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‘NoWay!’, in mostra a Milano un progetto fotografico per sensibilizzare sul destino dei migranti

Cento fotografie di Fabrizio Spucches, un testo di Enrico Dal Buono, una performance e un libro. Il tutto inaugurato domani presso Still Fotografia, per raccontare un Mediterraneo che è diventato un cimitero a mare aperto

Foto: Fabrizio Spucches

Una mostra fotografica, una performance, e una campagna di sensibilizzazione: questo è NoWay!, il progetto fotografico nato dalla collaborazione tra il fotografo Fabrizio Spucches, Mediterranea Saving Humans e Still Fotografia (con il supporto del Comune di Milano e del Comune di Rimini, NFC Edizioni, della scuola Penny Wirton Milano, Printable e Yacht Club Rimini) che sarà inaugurato domani 26 giugno presso Still in via Zamenhof 11 a Milano (la mostra durerà poi fino al 12 luglio).

 

Composto da oltre 100 fotografie affiancate da un testo di Enrico Dal Buono, NoWay! nasce con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblicata sulla crisi migratoria in atto nel Mediterraneo e dar voce proprio a loro, i migranti. Attraverso le immagini di Spucches si snoda il racconto del viaggio difficile e pericoloso che intraprendono i migranti per raggiungere l’Italia via mare, tra storie personali e ricordi di quel “viaggio della speranza”. Tre le sezioni in cui è diviso il progetto fotografico: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Le prime due, ambientate in Tunisia, parlano di attesa e di partenza, mentre la terza, ambientata in Italia, rappresenta il loro arrivo e la speranza, spesso vana, di un futuro migliore.

Foto: Fabrizio Spucches

«Mi ha sempre molto colpito la determinazione di Fabrizio Spucches», commenta il curatore della mostra, Denis Curti. «Il suo bisogno di vedere corre parallelo alla necessità di capire. La sua fotografia ha il potere di certificare le contraddizioni della nostra esistenza. NoWay! è un progetto visivo che vuole cristallizzare una memoria che, diversamente, rischia di non avere tempo di accumulare tempo. NoWay! riesce ad aggirare l’inganno della fotografia e costringe a prendere atto di una tragedia che riguarda tutti. Nessuno escluso. NoWay! è un invito alla consapevolezza. È la possibilità di esprimere, con coraggio, ciò che oggi appare silente e invisibile».

Foto: Fabrizio Spucches

I numeri, d’altronde, parlano chiaro: dall’inizio del 2024, secondo i dati dell’UNHCR e dell’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), la rotta del Mediterraneo centrale ha portato alla morte di 474 persone e ha provocato il ritorno forzato in Libia di 4.492 persone.

 

Nello specifico, NoWay! ha preso vita dopo un naufragio avvenuto il 15 marzo 2024 al largo delle coste libiche. Nonostante le richieste d’aiuto, i naufraghi non sono stati soccorsi e sono rimasti in mare per una settimana, completamente abbandonati. Il mancato soccorso ha causato la morte di oltre 50 persone, tra le quali un neonato.

 

È da tragedie come questa che NoWay! ha realizzato una performance  di sensibilizzazione: una barca priva di equipaggio naviga in mare, alla deriva, circondata da venti gigantografie che galleggiano in acqua. Queste immagini, riprese dall’alto con un drone, raffigurano primi piani di giovani persone migranti che emergono da coperte termiche dorate e che trasmettono, attraverso il loro sguardo, un trauma profondo e irrisolto. È il “cimitero del Mediterraneo”. Le fotografie, una volta recuperate, sono state trasportate a Milano per essere esposte all’interno della galleria Still, dove i visitatori troveranno anche un video della performance, narrato dalla voce di Pap Khouma. Ad accompagnare anche un libro edito da NFC Edizioni con testi di Laura Bosio, Enrico Dal Buono, Denis Curti, Ghali, Sara Giudice, Laura Marmorale, Giulietta Raccanelli e Clio Spucches.

 

 

A seguito della performance è stata aperta una campagna di raccolta fondi a favore di Mediterranea Saving Humans, l’unica nave di soccorso civile italiana che opera nel Mediterraneo centrale. «Sostengo Mediterranea Saving Humans perché la gente muore in mare e io non voglio restare indifferente», ha dichiarato, tra gli altri, Ghali. «Non possiamo lasciarli morire».

Foto: Fabrizio Spucches

«Nel gioco dell’oca, quando sei a un passo dalla vittoria, può capitarti di cadere nella ‘casella della morte’ che ti obbliga a tornare al punto di partenza e a ricominciare tutto da capo», dice Fabrizio Spucches. «Se sei un migrante, dopo avere avuto il coraggio di mollare tutto quello che hai e partire, dopo aver sopportato la prigione e la tortura, dopo essere sopravvissuto all’arsura del deserto e alla violenza del mare, dopo essere stato sfruttato e umiliato per anni nel doloroso viaggio che ti ha condotto in Europa, quando sei a un passo dalla salvezza, quando finalmente respiri la tua bramata libertà e preferiresti morire piuttosto che rinunciarci, può capitarti di incappare in un CPR (Centro per il rimpatrio) ed essere rispedito dritto al tuo Paese di origine. NoWay! avverte che questo non è un gioco».

 

La campagna di sensibilizzazione legata al progetto è stata lanciata su diversi canali utilizzando l’immagine di un ragazzo migrante avvolto in una coperta termica che tiene in mano una bandiera europea lacerata, simbolo dell’incapacità dell’UE di gestire efficacemente la crisi migratoria. 

Foto: Fabrizio Spucches

Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, sottolinea: «L’arte usata come forma di denuncia e sensibilizzazione è fondamentale per costruire insieme un mondo migliore». Tommaso Sacchi aggiunge: «NoWay! non è solo una mostra, ma un grido di dolore e un invito a non distogliere lo sguardo… Le fughe e le violenze subite, le richieste di aiuto ignorate, l’indifferenza e il cinismo devono continuare a suscitare compassione e sdegno». 

 

Per contribuire alla raccolta fondi, visitate il sito di Still Fotografia.

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