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Paul Allen, l’uomo che aveva capito tutto della vita

Si è spento ieri il co-fondatore di Microsoft, l'uomo che fu mentore di Bill Gates e che a detta di molti è stato l'ultimo dei pionieri della Silicon Valley, nella filantropia e nello sport.

Sono diversi i motivi che mi hanno, da sempre, reso più simpatica Microsoft rispetto a Apple. Uno di questi è una vecchissima intervista a Bill Gates e Paul Allen (una versione tradotta dall’originale di Fortune), durante la quale erano stati riuniti di fronte a una pizza a parlare della nascita della loro creatura e del futuro che l’attendeva. Parlo della metà degli anni ’90, già parecchio tempo dopo che Allen, per motivi di salute, aveva lasciato il suo ruolo operativo e se ne godeva i dividendi, investendoli in modo oculato ma senza farsi mai mancare una spiccata opulenza. Erano celebri i suoi party dove gli invitati erano tenuti a firmare un accordo di riservatezza. Io, oggi, se va bene, ne firmo per vedere qualche videogioco in anteprima.

In quel periodo Allen era sereno, lo si capiva dalle risposte intrise d’ottimismo e saggezza, e a fianco di Gates faceva un po’ la figura del fratello maggiore che bacchetta la pecora nera della famiglia. Dopo aver appreso della morte di Allen, per l’ennesimo cancro che ha attanagliato la sua vita, mi viene forse troppo facile pensare, a posteriori, a quanto quella positività nascondesse, invece, il desiderio di godersi la vita da parte di chi aveva ottimi mezzi per farlo e la vita, in fondo, aveva già rischiato di perderla.
Come nelle migliori storie del ragazzo affascinato dai suoi eroi, negli anni successivi a quell’articolo ebbi la fortuna di incontrare, in separata sede, sia Gates sia Allen, per più volte. Potrei ricamarci storie assurde ma la verità è che, mentre parlare con Bill fu folgorante, come trovarsi proiettati in avanti di venti o trent’anni (non era ancora il 2000 e mi parlava della morte della televisione così come la conosciamo oggi e l’arrivo di una tecnologia chiamata “streaming”, che ci avrebbe permesso di scegliere i nostri telefilm preferiti, in qualsiasi orario), quella con Paul sembrò una rimpatriata tra amici pronti a scambiarsi pacche sulle spalle e storie amorose andate molto bene e molto male. Allen era a metà strada tra l’eterno e geniale Peter Pan nerd che è Gates e lo stronzo visionario che era Jobs, e sappiano tutti che in medio stat virtus.

La verità, ma lo capì solo più avanti, maturando, è che Allen aveva davvero capito tutto della vita. E aveva deciso di dedicarsi ad attività che lo mantenessero ricco, che gli facessero fare bella figura e che gli garantissero un tenore invidiabile. Per esempio, ma si tratta di quisquilie, possedere il secondo piano del Palazzo Contarini nella mia Venezia, dove non era raro incrociarlo e dove, in effetti, lo incrociai dopo un appostamento che difficilmente racconterò a qualcuno (ma che figo Octopus, il suo yatch da 126 metri che era solito ormeggiare al largo de Riva degli Schiavoni…).

Nato il 21 Gennaio del 1953 a Seattle, fece amicizia fin dalla tenera età con un ragazzino di due anni più giovane, Bill Gates, con cui nel 1975 fondò, di fatto, la Micro-Soft (fu di Allen l’idea di questo nome) e iniziò a vendere il linguaggio di programmazione BASIC. Dopo appena sette anni, nel bel mezzo della crescita esponenziale della società, a Paul fu diagnosticato il suo primo cancro, un linfoma di Hodgkin, che lo indusse a mollare il lavoro tenendosi però ben stretta la sua quota in Microsoft. Furono questi dividendi a far nascere, col tempo, forti contrasti con Gates e la dirigenza di Microsoft, in particolare Ballmer, che più volte tentarono di convince Allen a vendere la sua quota. Tentativi vani, poiché Allen, dopo la quotazione in borsa del colosso, si ritrovò miliardario. E cosa fa un miliardario quando si rende conto di essere miliardario? Cerca di mantenersi tale senza troppa fatica, e godendosi l’impossibile. Allen riuscì in entrambe le operazioni. Con Vulcan Capital aveva il suo braccio armato che operava investimenti nei più disparati settori, in particolare quello tecnologico, ma senza dimenticare le proprie passioni. Per esempio, con l’acquisto dei Portland Trail Blazers, squadra NBA, nel 1988, per 70 milioni di dollari. Una squadra letteralmente a pezzi che Allen portò sulla cresta dell’onda, tanto che nel 2015 era valutata 940 milioni di dollari.
“Paul Allen è stato l’ultimo dei pionieri negli affari, nella filantropia e nello sport”, racconta nella sua lettera di cordoglio Adam Silver, commissario nell’NBA.
Ancora più incredibile fu l’acquisto, nel 1996, dei Seattle Seahawks, squadra di football NFL, che fu portata dalle soglie del fallimento a una valutazione da 1,33 miliardi di dollari.

Probabilmente, mettendo in un confronto alla cieca i curricula di Gates ed Allen, sarebbe facile scambiare la carriera dei due, credendo che quella del buon Bill sia la più variegata. La verità è che Gates ha preferito seguire le orme del gigante creato con (l’ex?) amico, mentre Allen ha percorso nuove strade segnando nuove impronte che altri cercheranno di seguire ora che non c’è più. In qualche modo è quel che sta facendo Gates, da quando si è allontanato da Microsoft e porta avanti la sua Bill & Melinda Gates Foundation. A pensarci, una specie di catarsi. O la semplice constatazione che Paul aveva davvero capito tutto.

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