Non è una cosa che faccio spesso, cedere alla curiosità e al richiamo dei commenti social per poi restare incollata allo schermo, ipnotizzata da un Maelestrom di morbosità, audience e ignoranza, ma ammetto che domenica sera ho fatto parte di quei 1.855.000 italiani, medi e non, che hanno consacrato la Leosini e la sua nuova stagione di Storie Maledette con un boom di share del 7.5%. Ad un certo punto del baraccone mediatico, la Francona nazionale ha incalzato la “povera” Sabrina Misseri sul presunto movente, scatenato dall’ossessione amorosa di quest’ultima per il bello senz’anima di un paese più vicino all’abisso che al mare, rimproverandola di non aver saputo mantenersi dignitosa davanti ad un amore scarsamente corrisposto sul bilancino dei sentimenti e di avere spedito più di 4500 sms a senso unico nel corso di pochi mesi di frequentazione.
E mentre era in corso una ramanzina femminista, perdendo il focus sulla vera vittima della faccenda, ovvero una ragazzina che per gli screzi amorosi di qualcun altro non è mai arrivata a conoscere il sapore agrodolce del primo bacio, la Misseri se ne esce con un exploit tragicomico di una giustificazione inattaccabile: «La mia non era un’ossessione, non ero gelosa di mia cugina, io i messaggi li mandavo perché avevo la promo messaggi gratis». Ho riso, sentendomi subito dopo colpevole, perché non c’è niente da ridere in una trasmissione più simile al Flying Circus dei Monty Phyton che alla verità, e che si chiama Storie Maledette. Di maledetto c’è sicuro l’ignoranza e poi tre storie di donne.
Una che non c’è più prima ancora di diventarlo, una donna. Una che si è macchiata a vita di un atto orribile autoassolvendosi dietro l’alibi di un piano telefonico inattacabile, e una terza che, pur dominando tutti i palcoscenici d’Italia, da Sanremo alla prima serata di Rai3, domenica sera mi ha fatta un po’ arrabbiare. Perché ha fatto uscire un ritratto di donna un po’ bipolare e fuorviante, debole da un lato del tavolo, e rapace dall’altro. Sono andata a letto molto tardi e molto arrabbiata, pensando che la TV, i media, i social e in generale l’informazione tutta devono avere un ruolo nello sdoganare un’immagine di donna decente, e che se hai la responsabilità e la possibilità di fare passare un messaggio, questo messaggio deve essere dritto, non piacione, né retorico, né autocelebrativo.
Grazie al cielo l’audience si dimentica in fretta e non ho più pensato a questa storiaccia fino a oggi, quando mi sono tornata ad indignare più o meno per lo stesso motivo, ovvero per una donna che sembra godere nell’umiliare se stessa, e lo dichiara come se questa cosa non avesse peso su chi ascolta, donne o uomini con cervello, e su un secolo di lotte per quisquilie quali la parità dei diritti, il #MeToo, la maternità, gli scioperi dei mezzi l’otto marzo e l’epidurale su richiesta. Solo che stavolta la persona in questione non è vittima del suo spaccato sociale, della sua famiglia e della sua educazione, non è una ragazza cresciuta in un contesto senza speranza, non è vittima, ma carnefice di se stessa: questa donna si chiama Elisa Isoardi ed ha avuto molti doni dalla vita, intelligenza, bellezza, visibilità.
Eppure oggi, con una frase che è diventata trend topic di Twitter in un attimo, rimbalzando tra lo sdegno e l’ironia, dichiara con leggerezza: «Una donna, per quanto in vista, deve sempre dare luce al suo uomo. E la luce, il sostegno, la vicinanza spesso si danno arretrando. Stando nell’ombra».
Queste non sono cose che si dicono, cara Elisa, queste sono le vere ‘Storie Maledette’ della nostra società, tanto più che, essendo il tuo uomo Salvini, il tuo compito sarebbe portare un po’ di luce anche a lui e a chi gli sta dietro, i suoi elettori eh, non tu. Sei la donna di un leader, sei una conduttrice televisiva di una rete TV nazionale, quella che fa parte del servizio pubblico tanto quanto la sanità e le scuole, e un minimo di responsabilità ce l’hai, soprattutto se la tua frase suona non come una confessione privata ad un’amica ma un consiglio da seguire caldamente, quasi perentorio. Quasi come un punto di un – ehm… – programma politico.
È quel “deve sempre dare” che mi infastidisce, alla pari dei messaggi illimitati della Misseri mi dà l’idea di qualcosa che regredisce, che non aiuta a dare l’esempio giusto, moderno, dovuto e che mi fa rivalutare, da donna, le IG stories della Ferragni, preoccupata come è giusto che sia della sua gravidanza agli sgoccioli, e in trepidante attesa del suo Leone, della mamma in visita e della pasta al forno dall’Italia con un volo in businness class. Oggi, alla Isoardi e alla Leosini, preferisco la sua immagine di donna, con Fedez sempre sorridente al suo fianco: non un passo indietro, né uno avanti.