ZeroCalcare, nom de plume di Michele Rech, è un eroe. Lo è perché per molti anni ha combattuto la temuta sindrome della “mestizia da lunedì mattina“ che tutti noi ben conosciamo. Fumettista romano, dal 2011 il suo blog a fumetti allieta il lunedì di noi tutti.
Le storie di Zerocalcare, impregnate d’ironia e senso dell’assurdo, ci hanno trasportato in un mondo di armadilli parlanti, tra i feticci di chiunque abbia avuto un’infanzia negli anni ’80: nelle sue strisce appaiono, per esempio, Cavalieri dello Zodiaco prodighi di consigli, Ken il guerriero pronto a dispensare sentenze morali, mamme ansiose rappresentate come Lady Cocca del noto film Disney “Robin Hood”.
Dato il successo del blog, sono arrivati i libri: Ogni maledetto lunedì su due contiene la raccolta delle migliori storie online (oltre al racconto di quando l’autore si recò al G8, riassumibile con la battuta: “A Genova pigliai gli schiaffi dalla forestale. Prima, nella storia, era successo solo all’Orso Yoghi”). O anche Un polpo alla gola, più cupo e introspettivo, che ci racconta la sua infanzia a tinte fosche o “La profezia dell’armadillo”, che invece parla di amore e di sogni infranti, cioè gli ingredienti di ogni adolescenza.
È appena uscito (e, mentre scriviamo, sta scalando la classifica dei libri più venduti, impresa non da poco per una graphic novel) l’ultimo lavoro: Dimentica il mio nome, che invece racconta la storia della sua famiglia, la nascita del suo alter ego, raffigurato appunto come un grosso armadillo, e di come la colpa e le azioni compiute si ripercuotano nel tempo, generazione dopo generazione.
L’abbiamo incontrato per chiacchierare di cartoni animati, di serie tv e di mammuth ben celati alla vista.
Cominciamo con le cose veramente importanti, qual è il tuo Cavaliere dello Zodiaco preferito?
Phoenix o il Cavaliere del Sagittario. Phoenix mi sembra l’unico intelligente, quello meno propenso a sacrifici inutili, con più sale in zucca.
Parliamo del tuo passato e di come lo racconti in “Dimentica il tuo nome”.
È la storia della mia famiglia, di mia nonna e di mia madre. I segreti che si portava dietro mia madre, la mia scoperta che nella storia della mia famiglia c’erano cose che non coincidevano, luoghi, date di nascita, vicende che mi erano state raccontate che in realtà erano false, e la ricerca della verità. Ho voluto rappresentare graficamente i personaggi negativi come volpi. Questo è il plot del fumetto, per non spoilerare troppo la trama.
Cosa c’è di vero?
Il patto che ho fatto con mia madre è che non potessimo mai rivelare pubblicamente quali sono le parti realmente accadute e quelle false. Diciamo che le parti vere sono molte di più di quelle che uno possa pensare.
La tua più grande paura infantile ?
Ero terrorizzato da L’Armata delle tenebre, il film di Sam Raimi. In realtà è un film comico, ma da piccolo il cattivo, Ash, mi terrorizzava da morire.
Tutti i tuoi lavori sono ambientati a Roma. C’è un altra città in cui ambienteresti le tue storie e che disegneresti volentieri?
No. Io non riesco a stare per più di tre giorni lontano da Roma. Oltre le quattro notti non riesco proprio a stare lontano da Rebibbia, il quartiere dove abito.
Alla presentazione di “Dimentica il mio nome” a Milano hai fatto disegni per 12 ore consecutive.
Tredici! Se una persona sta in fila per tre ore per avere il tuo disegno, tu non puoi alzarti a un certo punto e dire: ”Vabbè, ciao, io ora vado a casa e stacco”. Perché poi quello giustamente ti accoltella! (ride) In realtà, per qualunque disegnatore che sta sotto consegna, dieci, undici ore di disegni di fila non sono una cosa particolarmente anomala. Ne ho fatte anche tredici, per finire Dimentica il mio nome in tempo. Quando lavoravo in aeroporto, avevo la sveglia alle quattro e mezzo perché dovevo essere lì alle sei e mi facevo 14 ore, da quando uscivo di casa a quando tornavo. Per quello, nessuno mi diceva: ”Oh, poverino, chiamate Amnesty International!”. Ci pagavo a malapena l’affitto ed era un lavoro molto più pesante. Quindi, in realtà, disegnare per tredici ore non è chissà cosa. A Lucca Comics mi siedo la mattina alle nove, comincio a fare i “disegnetti” fino alla sera alle otto, pisciando una sola volta al centro della giornata.
Che tipo di lavoro svolgevi a Fiumicino?
Cronometravo il tempo che ci mettevano le persone, da quando si mettevano in fila per il check-in a quando finivano la fila.
Per anni ho fatto il traduttore di documentari sulla caccia e pesca. In realtà traducevo inventando.
Meraviglioso.
In realtà era un lavoro “infamissimo”, ma io non lo comprendevo. Pensavo venisse fatto per aiutare le persone a capire, in media, quanto prima dovessero recarsi in aeroporto, invece in realtà era per valutare l’efficienza di quello allo sportello! Era proprio da spia. Ci sono arrivato dopo che uno mi ha accusato di averlo fatto licenziare.
È il lavoro più strano che tu abbia mai fatto?
No. Per anni ho fatto il traduttore di documentari sulla caccia e pesca. Dovevo sentire l’audio di questi documentari amatoriali e tradurli, con questi pescatori bretoni che sussurravano cose come: “Oh che bella carpa!” oppure “Occhio all’orata!”. In realtà traducevo inventando. Tutti quelli che si sono formati con questi documentari, che pensano di aver imparato qualcosa di caccia o di pesca sui canali tematici o sulle vhs che davano in edicola, in realtà dovrebbero sapere che ogni volta che non capivo di quale animale si stesse parlando, traducevo sempre con “cinghiale”.
Dalle strisce che attualmente pubblichi sul blog si evince il tuo stress per la fama che ti è piombata addosso.
Quello che mi mette ansia è il miliardo di email a cui devo rispondere, le consegne, la gente che mi dice che non ho ancora consegnato, questo mi stressa. Non il rapporto con i lettori a cui faccio i disegni e le dediche. Mettermi a sedere e disegnare per le persone, con cui c’è un rapporto uno a uno, perché ci parli cinque minuti e gli fai un disegno, uno alla volta, in quello sono molto sereno. Quello, quasi mi rilassa.
Io guardo proprio tutto. Anche Pretty little liars, Grey’s Anatomy, Scandal.
Che cosa ti rilassa?
Latte, plumcake e serie tv. Il telefilm che mi rende felice è Downton Abbey, mi vergogno a dirlo. Mi rilassa molto mettermi lì e guardarla di notte.
Fai una lista di serie tv che adori e che consiglieresti. E fanne una di quelle che ti fanno schifo.
Lost per me è stato fondamentale. Shield, ma non Marvel Agents of Shield, la serie attuale della Marvel, proprio The Shield, poi The Wire e Oz. Quelle che mi fanno schifo le guardo lo stesso. Io guardo proprio tutto. Guardo anche Pretty little liars, Grey’s Anatomy, Scandal.
Quali sono i fumetti che leggi e che ami?
Io ho sempre letto tutto, fin da piccolo. Tiramolla, Minnie, Topolino, poi ho cominciato a leggere le strisce italiane umoristiche tipo Bonvi, Lupo Alberto, le Sturmtruppen. Poi i manga, come Ranma, Dragonball, Slamdunk, eccetera. Poi la Marvel americana, tutto quanto, da L’uomo Ragno a Ghostrider e Wolverine. Ho letto il fumetto indipendente, come Tank Girl o i lavori di Miguel Ángel Martín. Ho amato il fumetto d’autore italiano e francese, come Gipi e Manu Larcenet. Quindi ho accumulato letture per anni e non mi sono lasciato niente alle spalle. Tra le cose più belle che ho letto negli ultimi tempi, sicuramente ci sono i fumetti di Gipi: sia Unastoria sia La mia Vita disegnata male e Larcenet con Lo scontro quotidiano, un libro meraviglioso. Poi I kill Giants di Kelly e Jm Ken Niimura e un libro stupendo che ho letto l’altra settimana: I solchi del destino di Paco Roca.
Quali sono i tuoi gusti musicali? Che cosa ascolti?
Sono un po’ una scimmia in queste cose. A 15 anni ho scoperto il punk. Quindi oltre agli Oasis e altra musica del genere, ho sempre ascoltato soltanto punk, nelle sue varie derivazioni. Ascolto Hardcore, gruppi storici della corrente del punk ’77, quelli Straight edge. Anche molto punk italiano, magari meno conosciuto, la nicchia della nicchia, ad esempio gli Ultimi o i Nabat.
Qual è la domanda che nelle interviste non ti fanno mai ?
Ormai mi hanno chiesto tutto. Mi sembra di vivere nel Giorno della Marmotta, dove tutto si ripete sempre uguale.
Allora vogliamo parlare di amore?
Quella è la parte della mia vita che non racconto neanche nei fumetti. Quella e le parti penalmente rilevanti, sono le vicende che considero appartenenti alla mia sfera intima e che non voglio dare in pasto ai lettori. Di solito cerco di non essere autobiografico quando scrivo di sentimenti, a parte nel libro La profezia dell’armadillo, in cui c’era una mia storia d’amore mai nata.
I tuoi amici come reagiscono al fatto di apparire nelle tue storie?
Tendenzialmente ai miei amici non frega nulla, manco se le leggono! Penso che Secco (personaggio ricorrente dei suoi fumetti, ndr) non abbia mai letto un mio libro. Non parliamo tanto di questo aspetto della mia vita. L’unico che era contento di esserci era quello che io raffiguro come “il Cinghiale”, perché mi diceva che la cosa lo faceva scopare di più.