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Perché amiamo farci deridere da Matt Rife?

È bello, giovane, famoso e i video dove prende in giro il suo pubblico fanno milioni di view. Siamo stati al suo primo spettacolo in Italia per capire qual è il fascino della nuova grande popstar della stand up comedy

Foto: press

Il video che ha salvato la carriera di Matt Rife lanciandolo nello stardom della stand up comedy conta oggi 41 milioni di visualizzazioni su Tik Tok, non entrando così nemmeno nella top 3 dei suoi post più visti. La clip è titolata Lazy hero e mostra Rife – t-shirt nera aderente sui bicipiti pompati, jeans chiari e sneakers – durante un suo set intento in uno scambio di battute con una persona del pubblico. La donna si sta lamentando del suo ex, colpevole a suo avviso di non far molto altro dopo il lavoro. Quando Rife scopre che l’ex lavora al pronto soccorso e «salva vite», ribalta la domanda: «E tu di cosa ti occupi?». Quando la donna risponderà di lavorare per la American Airlines si troverà presto in una raffica di battute non molto lusinghiere che faranno esplodere la piccola sala dell’Arizona: «Fottiti! Dove sono i miei bagagli? E che coraggio, che audacia! [simulando una conversazione tra la coppia] “Che cosa hai fatto tutto il giorno, salvato vite?”, “Sì, e tu?”, [imitando il lavoro di una hostess] “Noccioline? Noccioline? Noccioline?”». L’umiliazione è servita.

È quasi impossibile che non vi siate mai imbattuti in qualche spezzone della stand up comedy di Matt Rife, l’algoritmo ne è innamorato quasi quanto i suoi fan. Nonostante abbia appena 29 anni, il comedian americano è sulle scene da parecchio tempo. La gavetta è stata lunga: tra il 2015 e il 2017 ha fatto parte della crew di Wild ‘n Out (celebre un suo sketch non molto riuscito con una giovanissima Zendaya), dal 2021 al 2023 ha realizzato tre special autoprodotti – Only Fans, Matthew Steven Rife e Walking Red Flag – per poi approdare a Netflix con cui finora ne ha pubblicati due, Natural Selection e il recentissimo Lucid: A Crowd Work Special. Il salto da giovane comedian a star globale è però avvenuto piuttosto in fretta e grazie ai social («14 mesi fa stavo pensando di smettere poi un mio video è diventato virale su Tik Tok», ricorderà a Jimmy Fallon sul finire del 2023) dove con grande intelligenza Rife e il suo team hanno trovato una formula che ha cannibalizzato le piattaforme: pubblicare brevi video di quello che Rife sa far meglio, ovvero il “crowd work”, termine con cui nel gergo comico ci si riferisce all’improvvisazione con il pubblico in sala. Il contrasto tra la sua presenza fisica, il bel ragazzo americano della porta accanto, e la sua comicità tagliente e priva di ogni (auto)censura hanno conquistato il pubblico. Soprattutto su Tik Tok, dove Rife oggi conta 19 milioni di follower (contro i soli 9 di Instagram) e 437 milioni di like.

@matt_rife Not all heros are overachievers. #comedy #standup #standupcomedy #funny #crowdwork #improv #breakup #relationship #americanairlines ♬ original sound – Matt Rife

Per la prima volta italiana di Matt Rife c’era quindi grande curiosità. Una curiosità quasi inaspettata (si sa, l’Italia non è proprio zona di passaggio dei grandi stand up comedian americani), come dimostra il cambio di location da un club più piccolo al Teatro Dal Verde di Milano, con tanto di replica pomeridiana. In sala un pubblico misto sia come geografie, dalla Germania alla Norvegia, dalla Repubblica Ceca all’intera penisola italiana (questi solo alcuni dei luoghi citati durante un breve sondaggio di Rife), che come età («Sono abituato ad aver platee molto giovani o molto adulte, mai così varie», annota sorpreso durante lo show), con una leggera dominanza femminile in look succinti da prima serata. «Mi spiace dirvelo, ma Matt non si scoperà nessuna di voi», scherza uno dei comici d’apertura sottolineando la tensione sessuale in sala. E in effetti Rife sembra più una popstar che un comedian: il ProbleMATTic Tour ha venduto 600 mila biglietti in 48 ore mandando in crash il sito di Ticketmaster.

Matt sul palco è differente da tutti gli altri comedian in circolazione. Come dicevamo, è bello, anche troppo, non proprio una caratteristica tipica dell’ambiente. Più che un comedian sembra un jock, un polare quarterback del liceo, o un player (da noi si direbbe croccolone), con quei puppy-dog eyes (gli occhi da cucciolone) e la pulizia sul viso da bravo ragazzo. A sigillare il pacchetto, una squisita gentilezza tipica dell’Ohio. Proprio per questa commistione di bellezza inaspettata, sfrontata stronzaggine e profonda educazione, a Matt sul palco sembra essergli tutto permesso. I presenti vibrano sperando di essere interpellati, tirati in causa, umiliati di fronte a tutto il teatro.

Se nelle sale di stand up comedy il pubblico solitamente prova a nascondersi per non essere coinvolto dal comico di turno, agli show di Rife la situazione si ribalta: le persone cercano in tutti i modi di attirare le sue attenzioni. Dalla platea volano domande, proposte erotiche, risposte a tono ai suoi joke, commenti nonsense. Le risposte di Rife a questi inviti verbali sono rapide e affilate, brutali e inaspettate, e portano a casa le migliori risate della serata. La prima vittima di serata è un ragazzo omosessuale. Il giovane racconta di essere stato lasciato da un uomo più maturo, di 31 anni, e la risposta di Rife è subito servita: «Sarà che eri diventato troppo vecchio per lui». Quando con ulteriori domande si scoprirà che la relazione era nata quando il ragazzo era appena 18 anni, il gioco è fatto. Il ragazzo è estasiato per le battute ricevute, applaude forte e si guarda attorno felice. Rife gli rifila ancora una battuta sull’essere gay prima di ringraziarlo, in pieno stile Ohio, per essersi prestato a questo pezzo di show.

L’umiliazione pubblica è gran parte dell’appeal della comicità di Rife che al crowd work ha dedicato il suo ultimo special su Netflix, Lucid. Il suo pubblico vive questo rapporto con una certa morbosità, una voglia viscerale di assistere mentre qualcuno viene deriso con la speranza di essere un giorno al posto di quella persona. Rife è bravo a gestire quest’area grigia (qua fa molto gioco la sua eccezionale educazione) dove chi entra a far parte del gioco ne ha accettato in precedenza le regole. «Molti non capiscono che noi comici facciamo solo delle battute, quello che diciamo sul palco non è per forza ciò che pensiamo nella vita privata. È una cosa piuttosto semplice da capire. In America non lo capiscono mentre qui in Europa ne avete chiara la differenza. La stand up altro non è che dire qualcosa di stupido per far ridere, un po’ come faresti coi tuoi amici», spiega a metà set Rife.

Nell’ultimo anno Matt è stato «cancellato» per una battuta sulla violenza domestica contenuta in Natural Selection, entrando più volte nel ciclone della cancel culture social per joke e tweet. Come molti suoi colleghi, ma anche a differenza di molti altri, Rife non è sceso a patti con la cosiddetta woke comedy, preferendo continuare a scherzare su ogni argomento che gli capita a tiro. Il suo video più visto su Tik Tok ha 70 milioni di visualizzazioni e ha come titolo Awesome Autism. Lui la chiama “edgy comedy” (a Milano scherzerà su pedofilia, nazismo, autismo, comunità transgender, obesità, sessualità, omosessualità), ma per molti di comedy c’è ben poco. A tal proposito ha dichiarato in estate al New Yorker: «Migliaia di persone pensano che sia stato cancellato».

@matt_rife They really are better than us in every way 🥰🥹 #comedy #standup #standupcomedy #funny #improv #crowdwork #mattrife #art #autism ♬ original sound – Matt Rife

In sala nessuno sembra offendersi o scandalizzarsi proprio perché le regole di questa interazione sono condivise in partenza («l’unica regola è ficcarsi quei cazzo di cellulari nel culo», veniamo avvisati dal suo comico d’apertura a inizio serata). Ci sono, ovviamente, momenti in cui molti si sentono a disagio ma nella edgy comedy la sfida è proprio quella di mettere in imbarazzo il singolo. «Vi rendete conto che avete appena applaudito una battuta sulla pedofilia?» scherza a inizio spettacolo Rife per stabilire il tono della serata, oltre a “rimproverare” il pubblico italiano per i troppi applausi che di fatto condizionano moltissimo il ritmo della serata. Il set di Rife nello specifico non è costruito attorno a qualche routine, ma è più un miscuglio piuttosto frammentato – e sembrerebbe umorale – di battuti, aneddoti, interazioni con la sala. Quando non interagisce con il pubblico, la comicità di Rife è molto personale: si parla dei suoi problemi con l’ansia e l’insonnia (durante l’anno a posticipato una serie di date dopo non essere riuscito a dormire per una settimana intera), della sua vita in tour, del rapporto con suo madre. Ma il motivo per cui il teatro è pieno è il crowd work («molti pensano faccia solo questo, ma in realtà è solo una piccola parte del mio set», spiega in Lucid), siamo tutti qui per poter ridere e essere derisi per le nostre stupide vite. Che si parli di relazioni finite, di ansie o dimensioni del seno.

Rife conclude il suo set dopo poco più di un’ora. Ringrazia il pubblico per essersi presentato nonostante sia domenica e da vero american boyfriend saluta sulle note di una qualche band pop punk americana (in apertura erano passati i Simple Plan e i Sum 41). Nel grande dibattito “cosa si può dire e cosa non si può dire” all’interno della stand up comedy, Matt Rife traccia una sua linea. Si può scherzare su ogni argomento, ci si può prendere sul culo su tutto, ma per farlo è necessario che entrambi i lati accettino le regole del gioco. Partecipare a una data del ProbleMATTic Tour è una sorta di tacito consenso a queste regole (quella di dove infilarsi il cellulare è invece facoltativa, ricorda Rife), il problema giunge quando il contenuto di questi show questo diventa una clip da social e i confini diventano meno chiari per chi ne usufruisce. Uscendo dal teatro però ci si sente più leggeri, come se per una sera ci si fosse presi meno sul serio e più (bonariamente) per il culo, come a una serata tra amici.

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