«Non strappare un solo braccio all’avversario quando puoi strappargliene due». Michael Dobbs lo dice candidamente, senza battere ciglio. È il motto di Frank Underwood, si sbriga a puntualizzare lo scrittore e politico britannico, autore della trilogia di House of Cards e “papà” del personaggio di Frank, un odierno Riccardo III disposto a compiere le più crudeli atrocità pur di conquistare il potere politico.
Come Frank, Dobbs appare l’uomo più cordiale e affabile del mondo. Sorridente, rubicondo e very british, si presenta all’incontro di ieri organizzato da Fazi Editore (che pubblica i suoi romanzi in Italia) scusandosi per quei 10 minuti di ritardo che da noi sono un lusso. Il tempo di accomodarsi sulla poltrona e la somiglianza con Frank si fa subito evidente: «In politica non devi essere amato, devi essere rispettato. Di politici teneri e generosi io non ne ho mai conosciuti, quanto invece di ambiziosi e spietati. D’altronde, se così non fosse, non porterebbero a compimento nulla». Meno male. Ci stavamo quasi preoccupando.
In politica non devi essere amato, devi essere rispettato. Di politici teneri e generosi non ne ho mai conosciuti
Dobbs ci racconta che Frank nasce in seguito al suo licenziamento dall’amministrazione Thatcher e all’allontanamento (temporaneo) dal partito conservatore inglese nella seconda metà degli anni ’80. Durante la vacanza forzata che ne è seguita, ancora abbastanza “irritato” per il trattamento subito, una bella mattina Dobbs comincia a prendersela con un romanzo il cui unico difetto stava nell’essere impudentemente brutto.
Stanca delle continue lamentele del marito, la signora Dobbs gli lancia una sfida: perché non prova lui a fare di meglio? È presto detto: penna e calamaio alla mano, impossibile aspettarsi di meno da un membro della Camera dei lord, Dobbs si lancia nella folle impresa. L’ispirazione, però, tarda ad arrivare. Poi una notte, guardando attraverso il fondo di una bottiglia di vino che si era appena scolato di sicuro con invidiabile eleganza, Dobbs si accorge di aver appuntato sul taccuino immacolato soltanto due lettere, velato riferimento a un’espressione gergale molto poco british: una F e una U. Frank Urquhart, poi Underwood, viene concepito così.
L’inizio della serie originale di “House of Cards” (Bbc, 1990):
Per la lunga e prosperosa vita di questo personaggio ormai iconico (tre romanzi, tre miniserie prodotte dalla Bbc e tre stagioni del remake americano) bisogna però ringraziare una persona insospettabile, la zia di Dobbs: nel corso di una telefonata fatta nel cuore della notte, la signora accusò il nipote di averla fatta passare liscia al suo malvagio protagonista e Dobbs si trovò costretto a prometterle che un giorno Frank avrebbe scontato tutte le sue colpe.
A 25 anni di distanza, Frank gode di ottima salute: l’adattamento americano di House of Cards con protagonista Kevin Spacey («l’esperienza professionale più appagante della mia carriera», confessa Dobbs) è una delle opere più discusse e premiate del momento, nonché prodotto di punta dell’offerta seriale della nuova e potente piattaforma Netflix.
L’inizio della versione americana di “House of Cards” (Netflix,2013):
Dobbs si lascia scappare anche qualche news riguardo la terza stagione, le cui riprese sono terminate proprio questa settimana: Frank metterà per la prima volta la testa fuori dalla “Power Bubble” dei palazzi del potere di Washington per sporcarsi le mani con realtà ancor meno limpide, mentre il suo rapporto con la moglie Claire, creazione originale dell’adattamento USA e intuizione da Dobbs definita “geniale”, verrà approfondito e messo alla prova.
Dopo aver dato conferma della famosa lettera indirizzata al premier Renzi in cui spiega che House of Cards non è un “manuale di istruzioni”, Dobbs saluta il pubblico accorso numeroso alla sua prima presentazione romana ringraziando tutti per il calore e l’affetto dimostrato, tali da toccargli il cuore. Noi gli abbiamo creduto. Frank probabilmente gli avrebbe fatto l’occhiolino.