Parlo alla statista Giorgia Meloni, sia come uomo/padre/personaggio pubblico, sia come artista/libero professionista e come cittadino/elettore/comunicatore. Lo faccio in modo pubblico perché si tratta di un argomento politico e secondo me in una democrazia la politica deve sempre essere una cosa di pubblico dominio.
In queste ore lei e i suoi collaboratori siete impegnati nel costruire la squadra di governo, è un momento delicatissimo e importantissimo, strategico, fondativo, che determinerà il destino di questa Nazione e del suo Popolo per i prossimi cinque anni. Siete nottetempo chiusi in una specie di Conclave laico per decidere a chi assegnare i ministeri, non oso immaginare le pressioni, le tensioni, lo stato emotivo, il delirio che sta vivendo, e per una volta ancora le voglio dire forza, è il suo momento, può fare tutto ciò che ha sognato nella sua vita, lo può fare, perché ora lei ha il potere, e il paese è nelle sue mani, e lei è brava, la maggioranza del paese le ha dato la sua fiducia, credono in lei, sia serena perché avere un popolo che la sostiene è la chance che lei ha per agire nella Libertà, per fare di testa sua, lei ora è al comando, è la donna più libera d’Italia, può cambiare le cose, in meglio, forza e coraggio sono le sue migliori amiche ora.
La mia umile opinione è che il ministero della Cultura è il più importante tra tutti, ma perché? Forse perché è l’unico dove il denaro ha un ruolo minore, dove contano altri valori. E allora cosa conta al ministero della Cultura se non è centrale il denaro? Conta la persona, non la politica, perché il ministero della Cultura deve, appunto, garantire la cultura, non altro, l’espansione della cultura, la salute della cultura, la sua realizzazione e la deve garantire, in una direzione di evoluzione, di massimizzazione, ma anche di efficacia. E l’Italia ha un gravissimo problema culturale che si è acutizzato negli ultimi anni di gestione sciatta e incompetente, trascurata. La vera ragione per cui il Paese non cresce è l’involuzione culturale. Ma cultura cos’è? È la cosa che distingue l’essere umano dall’animale, quindi il dicastero deve essere affidato con serietà, responsabilità, e in questo caso bisogna mandare a quel paese il totoministri e tutta una serie di incrostazioni, di giochi di potere sterili: il ministero della Cultura non può permettersi per nessuna ragione al mondo di essere guidato da un mediocre che non vola, perché il ministero della Cultura è un aereo di linea con dentro tutti i cittadini e il pilota non può essere incompetente, perché se cade li ammazza tutti, nessuno escluso, i ricchi e i poveri, i vecchi e i bambini, incluso se stesso. Ma scherziamo? Ministero della Cultura è il punto focale non del governo, non dell’economia, non del Paese, non di questo secolo, non del bilancio o dell’assetto strategico internazionale. Il ministero della Cultura è il ministero della vita.
Quindi, signora futura premier Giorgia Meloni, amica mia, donna dal talento e dallo spirito eccezionali, persona speciale, che più di tutti in questo momento può decidere le sorti dei nostri prossimi anni, che ha in mano il destino di tutti. L’ho chiamata, si ricorda, dicendole se era disposta a investire sulla cultura e a promuovere operazioni culturali per risollevare il Paese dal declino? E lei mi ha detto: «Sì, sono disposta». A questo punto io l’ho mediaticamente promossa, a costo di restare solo e abbandonato da tutti i miei amici che non la hanno capita, da tutto il mondo dell’arte e di perdere rispetto e credibilità, perché io Morgan, artista e uomo di cultura anarchico la ho appoggiata e difesa con tenacia, con il cuore, pur essendo un libertario, essendo un uomo libero che va dove va il buon senso, e dove vanno le idee, dove va la verità, e la bellezza, io, forse l’unico intellettuale moderno che le ha dedicato oltre che il tempo e le parole, il cuore e la mente, ora le faccio una specie di “richiamo”, gentile e caldo, diciamo un pizzicottino per vedere se è sveglia e reattiva, ma glielo faccio con un sorriso e dandole un bacino sul gomito, come si fa con una bambina che si gira perché non vuole svegliarsi ma manca mezz’ora per andare a scuola e si deve alzare e preparare in fretta. Io le dico con voce calda, profonda e un po’ roca di cantautore e di poeta, e un po’ anche di crooner, come se le stessi spiegando da papà il significato di una fiaba, le sto dicendo delle cose importanti, che sono molto diverse dalle strigliate della mamma o dalle ramanzine della maestra, io che non ho avuto la vita facile, io che lotto tutti i giorni contro il mondo per mantenere famiglie multiple perché sono uno dei più impegnati artisti che questo paese possa vantare, senza meritarselo, ma sono anche un coglione di prima categoria che ha fatto danni a destra e a manca, perché sono un essere umano, le canto questa filastrocca inventata:
Futura nostra guidatrice
non faccia la follia
di non fare come dice
non rischi che l’Italia
non viva in meraviglia
dia in mano il ministero, quello culturale
a chi ne sa davvero di vita intellettuale
cultura deve avere come condottiero
figura popolare, persona trasversale
che in questa nostra era
ha solo un nome noto
e lo dice la sinistra,
la destra e pure i libertari
per varie ragioni
ma in fondo tutte uguali
da stadi a cattedrali
dai palchi alle balere
dalle biblioteche alle opere liriche
dai virtuosi ai più sfigati
non c’entra il vil denaro
non c’entrano i miliardi
si sente dire in coro
un solo nome noto
ed è Vittorio Sgarbi
Cultura è la parola più vasta che ci sia, è la parola che fa tremare, perché fa inginocchiare, abbassare la testa sia per rispetto che per bisogno, e fa piegare la schiena e abbassare gli occhi, al contadino che deve raccogliere e all’occhio che deve cogliere. La cultura è in alto quanto in basso, è il cielo e la terra, è leggerezza gioiosa dello spettacolo d’arte e lo studio pesantissimo della filosofia, è il serial televisivo e il documentario di scienza, la cultura fa soggezione e genera il rispetto spontaneamente, non per ricatto e non per imposizione. Perché cultura è sia l’alto che il basso, ovvero sia culto che raccolto. Quindi in mezzo ci sta tutto. Se la cultura appartiene al più elevato essere umano, il sovrano, il potente, l’illuminato, e riguarda anche il più umile individuo come il proletario, il carcerato, il bracciante, il dipendente, il disperato, ciò vuol dire che appartiene a tutta l’umanità che sta in mezzo a quei due estremi. Colto, raccolto, cultura, coltura, coltivare la matematica, coltivare la musica, insomma “cultura” è una parola che vale tanto per i contadini che seminano e raccolgono i frutti tanto quanto i professori che stanno tutta la vita sui libri e quindi sanno un sacco di cose, in mezzo ci sta tutta l’umanità, tutti gli altri. Ecco perché cultura non è di destra o di sinistra, perché è per tutti, riguarda tutti e tutti ne hanno bisogno. Il pane è di sinistra? E l’ombrello? È di destra? Vasco Rossi è di destra o sinistra? E Battisti? E Battiato? E Dante? E Giuseppe Verdi? Né destra né sinistra, è cultura.
Dico che è il nutrimento necessario per tutti e che tutti meritano, conoscono, possiedono, frequentano, usano automaticamente, non ha colore politico ma è rispettato da tutti e appartiene a tutti. Dunque il ministero della Cultura non può essere:
1) Nel totoministri
2) Affidato ad un mediocre
3) Considerato meno importante della difesa o dell’economia
4) Non essere esso stesso un centro culturale
5) Non occuparsi di tutte le discipline artistiche
6) Avere colore politico
7) Mai spegnersi
8) Subire o attenersi alle regole e alle burocrazie frenanti e limitanti
9) Avere meno stanziamenti degli altri
10) Non essere affidato a Sgarbi nel 2022