La legge che abbatte la storica pur se limitata riforma sanitaria di Barack Obama è stata approvata. Scarto minimo: appena quattro voti, 217 sì contro 214 no. È il segno che la dissidenza all’interno del Partito repubblicano, che al Congresso ha una ventina voti di margine, è rientrata solo in parte e che di conseguenza la partita al Senato, dove i margini del Great Ole Party sono ben più esigui, sarà per Trump difficilissima. Quasi certamente per strappare l’approvazione della riforma sulla quale aveva impostato buona parte della campagna elettorale dovrà modificare il testo, accogliendo eventuali emendamenti.
In marzo i repubblicani avevano scelto di evitare il voto, congelando il dibattito, proprio perché sapevano che altrimenti sarebbero andati incontro a una cocente sconfitta. Si oppone al progetto del presidente, il Trumpcare, non solo una parte del partito contraria all’abbattimento della riforma Obama ma soprattutto l’ala ultraconservatrice, che accusa Trump di aver mantenuto nel suo progetto ancora troppi elementi ereditati dall’odiato Obamacare. Per farcela il presidente ha dovuto mettere in campo altri 8 miliardi di dollari a supporto di quelli che già prima di stipulare l’assicurazione soffrono di malattie serie. In questi casi, dopo la riforma Obama, le compagnie assicurative non potevano rifiutarsi di stipulare l’assicurazione e neppure alzare il prezzo. In omaggio alle richieste degli ultraconservatori Trump ha eliminato anche questa parte dell’Obamacare, ma all’ultimo momento, per rabbonire il fronte interno più liberal, ha stanziato gli 8 miliardi che dovrebbero aiutare proprio i malati a cui viene rifiutata l’assicurazione.
Per ingraziarsi almeno una parte del fronte dei duri del suo partito, il Freedom Caucus molto vicino al Tea Party e forte di una trentina di congressmen, Trump ha infine fatto passare un emendamento che consente ai singoli Stati di svincolarsi da alcune parti dell’Obamacare. Il passaggio fondamentale della riforma è l’abolizione di una parola chiave: obbligatorio. L’assicurazione sanitaria sarà di nuovo discrezionale. In questo modo i più giovani e più ricchi eviteranno per il momento di assicurarsi, preferendo correre il rischio di doversi pagare da soli le cure in caso di malattia piuttosto che sottoporsi a una spesa fissa. Tutti gli altri dovranno di conseguenza pagare premi più alti o rinunciare all’assistenza sanitaria.
In secondo luogo, il progetto di Trump mira a sostituire gli attuali sussidi federali, erogati sulla base del reddito, dunque soprattutto ai meno abbienti, con detrazioni fiscali, basate però essenzialmente sull’età e non più sul reddito. Infine la controriforma Trump prevede un blocco dei fondi federali per Medicalaid, il programma di copertura sanitaria per i cittadini più poveri. La conseguenza sarebbe una drastica riduzione dell’assistenza da parte dei singoli Stati, che con la riforma Obama venivano rimborsati invece quasi completamente dai fondi federali. Il taglio dovrebbe aggirarsi intorno agli 800 miliardi di dollari nell’arco di un decennio.
È impossibile prevedere ora con qualche precisione quali saranno gli effetti della riforma Trump, se verrà approvata sua versione attuale. Gli esperti ipotizzano la perdita della copertura sanitaria per circa 5 milioni di persone. Per ovviare al danno Trump ha stanziato 115 miliardi per le cosiddette high risk pools: programmi statali per la cura delle malattie più gravi finanziati da fondi federali. In questo modo, secondo le teste d’uovo del presidente, le compagnie assicurative potrebbero mantenere relativamente bassi i prezzi per le polizze del ceto medio, risolvendo così quello che era il principale problema dell’Obamacare: l’obbligo per le compagnie di alzare le polizze del ceto medio per coprire le assicurazioni di quello più basso.
Da un lato però si tratta di una strategia molto costosa, per la quale i fondi stanziati dall’amministrazione Trump sembrano essere largamente insufficienti. Dall’altro la legge di Trump consente agli Stati di scegliere tra l’usare i fondi delle high risk pool per aiutare i malati che necessitano delle cure più costose oppure il finanziare progetti di ricerca con obiettivi affini, e molti probabilmente sceglierebbero la seconda strada.Infine la legge votata dal congresso cancella anche l’obbligo, per le imprese con più di 50 dipendenti, di provvedere nella misura del 50% ai costi per la sanità dei lavoratori. Nel complesso, se è impossibile quantificare con certezza quali saranno le conseguenze dell’abolizione della riforma di Obama, tutti gli analisti concordano invece nell’indicarne gli effetti generali. E’ una riforma che andrà a tutto vantaggio delle fasce sociali più alte e a scapito di quelle medio-basse e dei lavoratori dipendenti. Per un presidente che in campagna elettorale aveva sbandierato intenzioni opposte e che molti hanno votato per protesta contro le élites non c’è male….