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Boomer Gang: strofe col veleno

Nella nuova puntata della rubrica/dialogo a due by Robertini & Piccinini per 'Rolling Stone': stivaletti di Prada che piacciono ai dittatori, Simon Reynolds, Shackleton e il nuovo album di Fabri Fibra

Foto di DIMITAR DILKOFF/AFP via Getty Images

Giovanni Robertini: Piccoli dispacci dal fronte dall’aperitivo milanese: ieri si parlava degli stivaletti di Prada da 1500 euro, i Monolith, indossati dal dittatore ceceno Ramzan Kadyrov – un bruto da curva che sembra appena uscito da un barber shop hipster – in un evento pubblico in cui si dichiarava a favore dell’invasione russa in Ucraina. Ci si chiedeva «chissà come l’ha presa Miuccia?». Capito? Ecco, l’amica fashionista diceva che la colpa non era del mammasantissima ceceno, lui alla fine aveva cercato il modello più simile a quello militare che non sfigurasse tra i marmi dell’oligarchia. La colpa era di Prada che aveva fatto un modello di scarpe così brutto da poter piacere a Kadyrov. Ecco, io vorrei un talk show, un Di Martedì o un Carta Bianca, senza mostri che ci dicano con chi stare in una guerra e, se proprio devono dire la loro, ce la dicano sulle scarpe del ceceno.

Alberto Piccinini: Ti dirò: di Prada un po’ mi stupisco. D’accordo il military chic, ma in fatto di anfibi noi ragazzi di fine Novecento eravamo cresciuti nel culto delle doc martens made in England che erano scarpe da operaio e non da militari. La cosa più inquietante qua mi pare il borsellino Prada applicato alla cinghietta, che si vede bene nella foto. Ho provato a immaginare che cosa ci tenesse dentro il gran capo ceceno. Ho pensato a delle monetine. Dei vecchi rubli sovietici da usare durante le torture: testa ti taglio la testa, croce di spiezzo in due anzi in quattro. Fai te.

GR: L’hai visto il video del rapper russo Morgenshtern? Lui è dentro un macchinone giallo, mezzo distrutto – dai bombardamenti? – all’interno di un capannone che sembra quello del video di Childish Gambino, This is America, con una coreografia di manifestanti con i cartelli pacifisti. Alla fine del pezzo si sente una voce uscire dal telefonino del rapper: è un vocale che dice che hanno costruito un bunker in cantina, di non preoccuparsi. La voce è della madre ucraina del producer che appare nel video con una maglia con scritto “Take your pills”. Poi un cartello in cui c’è scritto: il mio produttore è ucraino, io sono russo, facciamo musica insieme, vogliamo la pace. Vorrei sperare che ne uscissimo così, un videoclippone di trap muzak che copre le sirene antiaeree, la serie con Zelensky su Netflix, pop corn e the verde, plaid dell’Ikea sulle gambe dei nostri bilocali col riscaldamento al minimo, non sai l’ultima bolletta che botta. E invece…

AP: «Strofe col veleno, Putin». Sai chi è? Fabri Fibra. Spotify mi avverte che è uscito il disco di Fabri Fibra, il nostro Eminem. «Cresciuto nei Novanta con la tele della mala, con i Cure, i Nirvana e il culo di Miriana». Bentornato boomer rap. Solidarietà. Il mondo di Fabri fa malinconia soltanto a pensarci: è una roba da capoufficio, elezioni, televisione, macchinoni, Neffa e Guè, noia domenicale, vecchie foto zozze di ragazze che ti hanno lasciato, «a 40 anni ancora fumo l’erba», sfiducia totale nel mondo, esistenzialismo longform da Facebook, rapper che dissano e rapper che a forza di dissare sono rimasti soli. Mezzo Fantozzi, mezzo Gerry Scotti. Ma soprattutto Dibba. Dibba da Bianca Berlinguer, la stessa livida luce dei talk show coi Cinquestelle. E un featuring di Madame che non si nega a nessuno.

GR: Que viva Fibra. C’ho su il nuovo dei Cypress Hill, che poi “nuovo”, come fai a dirlo? Fanno la stessa roba da vent’anni, con un certo stile, innegabile, però tutta questa consapevolezza boomer da dove arriva? Dimmelo tu Picci.

AP: Mi sfidi. E allora devo mettere su il disco nuovo di Charli Xcx, Crash. Te lo dico con il titolo del Guardian: «Sovvertire le regole del pop o giocarci?». Noi su questa roba ci siamo già avvitati, fin quasi allo strangolamento. Ti segnalo a questo proposito anche il pezzone di Simon Reynolds su Malcolm McLaren, che per primo teorizzò la valenza situazionista e sovversiva di saper giocare con le regole (presunte) della cultura pop. In sostanza: Charli Xcx, figlia e sorella della vaporwave, della Pcmusic e dell’hyperpop fa un disco in cui vuole dimostrare di saper giocare con le regole del pop. Ironia. Cinismo. Queerness. Ma che succede se il risultato non è diverso, per sua stessa ammissione, da un disco d’epoca di Janet Jackson? E se tra i collaboratori appare anche il produttore di Babe (one more time) di Britney Spear? Io la chiamerei consapevolezza boomer. Il prodotto di anni di corsi al Dams e simili su musica pop, storytelling, marketing e rivoluzione. Ai tempi dei tempi i socialisti ci si erano comprati le case co ‘sta roba, beati loro.

GR: Lunedì sono stato a sentire Shackleton all’Auditorium San Fedele a Milano. Lui è stato il pioniere del clubbing più dark, techno e dubstep minimalissime, poi sarà Berlino, dove è andato a vivere, sarà l’età, è entrato mani e sequencer nel misticismo ambient, droni e bleep come se piovessero. Ecco, raccontato così sembrerebbe il solito rave di vecchi: creativi, designers e artisti contemporanei che si muovono nella bolla di questa musica un po’ colta e un po’ fuffa, però seduti tranquilli, un’ora e mezza e a casa. E invece al San Fedele, questa rassegna di suonini che si chiama Inner Spaces è gestita da un sacerdote e compositore gesuita, Don Antonio Pileggi. che nel suo spazio a due passi dal Duomo ha messo un Acusmonium, sofisticato impianto di 50 altoparlanti che suonano a seconda delle frequenze che riproducono. Don Antonio presenta il concerto usando un vocabolario antico e colto, parla di “universi sonori”, “strati percussive”, “modelli ritmici”, “materiali grezzi precompositivi”. Avantissimo, pronto per un programma di Mtv 2099…

AP: Ti avverto che anche gli ex vj di Mtv invecchiano. C’era un’apposita gallery sul Corriere, l’hai vista? Oddio la nostra amica Victoria pare uguale a sempre ma vabbè. E mi sono venuti in mente quei link clickbait in fondo ai siti dei giornali piazzati tipo avvoltoi hai presente? “Te la ricordi? Clicca per sapere com’è diventata oggi” sotto la foto di una bellona dei nostri tempi. Anche certe pseudo news che arrivano sul telefonino: «Ad Andrea Delogu è successa una cosa terribile», «Ilary Blasi, ecco la rivelazione». E poi non c’è niente. Anzi no, poi compare il povero Fedez, al quale qualcosa è successo davvero e adesso non sappiamo più che dire. E’ tutto uguale, tutto finto, vero, tutto alto tutto basso, signora mia.

GR: Ci svegliamo così, il teatro bombardato, l’annuncio della malattia di Fedez, ancora bombe. Scrolling. Che ti devo dire, resisti! Poi c’è la televisione, la diretta continua, estenuante. Hai visto il nuovo trend? Hai presente tutti quelli collegati ai talk via Skype, tipo meeting aziendale? Ecco, ora che hanno capito dopo due anni di pandemia come sistemare la telecamera e lo sfondo, un bel Billy Ikea, che fanno? Piazzano il loro libro in promozione alle loro spalle tipo Nanni Moretti in Ecce Bombo con le Marlboro «c’hai una sigaretta? C’ho queste!». Friedman, Caprarica, Fusaro che si fanno la televendita da soli. Ridatemi Roberto da Crema, ma pure Mastrota.

AP: Cabaret di guerra. Vintage. Totti fermo al semaforo. Si avvicina un bambino: «Mi dai un euro? Io ceceno». E Totti: «Ma che ce ceni?! Io co’ un euro manco ce faccio colazione».

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