Dopo gli annunci ufficiali diffusi lunedì via social dalla Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI), pareva che più o meno tutti i principali album usciti nel 2017 avessero raggiunto la tanto agognata soglia del Disco d’Oro: da Brunori SAS a Gué Pequeno, da Tommaso Paradiso e i suoi Thegiornalisti passando per il compagno di merende Fabri Fibra fino alle nuove leve dell’hip hop come Ghali o Tedua. Tutti premiati.
Tuttavia, se qualcuno stava già sfoderando la sciabola per festeggiare l’ambito traguardo di copie vendute – conteggio che negli anni sta vivendo un climax discendente da vertigine –, ecco che, appena una manciata di ore dopo, una serie di bordate in 140 caratteri si abbatteva come una secchiata di ghiaccio sugli ardori dei tanti, troppi, vincitori. La FIMI, infatti, che non soltanto si occupa di rappresentare imprese produttrici e distributrici in campo musicale e discografico, ma anche – e in questo caso, soprattutto – di monitorare i dati riguardanti vendite, download e streaming, aveva semplicemente sbagliato a contare, includendo nel conteggio cifre e ascolti che non dovevano essere inclusi.
? Attenzione: GfK ci segnala potenziali inesattezze su #FIMIAwards della week 27, stiamo verificando per tornare con maggiori dettagli. pic.twitter.com/NJU9htC6XH
— FIMI (@FIMI_IT) 10 luglio 2017
«Da venerdì 7 luglio – recitava il comunicato diffuso la scorsa settimane sul sito ufficiale della federazione – la classifica Top of The Music by FIMI/GfK degli album, integra per la prima volta, i dati dello streaming audio di tutte le piattaforme attive in Italia con i dati del download e delle vendite dei dischi fisici», ovvero che anche gli ascolti su piattaforme come Spotify o Apple Music, a partire dalla scorsa settimana, avrebbero pesato quanto le vendite effettive del lavoro di un artista.
Tralasciando la dubbia eticità del paragone tra vendite e streaming – si noti che, su Spotify, fra i brani più ascoltati della settimana spicca Le Focaccine dell’Esselunga – e di quanto tal paragone possa contribuire ad affossare la credibilità di un riconoscimento, come il Disco d’Oro, di Platino ecc. già di suo in picchiata, l’errore della FIMI nasce dal fatto che il conteggio sarebbe dovuto partire dalla settimana 27, ovvero dal giorno in cui i dati streaming sono stati eletti parte del conteggio ufficiale.
Ma così non è stato, e fra i dati sono stati inseriti anche quelli delle settimane precedenti al ‘legalize streaming’ e quindi giù di premi, congratulazioni e chi più ne ha più ne metta. Certamente, la FIMI ha subito provveduto scusandosi per l’accaduto con i mea culpa di circostanza ma ormai lo scivolone era fatto, con tanti artisti che sui propri canali già sciorinavano post di ringraziamento in stile Miss Universo 2015. Peccato.