Michela Murgia e Lorenzo Terenzi si sono sposati civilmente qualche giorno fa. A darne la notizia è stata la stessa Murgia sui propri social con un video ripreso durante la firma dei documenti a cui è stato aggiunto l’audio di Nobody’s Wife di Anouk. Come si può percepire dal brano, il rito non è stato preso a cuore leggero. Stando a quanto pubblicato dalla scrittrice, la scelta è stata fatta «in articulo mortis» (in punto di morte) a causa del peggioramento delle sue condizioni («ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e oramai non diamo più niente di scontato») ed è stata presa «controvoglia», come ci ha tenuto a precisare: «Se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo».
Il riferimento è da ritrovarsi nella famiglia queer di Murgia, una famiglia aperta in cui vengono meno i limiti del legame matrimoniale monogamo. Murgia infatti aveva già raccontato del suo sogno quando aveva annunciato la triste notizia dei pochi mesi di vita rimasti, ovvero comprare una casa a Roma con dieci posti letto «dove la mia famiglia queer potrà vivere insieme». Oggi è tornata sull’argomento, contrapponendo quel legame affettivo a quello burocratico dell’unione civile: «Tra qualche giorno nel giardino della casa ancora in trasloco daremo vita alla nostra idea di celebrazione della famiglia queer. Le nostre promesse non saranno quelle che siamo stati costretti a fare l’altro giorno».
Murgia ha così concluso, sottolineando la battaglia per la tutela e la rappresentazione anche di forme familiari non monogam : «Il nostro vissuto personale, come quello di tutti, oggi è più politico che mai e se potessi lasciare un’eredità simbolica, vorrei fosse questa: un altro modello di relazione, uno in più per chi nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno».