Durante la cerimonia di chiusura del Burning Man – il popolare festival statunitense che dal 1991 si tiene nel deserto del Nevada – un uomo si è gettato nelle fiamme morendo a causa delle ustioni nonostante l’intervento dei vigili del fuoco e il successivo ricovero in ospedale.
Come ogni edizione del festival, infatti, la cerimonia di chiusura prevede che una gigantesca statua di legno dalle sembianze umane, chiamata The Man, venga incendiata quasi fosse un rito purificatorio e sembra sia stata proprio la volontà di ‘purificarsi’ ad aver spinto l’uomo, il 41enne Aaron Joel Mitchell, a gettarsi nel fuoco davanti ai migliaia di presenti.
Come riportato dalle autorità del Nevada, i vigili del fuoco e i soccorritori hanno dovuto attendere che l’intera statua crollasse prima di poter estrarre l’uomo dall’incendio in modo da non mettere a repentaglio la propria vita o la sicurezza del pubblico. Attualmente sono in corso le indagini tossicologiche volte a rilevare se Mitchell fosse sotto l’influenza di alcol o droghe.
Il Burning Man è un evento della durata di otto giorni nel Deserto Black Rock nello Stato del Nevada e nasce come un festival contro-culturale dove il pubblico possa creare una nuova comunità isolata, ideale e autosufficiente in cui sia libero di sperimentare il sé, anche attraverso l’uso di droghe. Il festival, inoltre, non prevede una vera e propria line-up, e sono infatti gli stessi avventori a organizzare concerti, mostre d’arte, performance, workshop senza l’obbligo di segnalarli all’organizzazione. A ogni edizione vengono create maestose opere e sculture che vengono successivamente date alle fiamme.
Durante il festival, dai partecipanti viene ‘creata’ una cittadina, chiamata Black Rock City, tra generatori, tende, camper e attrezzature da campeggio e il baratto e il dono sono le uniche forme ammesse di commercio. Negli anni il Burning Man, da ‘revival’ hippie è diventato un raduno sempre più in voga, diventando un evento di richiamo per il jet-set hollywoodiano.