Ci hanno provato a fare dell’affiancamento uno stile di reggenza. L’esperimento andò in scena nel marzo 2012: per la prima volta Charlene, ex signorina Wittstock, varcava la soglia della Salle des Etoile – siamo allo Sporting di Montecarlo – da principessa regnante, titolo ottenuto neanche un anno prima grazie alle nozze con il sovrano Alberto II. Eccoci al Ballo della Rosa, quel rito annuale, ogni dodici mesi un tema diverso, creato dalla mitologica Grace nel 1954. Dalla morte della mamma è appannaggio della figlia maggiore Caroline, che dal 1999 ne ha consegnato la direzione artistica a Karl Lagerfeld, consuetudine rotta solo con la scomparsa del kaiser. Ma i pettegoli del principato ricorderanno quell’edizione soprattutto per il tormento dei dignitari di Palais nelle ore antecedenti. A chi dare la precedenza? Si decise per un ingresso corale delle principesse, l’una accanto all’altra. Preludio di una sperata e conveniente convivenza in quel reame ricco di charme e opulenza ma povero di chilometri quadrati, 2,02, aspetto che ironicamente è sempre valso al principato il confronto con Central Park, di qualche spanna più ampio.
Niente di tutto ciò è accaduto: tra le due eredi di Grace Kelly, una per stirpe e l’altra per accostamento iconografico, il progetto di sorellanza è sfumato. E il tenzone è diventato parte integrante della joie de vivre che si respira nell’enclave Grimaldi, autonoma dal 1489.
Già, i Grimaldi. Anne Edwards, che della dinastia genovese ha scritto la storia, definisce la gens della casata “ambiziosa, focosa, famelica di conquiste, rapida nella vendetta e furiosa in battaglia”. Frammenti di genoma non tutti consegnati ai tempi medievali. Ogni cinquant’anni la famiglia viene scossa da qualche sobbalzo dinastico. Nel 1951, agli albori della monarchia di Ranieri, la Sbm, Société des Bains de Mer, ente che controlla alcune delle attività più redditizie del principato, affrontò una bancarotta improvvisa. Antoinette, sorella maggiore del sovrano, ne approfittò per tentare di spodestarlo dal trono. «Mia madre contava di avere la meglio perché lei aveva generato eredi, mentre lo zio non si era ancora neanche sposato», racconterà poi il figlio della principessa, Christian de Massey. Ranieri stroncò sul nascere il golpe. Ma gli servì per fare i conti con la sua fama da burbero scapolone. Capì che una moglie gli serviva, non solo per dare un tocco femminile a quel palazzo polveroso e, in certi padiglioni, persino fatiscente per mancanza di fondi. Fu fortunato: gli capitò una bellissima regina del Gotha hollywoodiano della quale si innamorò perdutamente. Grace porterà attenzione mondiale sul principato, investimenti stratosferici e pure tre figli. Ma il tema della successione tornerà a essere centrale, appunto, giusto mezzo secolo più tardi.
L’amato Ranieri si spense nel 2005 senza lasciare nulla al caso, preoccupato com’era per le sorti dello staterello a picco sul mare. Certo il suo erede era Alberto, che però ancora non aveva provveduto agli adempimenti di rito per un sovrano: matrimonio e figli. O meglio, i figli erano arrivati: Jazmine Grace, nel 1992, e Alexandre, nel 2003. La prima, frutto di un paio di settimane di passione con una cameriera californiana, Tamara Rotolo. Il secondo, da una relazione ben più duratura con una hostess del Togo, Nicole Coste. Inutile dire che Ranieri non vedeva né l’una né l’altra come papabili principesse di Monaco. Nell’incertezza della vita amorosa del figlio, decise nel 2002 di mettere mano alla Costituzione, escludendo esplicitamente dalla linea di successione i figli nati fuori dal matrimonio. In mancanza di eredi maschi legittimi del sovrano, dunque, si passa ai fratelli, in ordine di anzianità. O meglio alle sorelle, nel caso di Alberto. Quindi la predestinata, in mancanza di alternative, sarebbe divenuta Caroline. E, a cascata, i suoi ragazzi Casiraghi.
Un bel regalo per la primogenita di Ranieri e Grace che, a onor del vero, non sempre si è distinta come l’orgoglio di casa. La sua gioventù è stata burrascosa come la sua tempra, indomita. Per spirito di ribellione Caroline, nei tumultuosi anni 70, finì per invaghirsi dell’uomo con la peggior reputazione su piazza: Philippe Junot. Bello e ricco, certo, ma noto per far razzia nei cuori e nei baldacchini delle donne più in vista d’Europa. I genitori di lei, a denti stretti, acconsentirono al sì regalando alla coppia una splendida casa nella parigina Avenue Bosquet. Peccato che lui avesse altri programmi rispetto alla fedeltà coniugale. Si erano sposati nel 78. Due anni dopo ognuno era già per la sua strada. È stato l’incontro con Stefano Casiraghi, costruttore e appassionato di motoscafi supersonici, a cambiare la vita della principessa: bello pure lui, ma anche romantico e accudente. Insieme fanno tre figli: Andrea, Beatrice e Pierre. È un matrimonio con qualche basso ma tantissimi alti. Caroline non diventa solo la summa vivente del concetto di eleganza. Ma in assenza di sua madre, mancata nel 1982, e nel pieno delle scorribande di Stéphanie, si scopre vestale dell’ordine familiare e primadonna del principato. Talmente padrona della scena da spegnere, sul nascere, il sentimento in divenire tra suo padre, inconsolabile vedovo, e la spumeggiante principessa imparentata Agnelli, Ira Fürstenberg. La stampa li vede vicini, favoleggia di matrimonio. Nell’89 Ira, donna abituata a cullarsi nel gossip ma snervata dal clamore, dirà: «Ma quali nozze, siamo solo amici. Non tema Caroline: resta lei l’unica regina di Monaco». Regina forse no, ma altezza reale sì. Rango che, dopo la violenta, improvvisa e dolorosa morte di Casiraghi, otterrà sposando Ernst di Hannover, erede di una casata millenaria tedesca. Matrimonio che le conferisce il titolo una spanna più alto rispetto a quello del fratello, “solo” altezza serenissima. Alberto che, appunto, tarda a sposarsi, non incontrando la giusta erede di sua madre. Poi, la svolta. Nell’estate 2011 i monegaschi salutano la loro nuova principessa: a Palais arriva Charlene.
Bionda valchiria dai tratti teutonici ma di nascita rhodesiana e passaporto sudafricano, Miss Wittstock è una abituata non solo a restare a galla, ma pure a battersi e, a volte, a vincere. Nuotatrice olimpionica, ha gareggiato a Sydney nel 2000 dopo aver portato a casa un oro nei 100 metri stile libero ai Giochi Panafricani. Peccato che disciplina e abnegazione siano utili in vasca, ma insufficienti a corte. «I primi tempi in questo nuovo ambiente sono stati una vera sfida. Sentivo la mancanza di famiglia e amici, tanto quanto dello stile di vita più semplice in cui sono cresciuta», confiderà anni dopo a Paris Match. «C’è chi mi è stato ostile, non accettando la scelta del sovrano di sposarmi. È stato un calvario». Perché se è vero che la sua fisionomia rievoca quella della mai dimenticata Grace, è chiaro che una vita da sosia sempre sotto osservazione e giudizio diventa snervante. Anche se oltre alla chioma bionda qualche altro tratto in comune, con la suocera-totem, c’è: entrambe sono arrivate a Montecarlo digiune di francese. Aggraziate, ma non educate al protocollo. Grace però portò in dote un Oscar. E sapeva muoversi nel mondo. Un mondo che l’ha venerata. Charlene irrompe sulla scena da anonima. Ci penserà Giorgio Armani, Dio gliene renda merito, a battezzarla, creando per lei l’abito da sposa con cui entra nel firmamento dell’ haute couture. Una sposa ancora in stato emotivamente confusionale dopo lo scoop dato alle stampe dall’Express a poche settimane dal sì. Charlene in fuga, tra le lacrime, alla guida di una Smart, pronta a salire sul primo volo da Nizza destinazione “lontano da qui” e fermata, solo per il rotto della cuffia, dallo staff Grimaldi. Il settimanale francese dà conto di una lacerante notizia per la principessa in fieri : la scoperta di un terzo figlio segreto di Alberto, notizia mai confermata, che l’avrebbe gettata nello sconforto prenuziale.
Il tenore del prologo non è sovvertito dall’incipit del romanzo. Le difficoltà di inserimento di Charlene si notano soprattutto in alcune assenze nella serrata scaletta di gala, eventi e ricorrenze monegasche. Si prenda il Concorso internazionale di bouquet, anno 2013: accanto ad Alberto non c’è la sua sposina, ma la sorella. E le prime righe delle cronache di tutti i settimanali attaccheranno – da quel momento e ancora oggi, a fasi alterne – con quella domanda retorica e opprimente: “Che fine ha fatto Charlene?”. Caroline, invece, non manca mai. I suoi sorrisi alteri e le sue mise Chanel sono “la copertina salva vita” di ogni magazine: se non hai altro piazzi lei e vendi comunque. Ma non se ne decantano solo le gioie: nel 2010 le foto che immortalano il suo Hannover immerso nelle acque thailandesi tra le braccia di una signorina di parecchi lustri più giovane fanno il giro del mondo. La separazione, di cui già si parlava da tempo, diventa di dominio pubblico. Il divorzio non è contemplato: Caroline vuol restare altezza reale. Le corna passano. Il controllo della scena monegasca resta.
Se l’una piange, ma mai in pubblico, l’altra non ride, e si vede. Charlene è sotto pressione: la gravidanza tanto agognata non arriva. E la stampa non perde occasione per metterne in luce gli inciampi: nel 2013 appaiono su Build certe sue foto accanto a quel pezzo di rugbista di Byron Kelleher, amico di Alberto, ma pericolosamente vicino alla principessa durante un evento sportivo. A febbraio dell’anno dopo, nuovo scandalo. Altri scatti, stavolta a Saint Barth: la principessa è con un gruppo di soli uomini, Alberto chissà dove. Niente di compromettente, tra i signori c’è pure un reverendo anglicano intimo di famiglia, ma qualche vuoto di tequila sul tavolo a tutto fa pensare tranne che a un simposio sull’esegesi biblica. Il carico da novanta, stavolta, ce lo mette Vanity Fair, edizione spagnola. Che in un reportage-bomba porta alla luce una spaccatura nel principato. Due entourage: uno, certo più influente, fedele a Caroline, l’altro alla coppia sul trono. Si parla di una Charlene che ha passato anni sotto costante controllo misto a derisione quando, agli inizi, tutti aspettavano che si sedesse a tavola per gustarsi un errore via l’altro nella sua scelta delle posate. E viene anche messa nero su bianco la speranza covata dalla sorella del monarca: niente lieti eventi per i sovrani, di modo che il suo primogenito, Andrea, possa essere l’erede. Della corona, certo, ma anche del patrimonio del sovrano in carica, stimato da Forbes in oltre un miliardo di euro.
Ma se di piano davvero si trattò viene sventato con l’arrivo, il 6 dicembre 2014, dei gemellini Jacques e Gabriella. Biondissimi, lei è cresciuta più esuberante, lui timidino. Quando Charlene li mostra la prima volta, avvolti in un candido cachemire dalla balconata di Palais , recupera tutto il terreno perso sulla scena e le ovazioni che, per timidezza e impreparazione, fino ad allora aveva scansato. I principi si regalano un una rilassata luna di miele con la stampa che, in fondo, vuole solo questo da Montecarlo: sorrisi e opulenza. Dunque ecco le foto in piscina, in montagna, sotto il grande olio su tela che raffigura Grace. La dinastia è salva.
E gli equilibri pure: il cerimoniale ci ha preso la mano. A Caroline spetta il Ballo della Rosa. A Charlene quello della Croce Rossa. Certo, qualche indicatore che i rapporti tra le cognate non siano idilliaci resta: la monarca ha disertato il matrimonio di Andrea Casiraghi con l’ereditiera Tatiana Santo Domingo e ha concesso brevi comparsate a quelli di Pierre con Beatrice Borromeo e di Charlotte con Dimitri Rassam. Caroline dal canto suo non si è mai arresa alla seconda fila sulla balconata, trovando sempre qualche escamotage per diventarne la protagonista, per esempio prendendo tra le braccia il nipotino Sacha durante i festeggiamenti per i dieci anni di Alberto sul trono, rapendo l’attenzione dei flash. Sì, è vero, i giornali le metteranno sempre l’una contro l’altra scegliendo, in quei pochi consessi dove compaiono insieme, gli scatti che le ritraggono fianco a fianco, ma fisse su opposti orizzonti.
In quei due-virgola-zero-due chilometri quadrati c’è davvero un mondo sconfinato, incantato. E pure un filo avvelenato.