Giovanni Robertini: Ho in testa solo la canzone de Lo Stato Sociale insieme a Vasco Brondi Fottuti per sempre. Un po’ come l’ultima dei Baustelle, Contro il mondo, flexa il disincanto di una generazione che dalla cameretta dell’indie si è trovata sul palco di Sanremo e ora racconta il disagio di questo inevitabile hangover. Mentre Bianconi si aggrappa all’eleganza decadente e chic dei Pulp, Lodo Guenzi cita L’avvelenata di Guccini e, più o meno consapevolmente, l’Arbasino dei soliti stronzi e venerati maestri (“La prima volta che vai a Sanremo sei una bomba che esplode in un convento / dalla seconda sei già un coglione che fa parte dell’arredamento”). Chissà la vecchia che balla della loro famosa hit che fine ha fatto? Magari è sui social a fare figuracce come il povero Scanzi. Lodo è finito a fare il giudice a X Factor ma per fortuna non è Fedez e ha fatto vedere “al pubblico a casa” (che poi è un non pubblico, ma le citazioni alte le lascio a Vasco Brondi che legge Byung-Chul Han e medita, insegna pure yoga, mamma che invidia) di non essere adatto all’impresa, l’hanno lasciato a casa e ed eravamo pronti a dimenticarci di lui: “Fottuti per sempre / famosi per gioco / non è vero che la musica ci salverà”. Già vedo la cover di questa canzone tra qualche anno, con Damiano dei Måneskin che la personalizza citando il pezzo dell’Atlantic che li stronca. Il featuring sarà di Lazza che nel frattempo avrà venduto i suoi macchinoni e le sue Jordan per girare in bici da una stanza all’altra dei suoi 400 metri quadri di parquet. Insomma, mi sembra la canzone giusta per affrontare Sanremo dai nostri bunker, prove di latitanza. Ce la faremo a stare lontano dai tweet su Anna Oxa, dalle pagelle, dalle cene con visione collettiva di Rai 1, dal festival in tutto e per tutto, magari tenendo pure spenta la tv? Te lo chiedo, perché sono già stanco prima che inizi.
Alberto Piccinini: Giusto! E la dovranno cantare non solo Damiano e Lazza. La dobbiamo cantare tutti, perché tutti siamo colpevoli. Fottuti per sempre mi turba, per varie ragioni. La prima: l’esistenza di un pezzo “contro” Sanremo mi ricorda che solo la dittatura dei social ci impone seriamente di occuparci di Ama, Ultimo e Anna Oxa (con ironia, per carità, ma vaffanculo). Usciamo dagli algoritmi, il festival è una tigre di carta – come diceva Mao dell’imperialismo americano. La seconda: è una parola! Stare lontani da Sanremo è difficile, c’è bisogno di yoga e molta filosofia, un po’ come passare il capodanno soli a casa, il ferragosto al lavoro, il natale al McDonald’s. La terza: sono terrorizzato ogni volta che Ama compare al tg con qualche novità, perché temo che alla fine Lo Stato Sociale compaia nel programma di qualche palco laterale, in piazza, in crociera, televendita, insomma che sia tutta una manfrina. Ecco. Ho letto l’intervista di Lodo a Rolling Stone. Bella ma troppo sofisticata, non si capisce un cazzo. Vorrei più penitenza, più astinenza, più radicalità, un gesto almeno: nottetempo vada a scrivere (adesso che non c’è nessuno) “Sanremo Sucks” sulla vetrina all’entrata dell’Ariston in vernice rossa e avrà tutta la mia simpatia. Magari cambi nome, scusa eh Lodo senza offesa, cambia nome, vita, taglia i capelli diventa punk vegano, elettrominimalista, qualcosa, sarebbe importante. Lodo è morto, viva Lodo e abbasso Sanremo.
GR: C’è qualcosa che mi farebbe tornare un po’ l’entusiasmo per Sanremo: i ragazzi di Ultima Generazione. Come forma di meditazione pre Festival – Vasco Brondi perdonami non so quello che dico! – provo a immaginare i giovani attivisti e il loro sbarco in Riviera. Che potrebbero fare? Non che ci siano dei precedenti illustri, Cavallo Pazzo a parte, l’unico gesto politico in quella zona lo fece Tenco, e ancora ne piangiamo. Gettare vernice lavabile su installazioni d’arte come Paola & Chiara o i Cugini di Campagna non è al loro livello, è più una performance da Achille Lauro. Magari potrebbero arrivare in gommone sulla nave da crociera dove si esibirà Fedez, ma l’ha già fatto Greenpeace. Sdraiarsi sul corso dello struscio davanti all’Ariston bloccando il red carpet? Banale e non efficace. Non è semplice. Ci vorrebbe un’idea. Picci dammi una mano.
AP: Intanto ti do il nome della spedizione in Riviera: Ultimo Generazione. Andate ragazzi, agite. Anche in nome di Cavallo Pazzo. Dell’uomo che si voleva buttar giù dalla galleria dell’Ariston. Dei portuali di Genova e La Spezia che salirono sul palco, certo. Io per esempio sono un fan di Chloe che la invitano sempre a baccagliare nei talk di Rete 4 ma è tempo di fare il grande salto: passare su Rai 1. Cominciate a buttare la vernice sulla statua di Mike Bongiorno, che all’Ariston manco vi faranno avvicinare. Poi getto selvaggio, e cercate complicità, magari coi ragazzi del Fantasanremo, con Gianluca Grignani, se alla fine entrate all’Ariston incollatevi alla scalinata, cavalcate il braccio della telecamera, salite sulla balconata. Fateci sognare, una buona volta.
GR: Ok, detto questo, chiediamo a Rolling Stone se ci manda a Sanremo? Dici che gli alberghi sono già tutti pieni? Dai che ci divertiamo, i neon della sala stampa, un frittino di pesce a pranzo, una bella biciclettata fino a Bordighera. Se c’è il sole mi metto in spiaggia a leggere l’ultimo Ammaniti ascoltando il nuovo di Kali Malone e se becco Vasco Brondi facciamo pure il saluto al sole al tramonto.
AP: Preparo i bagagli. Ma se scriviamo qualcosa vorrei che usassimo tutti lo stesso nome collettivo: Lodo, anche Lodoguenzi. Tipo Luther Blissett. Ci stai? Chiudo innalzando un pensiero a David Crosby morto l’altro giorno, che è stato uno degli inventori inconsapevoli di questa rubrica. Quattro anni fa aveva accettato di fare il nonno hippy superboomer su Rolling Stone rispondendo ai lettori su questioni di musica, amore, droghe. Meglio i Beatles o i Rolling Stones? Acidi o marijuana? Cose così. Un grande. Quand’ero piccolo i chitarristi si misuravano con la prova CSN&Y: tutti sapevano fare le canzoni di Graham Nash, solo i bravini quelle di Neil Young e Stills, pochissimi quasi nessuno le meraviglie di David Crosby.