Oliviero Toscani: «La mia malattia è incurabile, non si sa quanto tempo mi resta» | Rolling Stone Italia
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Oliviero Toscani: «La mia malattia è incurabile, non si sa quanto tempo mi resta»

A causa della amiloidosi «ho perso 40 chili in un anno. Vivere così non mi interessa. Non ho paura di morire. Potrei chiamare il mio amico Cappato. Non voglio un funerale, mi portino a bruciare e via»

Oliviero Toscani: «La mia malattia è incurabile, non si sa quanto tempo mi resta»

Oliviero Toscani

Foto: Catherine Cabrol/Corbis via Getty Images

In un’intervista pubblicata oggi dal Correre della Sera, Oliviero Toscani racconta la sua malattia. «Ho perso 40 chili in un anno. So che la mia malattia è incurabile». Sta provando cure sperimentali, «ma vivere così non mi interessa».

«Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo Forever Young», dice a Elvira Serra. «Il pensiero di invecchiare proprio non c’era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all’improvviso ne avevo 80».

È successo la scorsa estate. «Alla fine di giugno mi sono svegliato con le gambe gonfie, ero in Val d’Orcia. Ho cominciato a fare fatica a camminare». Diagnosi: amiloidosi. «In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c’è cura».

Toscani, 82 anni, si è sottoposto a «una cura sperimentale, faccio da cavia. A ottobre ho anche preso una polmonite virale e il Covid, mi hanno tirato per i capelli. Penso di essere stato anche morto, per qualche minuto: ricordo una cosa astratta di colori un po’ psichedelici. Quando sto male e ho la febbre riesco a immaginare cose fantastiche… In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali».

«Non ho paura di morire», dice Toscani, «basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero».

«Non si sa», risponde alla domanda su quanto tempo gli resta da vivere secondo i medici. «Certo che vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel’ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo».

«Non voglio un funerale. Mi portino a bruciare e via. Sono sempre stato laico, neppure i miei figli ho battezzato. Vivere vuol dire anche morire, eppure nessuno parla della morte. Si vive come imbrogliandosi, perdendo tempo».

A Zurigo c’è una sua mostra. «Non sono ancora andato. Magari, quando torna, mi ci accompagna Ali (una delle figlie, ndr). E poi magari proseguo il viaggio con Cappato. Farebbe molto ridere».

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