Tremila anni di storia distrutti in cinque minuti di video, che iniziano con un versetto del Corano contro gli adoratori di idoli. «Queste statue, questi idoli, non valgono niente per noi anche se valessero miliardi di dollari, perché Allah ha ordinato la loro rimozione», dice un rappresentante dello Stato Islamico, davanti alla telecamera, per giustificare la distruzione di opere antiche al museo di Mosul, in Iraq.
Il filmato, rimosso da YouTube, è brutale. Si vedono alcuni miliziani mentre prendono a colpi di mazza delle sculture che risalgono al tempo degli Assiri. Altri infieriscono sulle opere d’arte con picconi e martelli.
Il museo di Mosul era il secondo, per importanza, di tutto l’Iraq. Ecco come era, in un documentario di qualche anno fa:
A Mosul lo Stato Islamico avrebbe “mille-duemila” combattenti. Ma, come ha raccontato ieri il Foglio, “fonti locali danno informazioni diverse, il governatore in esilio dice che sono almeno diecimila – senza contare che possono arrivarne altri ad attacco cominciato – e ci sono testimonianze di preparativi di guerra. Lo Stato islamico ha fatto una gara di appalto per un muro di cinta lungo il perimetro della città, ci sono bulldozer e macchine edili che costruiscono tunnel e bunker antiaerei (nulla di nuovo, vedi in altro contesto la Striscia di Gaza)”.
Nei giorni scorsi il Comando centrale delle forze armate americane ha dichiarato che è in preparazione una offensiva per strappare la città allo Stato Islamico. Dovrebbe cominciare “tra aprile e maggio”.
La scorsa settimana, alcuni miliziani libici con la bandiera dello Stato Islamico avevano dato alle fiamme degli strumenti musicali.