale, ma un piccolo caso politico che, da settimane, ha acquisito una dimensione pubblica. Dopo le accuse di greenwashing, da cui Jovanotti ha scelto di smarcarsi pubblicamente la scorsa settimana, etichettandole come fisime da eco-nazisti, è arrivata anche la dura replica di Bruno Giordano, capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
Riavvolgiamo il nastro: il 5 agosto, al termine di un’ispezione al cantiere di allestimento del palco e dell’aerea del concerto in programma al Lido di Fermo, l’Ispettorato del lavoro di Ascoli Piceno aveva constatato la presenza di 17 lavoratori, sia italiani che stranieri, in nero. In quell’occasione l’agenzia Trident, che si occupa dell’organizzazione del Jova Beach Party, aveva replicato a stretto giro, smentendo «categoricamente» l’accaduto e spiegando che «nel corso delle abituali ispezioni in data di ieri sono state notificate delle inadempienze formali a tre aziende».
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Sulla faccenda era intervenuto anche lo stesso Jovanotti nell’ormai celebre diretta su Instagram, in cui ha assicurato che, durante i suoi eventi, è sempre e comunque «tutto in regola», invitando anche chi di dovere ad andare a controllare. «Lavoro con la Trident e Salvadori dal 1988», ha dichiarato il cantante, «e da allora abbiamo fatto tournée grandi e piccole, discoteche, locali, bar, stadi e non abbiamo mai avuto una contestazione sul piano della legge del lavoro. Ma so che siamo nell’occhio del ciclone: il Jova Beach porta grandi eventi in piccole realtà mettendo in moto il livore locale e micro vendette in qualche modo politiche».
Delle parole che hanno indotto Giordano a rispondere. In un’intervista concessa a Repubblica, il capo dell’Ispettorato ha infatti dichiarato che Jovanotti «Ha perso una grande occasione, visto che quella decina di ispettori ha lavorato proprio a favore della sua attività: in un cantiere come quello del Jova Beach Party, perché così la legge definisce un’attività che coinvolge centinaia di lavoratori, ci può stare che una ventina di addetti sia irregolare. Sarebbe bastato prenderne atto, ringraziare gli ispettori e, con senso istituzionale rafforzato dalla sua notorietà, aiutare il lavoro di chi giorno e notte si adopera per garantire la sicurezza e la dignità di tutti i lavoratori». Secondo Giordano, il cantante avrebbe dovuto sfruttare questa situazione per «intestarsi la lotto al lavoro in nero», dato che «criticare gli ispettori significa attaccare chi è al servizio di tutti i lavoratori e di tutte le aziende». Insomma: assieme alle elezioni, il Jova Beach Party è diventato l’argomento di dibattito prediletto di questa (folle) estate italiana.